L’arrivo del 5G e l’uso di Huawei nelle infrastrutture spaventa le grandi potenze mondiali: ma perché? Ecco i motivi della scelta degli USA e del Regno Unito, tra sicurezza e guerra commerciale.
Huawei e 5G: un connubio che fa paura alle grandi potenze internazionali. Ma perché? I timori verso il colosso della comunicazione cinese e la quinta generazione di reti mobile sta generando una vera e propria guerra fredda informatica, e commerciale, che vede la Cina messa all’angolo.
Dopo gli Stati Uniti di Donald Trump, che hanno proibito a Huawei di sfruttare i servizi Google di Android, ora arriva il dietro front ufficiale del Regno Unito che non solo ne ha proibito la partecipazione alle infrastrutture britanniche ma ne ha richiesto anche la rimozione di tutti gli apparati telecomunicativi attualmente presenti nel Paese.
Ma perché c’è tanto timore dietro all’utilizzo di Huawei nello sviluppo del 5G a livello nazionale? Si tratta di puro ostruzionismo economico o dietro queste scelte sistematiche si nascondono misure di sicurezza rivolte a contrastare un possibile spionaggio cinese?
E infine: cosa deve temere l’utente dal 5G? Proviamo a fare un po’ di chiarezza sulla questione.
Huawei e 5G: perché le infrastrutture sono un problema per USA e UK
Il 5G sta arrivando ma la Cina spaventa: il futuro della navigazione mobile tra domotica, smart city, droni è pronto a prendere piede nei prossimi anni ma Huawei, che non si occupa solo di smartphone e tablet, continua a far tremare le grandi potenze.
La componentistica Huawei viene utilizzata in diversi settori, tra cui quello delle infrastrutture di rete: nel 5G il colosso di Shenzhen sembrava avere la strada spianata, salvo poi i timori di un possibile monopolio e di un possibile spionaggio da parte degli Stati Uniti di Donald Trump.
Già prima del coronavirus i rapporti tra USA e Cina si incrinavano a causa della scelta totale di bandire la tecnologia Huawei su suolo americano: se per una garanzia prettamente commerciale questo non è stato del tutto possibile (Huawei ha rinunciato a Google per i nuovi modelli optando per app e store digitale proprietario) l’atteggiamento negativo intorno alla compagnia, in vista del 5G, si è fatto sempre più marcato.
Huawei e 5G: i timori di uno spionaggio mondiale
Oltre al successo in campo smartphone, Huawei risulta in primo piano per quanto riguarda la parte componentistica all’interno delle tlc: quasi 200 nazioni utilizzano la tecnologia e le infrastrutture Huawei per agevolare la comunicazione mobile e sul 5G l’elemento di forza è l’abbassamento dei costi operativi derivati dall’implementazione mondiale della nuova rete.
Questo primato (diviso con Nokia, Ericsson, Cisco e Zte) ha acceso dubbi e sospetti prima degli Stati Uniti, poi del Regno Unito (a cui seguono Germania, Australia e Nuova Zelanda) su Huawei, ritrovatosi man mano sempre più estromessa dalla cosiddetta corsa al 5G. Il motivo? La volontà di negare alla Cina una gestione così ampia delle reti mobile su cui si muovono ogni giorno le informazioni personali degli utenti.
La campagna di comunicazione dell’amministrazione Trump verso l’opposizione ferma a Huawei si concentra principalmente sulla sicurezza ma, tra sanzioni e divieti, nasconde una guerra commerciale che punta a limitare una delle aziende tecnologiche più in ascesa degli ultimi anni. L’UK si è da poco unito nella guerra a Huawei, puntando a eliminare non solo la società dal futuro del 5G inglese (rallentandone lo sviluppo e aumentando il digital divide) ma anche dalle infrastrutture 4G e 3G già esistenti (una scelta che richiederà quasi 7 anni di lavori strutturali agli operatori).
Huawei e 5G: la posizione europea e dell’Italia
Decisamente più cauta l’Unione europea che continua le relazioni con Cina e Stati Uniti (aggirando le pressioni USA che impongono di scegliere la linea americana).
Mentre il Regno Unito ha preso una decisione a sé e gli Stati Uniti minacciano di ridurre la condivisione di informazioni di sicurezza americana con tutti i Paesi che manterranno una collaborazione con Huawei a livello infrastrutturale, l’UE ha approvato un testo, a febbraio 2020, che stila una sorta di vademecum dell’implementazione del 5G in Europa con una serie di restrizioni da applicare in caso di violazioni deliberate.
Non ci si rivolge in questo caso a Huawei, ma si fa riferimento alla volontà degli Stati membri dell’Unione europea di applicare un’attenta valutazione dei fornitori delle infrastrutture 5G, lasciando la scelta di applicare restrizioni i soggetti e interventi considerati ad alto rischio da parte dei singoli Paesi.
Gli operatori, tra cui Huawei, si sono espresse in modo critico nei confronti di questo provvedimento paventando la concreta ipotesi di un possibile rallentamento nell’implementazione del 5G con costi collaterali decisamente elevati.
La scelta del Regno Unito è la prima diretta conseguenza di uno stop a livello europeo per Huawei e in merito l’Italia non ha ancora preso una posizione così marcatamente contraria allo sviluppo del 5G nel nostro Paese con la tecnologia Huawei.
Dopo la decisione inglese immediato è stato l’appello di Huawei all’Italia attraverso una nota ufficiale:
“La deludente inversione di rotta del governo britannico è stata da quest’ultimo giustificata con riferimento alle sanzioni imposte dal governo statunitense, sebbene non supportate da prove e non ad alcuna violazione da parte di Huawei. [...] Ci aspettiamo che il governo italiano prosegua il proprio processo di digitalizzazione sulla base di criteri di sicurezza obiettivi, indipendenti e trasparenti per tutti i fornitori, preservando la diversità e la concorrenza ndi mercato”.
Di recente è TIM ad aver escluso Huawei dalle proprie apparecchiature 5G: la scelta di un operatore così importante ha immediatamente acceso la luce sui costi che un eventuale esilio totale avrebbe sull’economia italiana. Trovate l’analisi di seguito.
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