Con la sentenza numero 24823 del 9 dicembre 2015, la Corte di Cassazione ha stabilito importanti principi in materia di contradditorio obbligatorio tra Fisco e contribuente. Ecco tutte le novità.
Il contraddittorio tra Fisco e contribuente è obbligatorio solo in due casi: per i tributi armonizzati e/o per espressa previsione normativa.
A stabilirlo ci ha pensato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 24823 del 9 dicembre 2015.
La sentenza della Consulta era molto attesa, con particolare riferimento alla diatriba circa le diverse modalità di configurazione dell’obbligo di contraddittorio.
Ecco le ultime novità giurisprudenziali in tema di contraddittorio
Contraddittorio obbligatorio: i principi stabiliti dalla sentenza della Consulta n. 24823/2015
Con la sentenza numero 24823 del 9 dicembre 2015 la Corte di Cassazione ha sancito alcuni principi fondamentali in materia di contraddittorio tra Fisco e contribuente.
Si tratta, in particolare, dei seguenti principi:
- non esiste nell’ordinamento giuridico italiano alcun obbligo generalizzato di contraddittorio prima dell’emissione dell’atto, salvo che:
- non si tratti di un tributo armonizzato, in quanto il principio di contraddittorio è di chiara derivazione comunitaria;
- non sia espressamente previsto dalla legge come nel caso dell’articolo 12 comma 7 dello Statuto dei diritti del Contribuente.
Tuttavia, anche nelle due ipotesi indicate, affinché possa operare la nullità del provvedimento, occorre che il contribuente dimostri di essere in condizione di produrre elementi a supporto della propria tesi.
Contraddittorio Fisco-Contribuente: l’articolo 12 dello Statuto dei diritti del contribuente
In materia di contraddittorio Fisco-Contribuente, il riferimento normativo fondamentale nella legislazione fiscale italiana è l’articolo 12 comma 7 dello Statuto dei diritti del contribuente, il quale afferma che:
“Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente puo’ comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non puo’ essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.
A questo proposito, alla luce della sentenza numero 24823/2015, la garanzia per la quale l’avviso accertamento non può essere emesso prima che siano decorsi 60 giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione (Pvc), si riferisce esclusivamente alle ipotesi di provvedimenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche presso il luogo in cui il contribuente svolge normalmente la propria attività.
Questo tipo di conclusione deriva dal fatto che l’accesso presso la sede del contribuente è finalizzata ad individuare eventuali elementi a sfavore del contribuente medesimo. Di conseguenza, il contraddittorio rappresenta la garanzia che questi abbia la possibilità di chiarire tutti gli elementi acquisiti durante le attività di accesso, ispezione e verifica.
Contraddittorio Fisco-Contribuente: smentito il precedente orientamento delle Sezioni Unite
La sentenza numero 24823/2015 della Consulta determina una variazione di orientamento rispetto alla precedente decisione numero 19667/2014.
In quest’ultima sede, la Consulta aveva riconosciuto il generale “diritto al contraddittorio preventivo quale espressione di un principio immanente nell’ordinamento sia italiano che comunitario”.
Con la nuova decisione, invece, è stato chiarito che in quell’occasione era stato affrontato esclusivamente il caso delle iscrizioni ipotecarie (vedi articolo 77 dpr 602/1973) e quindi i relativi principi erano riferiti sempre alla fase successiva all’emissione dell’avviso di accertamento.
Contraddittorio Fisco-Contribuente: la pronuncia della Corte Costituzionale
Anche la Corte Costituzionale è recentemente intervenuta in materia di contraddittorio Fisco-Contribuente.
Con la sentenza numero 132/2015, infatti, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità degli atti emessi nell’ambito della contestazione delle operazioni elusive (vedi l’abrogato articolo 37 bis del dpr 600/1973), stabilendo la nullità dell’atto emesso in violazione del termine dilatorio imposto dalla legge (i 60 gioni) e ciò con generale riferimento a tutti gli accertamenti relativi all’abuso del diritto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA