“Da grande voglio essere il manager della felicità” è una frase che non si sente spesso, questo perché il chief happiness officer è un lavoro ancora piuttosto sconosciuto. Ecco cosa devi sapere.
Chief happiness officer o, in italiano, manager della felicità. In Italia è una professione ancora poco conosciuta, anche perché in tutto il mondo esistono solo 1.500 figure specializzate in “felicità”. Gli ambienti di lavoro, soprattutto dopo la pandemia, hanno sicuramente bisogno di una maggiore attenzione alla felicità. Per questo si inizia a parlare di figure come quella del chief happiness officer, in particolare in grandi aziende.
I compiti di un manager della felicità non vanno solo a vantaggio dei dipendenti, cioè coloro che in una condizione di stress o discriminazione possono richiedere un sopporto alla figura apposita, ma anche a favore dell’azienda. Dopotutto non è il successo a generare la felicità, ma la felicità a generare il successo.
Le strategie del Chief happiness officer hanno l’obiettivo di valutare il benessere dei dipendenti e il loro rendimento, in modo tale da tenere il licenziamento quanto più lontano possibile dalle prospettive della società. In pratica: sanano gli ambienti di lavoro, costruendo team building e corsi di aggiornamento. Un ruolo sempre più importante e ricercato, a dirlo sono le ricerche della psicologia del lavoro, branchia che studia fenomeni di discriminazione e risoluzione di crisi in ambienti lavorativi.
Ma come si diventa Chief happiness officer, quali sono le competenze richieste e le mansioni che svolge? Scopriamo in questo articolo.
Chief Happiness Officer: chi è e quali sono le skill richieste?
Quanto è raro trovare un ambiente di lavoro salutare, senza competizione negativa e non stressante? Nelle grandi aziende, dove lavorano molti e diversi dipendenti, gli spazi di lavoro e il team devono essere ben armonizzati. Crisi interne, discriminazioni sessiste o religiose, licenziamenti, mobbing e altri fenomeni possono rovinare il rapporto tra i dipendenti, causare stress, ma soprattutto abbassare le performance.
Qui entra in gioco il ruolo del chief happiness officer. Chi è? Il chief happiness officer è un manager impiegato nelle risorse umane e si occupa di monitorare il benessere dei dipendenti, di incrementarlo, di rendere il posto di lavoro accogliente e, di conseguenza, di migliorare l’esperienza di lavoro e il rendimento individuale e collettivo.
Le aziende che hanno un chief happiness officer, almeno negli Stati Uniti dove questa professione sta prendendo piede, sono McDonald’s, Google, Pixar e diverse altre.
Per lavorare come chief happiness officer bisogna avere delle qualità, delle cosiddette skill. Tra queste le competenze specifiche in psicologia, ma anche capacità interpersonali.
Le competenze specifiche del chief happiness officer
Le competenze del settore benessere di un manager della felicità sono quelle inerenti alla psicologia, psicologia sociale e del lavoro. Per poter lavorare con questo ruolo si devono possedere anche capacità informatiche e avere esperienza con le culture internazionali.
Tra le competenze interpersonali, cioè quelle che permettono di comprendere i momenti di crisi e si risolverli, ci sono sicuramente:
- capacità di ascolto
- capacità di osservazione
- capacità di organizzazione
Va ricordato infatti che l’ambito di lavoro di un chief happiness officer è quello dei sentimenti, della felicità appunto. Per il benessere di tutti, gli episodi che si devono sapere gestire sono quelli inerenti ad abilismo (discrimazione delle persone disabili), discriminazione religiosa, razzismo, sessismo, omofobia.
Per questo le strategie più usate - sapendo che il licenziamento è l’ultimo dei passi in caso di crisi - vanno dalle più generiche a quelle più dirette e individuali.
Si può ragionare sull’arredamento, su colloqui personali, esercizi di gruppo, fogli informativi e corsi di formazione. Tutto con lo scopo di aumentare il benessere. Dopo alcuni mesi si possono raccogliere e analizzare gli aspetti benefici o meno.
Come si diventa chief happiness officer e quanto si guadagna?
Il percorso di studi per diventare manager della felicità non è da ricercare direttamente sotto questo nome. In genere chi fa questo lavoro è laureato in Psicologia, Sociologia o in Management e gestione aziendale. Tutte queste materie sono necessarie, quindi ottenuta una laurea, bisogna incrementare con corsi, un’altra laurea o certificati le ulteriori capacità richieste. Maggiori sono le competenze specifiche del settore lavoro, maggiori saranno i risultati.
Un duro percorso che si conclude con una certificazione rilasciata dall’Italian Institute for Positive Organizations. Gli anni di preparazione portano a una ampia varietà di stipendi, ci sono infatti esperienze da 55 mila dollari annui (circa 46 mila euro) e da 291 mila dollari (circa 240 euro) all’anno. Dipende molto dall’azienda, dalla sua grandezza e dall’impegno specifico richiesto.
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