Brexit e corsa all’oro: ecco i probabili scenari

Antonio Atte

17/06/2016

La Brexit fa salire la febbre dell’oro: ormai è corsa ai beni rifugio. Ecco cosa potrebbe succedere dopo il voto del 23 giugno.

Brexit e corsa all’oro: ecco i probabili scenari

Il referendum della Brexit del prossimo 23 giugno, con l’eventualità che Londra possa dire addio all’Unione europea, rientra senza dubbio tra i principali fattori di incertezza che stanno determinando la corsa all’oro degli ultimi tempi.

Ieri il metallo ha sforato la barriera dei 1.300 dollari l’oncia, arrivando a toccare i massimi da due anni. La vetta raggiunta sul mercato Spot di Londra è stata 1.315,55 $, poi si è assistito a un calo delle quotazioni, ritornate sotto i 1.290 dollari. Ma fino al voto di giovedì prossimo il rally dell’oro dovrebbe proseguire, assicurano gli esperti.

E chi pensa che il clima di instabilità sui mercati sia destinato ad esaurirsi subito dopo il voto sulla Brexit si sbaglia di grosso. Il divorzio del Regno Unito dalla Ue si consumerà nell’arco di minimo due anni: questo ovviamente contribuirà a destabilizzare ancora i mercati internazionali e a far salire ulteriormente i prezzi.

Brexit: lo scenario in caso di voto contrario

In uno scenario sempre più improntato alla corsa verso i beni rifugio e alla fuga dal rischio (il petrolio ieri ha raggiunto i minimi da tre mesi, registrando un ribasso del 3%), la febbre dell’oro potrebbe trovare nuova verve anche in caso di voto contrario alla Brexit.

Con l’uscita del Regno Unito dalla Gran Bretagna, stando al parere di Hsbc, l’oro raggiungerebbe i 1.400 dollari. Se a prevalere sarà il No, il prezzo calerebbe a 1.200 dollari l’oncia. Ma a questo punto sarebbero nuovi fattori esterni a sostenere la crescita del metallo, mitigandone il deprezzamento. Il driver principale, infatti, sono gli Stati Uniti.

Brexit ma non solo: gli effetti della Fed sul rally dell’oro

La decisione attendista della Federal Reserve sul rialzo dei tassi di interesse nel 2017 e 2018 - collegata alle preoccupazioni espresse dalla presidente Janet Yellen per quanto riguarda l’andamento dell’economia globale e le conseguenze di un’eventuale Brexit - ha dato una mano al rally del lingotto, così come la politica dei tassi sotto zero praticata dalle banche centrali.

E’ bene ricordare, comunque, che anche le elezioni presidenziali USA che si terranno il prossimo novembre rappresentano un fattore di instabilità da non trascurare.

Brexit: la corsa ai beni rifugio

La parola d’ordine di questi tempi convulsi è qualità, dunque corsa ai beni rifugio. Ecco spiegata (oltre la già citata febbre dell’oro) la rincorsa ai titoli britannici - il cui rendimento decennale è sceso ai minimi storici prima di rimbalzare dopo la notizia dell’omicidio della deputata laburista anti-Brexit Cox -, ai titoli statunitensi e alle attività svizzere.

Ma a balzare agli occhi è soprattutto il movimento del Bund, che proprio qualche giorno fa è andato per la prima volta in terreno negativo anche sulla scadenza dei dieci anni, con un allargamento dei rendimenti dei Btp italiani da quelli del titolo di Stato tedesco.

Lo spread è tornato al livello dell’estate dello scorso anno, quando a tenere banco era la crisi ellenica e il voto sul memorandum della troika. Ieri era la Grexit a spaventare, oggi la Brexit.

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