L’ad di FCA Sergio Marchionne torna sul tema della potenziale fusione con General Motors. Dal gruppo di Detroit non arrivano però segnali di apertura. Ecco perché.
Torna il focus sulla possibile fusione tra Fiat Chrysler e General Motors, anche se l’intenzione di consolidare una partnership tra le case di produzione automobilistiche non risulterebbe ancora pienamente condivisa da entrambe le parti.
A ritornare sulla proposta è l’amministratore delegato di FCA Sergio Marchionne, che in un’intervista rilasciata alla stampa internazionale a Detroit nella giornata di ieri ha ribadito, come spesso fatto negli ultimi mesi, la volontà di unire i due colossi automobilistici.
Intenzione che al momento sembrerebbe unilaterale visto che il CEO di General Motors Mary Barra ha già rifiutato una possibile partnership lo scorso giugno.
Già allora il presidente della FCA John Elkan si vedeva quasi ottimista dichiarando che non fosse necessario fare pressing sulla tempistica di un potenziale accordo con GM, concentrandosi invece sulla strategia della pazienza.
Elkan dichiarava infatti:
«Nel 2012 abbiamo parlato. Nel 2015 abbiamo parlato. Potremmo parlare nel 2017 o nel 2018.»
Ma Marchionne accelera e torna di nuovo sul tema. Ecco quali sono le motivazioni.
Fusione FCA-Gm: quali sono le motivazioni di FCA?
L’intenzione di siglare un accordo di fusione tra le parti finora è stata solo unilaterale e non accolta dal colosso di Detroit, la General Motors. Di certo esistono delle motivazioni dietro la trattativa mancata (almeno per il momento). Ma perché Marchionne ritorna sulle trattative? E soprattutto perché GM non è interessata a una potenziale fusione?
Marchionne ha dichiarato nell’intervista rilasciata nella giornata di ieri di aver
«studiato l’ipotesi di un’eventuale fusione prodotto per prodotto, impianto per impianto, area per area», precisando con fermezza che «è impossibile lasciare inesplorata un’operazione del genere».
Non solo: la ricerca di un partner con cui convolare a nozze il prima possibile sarebbe quanto di più necessario in un momento come quello attuale di consolidamento del mercato automobilistico. Tra le righe dell’intervista si legge a chiare lettere che l’urgenza di una fusione è strategica per la sopravvivenza di FCA a testa alta sul mercato.
Fusione FCA-GM: perchè Gm non è d’accordo?
Secondo l’ad di FCA i vantaggi che conseguirebbero all’operazione non sarebbero miglioramenti marginali, quanto piuttosto una crescita esponenziale dei profitti della nuova entità creata rispetto alla somma degli attuali guadagni di FCA e GM. Le due società combinate varrebbero un EBITDA di 28-30 miliardi di dollari.
Argomenti, questi, che tuttavia non convincerebbero il gruppo automobilistico di Detroit, che dopo i tentativi di avvicinamento da parte di FCA sia direttamente al ceo Mary Barra che agli stake holders del gruppo, azionisti e hedge fund, resta lontano da un’ipotesi di deal tra le parti.
A distogliere senza dubbio lo sguardo di GM da un’ipotesi di fusione con FCA sarebbero proprio i suoi bond: le agenzie di rating li hanno declassati già da tempo a “junk”, cioè, “spazzatura”. Cosa significa? Le banche concedono finanziamenti a FCA a un costo più alto rispetto agli interessi chiesti agli altri competitors.
Come si riflette questo sul rifiuto da parte di GM?
La voce «interessi sul debito» compromette i risultati economici di FCA, per cui GM non avrebbe valide motivazioni per poter credere alla crescita esponenziale di profitti dietro la quale si barrica la strategia annunciata di Marchionne.
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