Il Governo Conte sta lavorando con il «favore delle tenebre»?

Vincenzo Caccioppoli

30/04/2020

L’impressione è che negli ultimi giorni il Governo Conte, se non col favore delle tenebre, starebbe comunque procedendo in chiaroscuro.

Il Governo Conte sta lavorando con il «favore delle tenebre»?

Il governo non lavora col favore delle tenebre, ma alla luce del sole”: con queste dure parole il premier Conte aveva, durante uno dei suoi discorsi alla nazione, attaccato Salvini e Meloni. Ma la lunga trafila di DPCM e le sue conferenze stampa senza contraddittorio, sempre nelle ore serali, sembrano raccontare un’altra storia.

Ed è il Governo Conte che, ad oggi, sembrerebbe stare sprofondando nelle tenebre. La stessa scelta di fare visita, dopo due mesi, a Brescia e Bergamo, due delle città più colpite da questa pandemia e proprio di notte - senza voler entrare nel merito della agenda del Presidente sicuramente ancora più fitta del solito in queste convulse giornate di epidemia - dà un’impressione non proprio tranquillizzante agli occhi dei cittadini che da quasi due mesi sono diligentemente chiusi in casa, come imposto dal comitato tecnico scientifico.

La posizione del premier è di certo poco invidiabile in un momento così difficile ma l’impressione che se ne ricava, anche alla luce dell’ultima conferenza stampa di domenica, è che il Governo forse non decide col favore delle tenebre, ma nelle tenebre sembra comunque esserci sprofondato.

Troppe task force, troppi decreti scritti di fretta e sulla spinta forse di troppe voci, che messe insieme fanno solo rumore ma non portano chiarezza e decisionismo. In nome della tutela della salute dei cittadini, che è sacrosanta, si sta perdendo però quello che è il compito fondamentale di un governo e del suo Presidente, la sua stessa ragion d’essere: assumersi l’onere e la responsabilità di prendere decisioni, che siano chiare, definitive e possibilmente sagge. Nulla di tutto ciò sta accadendo.

La confusione regna sovrana e il così tanto decantato modello Italia, che nei primi giorni della crisi veniva portato ad esempio, adesso rischia seriamente di diventare il modello da non seguire, a vedere quello che sta accadendo negli altri principali Paesi europei, dove la Fase 2 è già iniziata o comunque pianificata in modo sicuramente più chiaro.

Qui in Italia, dopo due mesi, ancora si fanno distinzioni sulle riaperture, che in una situazione del genere possono portare davvero alla desertificazione economica di moltissime attività del nostro Paese. E allora le tante discussioni sugli aiuti dall’Europa, anche quando si arrivasse a una loro definizione e al raggiungimento dei tanti attesi soldi, diventeranno purtroppo solo discussioni accademiche.

Ma la colpa non è certo dei tecnici che per loro natura devono, appunto, consigliare e non decidere. Il Governo, dopo aver ascoltato tutti i pareri, è quello che deve poi assumersi la responsabilità di prendere le decisioni. La sensazione invece è quella di un Governo indeciso su quasi tutto e che non ha ancora in mente su quali basi dovrà ripartire un Paese ormai allo stremo.

Ogni settimana di chiusura costa all’Italia 10 miliardi di euro, e decidere di aprire gran parte delle attività commerciali il 1° giugno vuol dire decretare la morte quasi certa di un 50% delle stesse. Per non parlare della scuola, abbandonata completamente dal Governo, che pare ormai orientato a decretare la sua riapertura a settembre, con tutto quello che esso comporta per i ragazzi ma anche per i genitori, che devono preoccuparsi di dove e come accudirli nel caso e quando saranno di nuovo in grado di tornare a lavorare.

Eppure anche alcuni virologi, citiamo fra i tanti il professor Giulio Tarro o il direttore di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti, sembrano propendere per una direzione che porti verso una riapertura che sia la più ampia possibile, con tutte le cautele che il caso comporta.

In particolare l’infettivologo genovese ha espressamente dichiarato:

“Il governo ha osato poco. Mi aspettavo una ripartenza più decisa. Basti guardare a quello che sta accadendo nella vicina Francia”.

Certo, si tratta di pareri di tecnici, illustri quanto si vuole ma sempre tecnici. Ed ecco allora che si torna al punto focale della vicenda: se si prendono decisioni politiche troppo orientate sul parere dei vari comitati tecnico scientifici, si rischia un vero e proprio cortocircuito della catena di comando. A meno che non si voglia fare, come spesso accaduto nella storia repubblicana di questo Paese quando in particolari circostanze la classe politica dimostrava di non essere in grado o di non volersi assumere responsabilità gravose in situazioni emergenziali: ci si affidava a governi tecnici, come per esempio nel 2011 con l’esecutivo Monti. Almeno in questi casi era tutto limpido e chiaro fin dall’inizio. In altre parole alla luce del sole, qui invece pare proprio che la cosa sia fatta, se non con “il favore delle tenebre”, sicuramente in chiaroscuro.

Il presente articolo non rappresenta necessariamente l’opinione della redazione di Money.it

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