Le misure restrittive per bloccare l’avanzata del coronavirus a livello globale si stanno ripercuotendo anche sul mining di Bitcoin, vediamo in che modo.
Anche il mining di Bitcoin sta subendo l’impatto del coronavirus. Molte “miniere” stanno lamentando gli ostacoli posti dalle restrizioni per scongiurare la trasmissione di COVID-19.
Sono tante le difficoltà cui sta andando incontro la criptoindustria, senza dimenticare anche che la richiesta di Bitcoin è in diminuzione.
Quantificare i danni non risulta ancora possibile, dipenderà tutto da come la pandemia si svilupperà nelle prossime settimane e dalla capacità di adattamento dell’intero comparto.
Coronavirus manda in tilt il mining di Bitcoin
È una situazione complicata quella che sta vivendo l’economia globale a causa del coronavirus. Tra i settori colpiti da COVID-19 c’è anche quello delle criptovalute, dove si stanno affrontando le varie criticità emerse nel mining.
Il nuovo virus infatti sta impattando pesantemente sulla buona riuscita delle operazioni, le aziende interessate non rientrano tra le attività essenziali e per questo sono state costrette a mandare a casa i propri dipendenti.
L’effetto che la quarantena e l’isolamento stanno avendo sull’estrazione di Bitcoin è notevole, visto che gli impedimenti ai lavoratori influenzano le capacità di produzione di ognuna. L’accesso alle miniere e agli uffici è di fondamentale importanza come sottolineato dalle stesse società che operano nel settore.
Il lockdown imposto in Cina ha fatto ha fatto crollare l’hash rate, l’unità di misura della potenza di elaborazione della rete Bitcoin, da 136,2 quintilioni di hash al secondo dell’1 marzo ai 75,7 quintilioni del 26 dello stesso mese. Il 30% delle estrazioni avviene tra Dongguan e Shenzhen nella provincia di Guangdong e le aziende solamente in questi giorni stanno riprendendo le attività, con conseguenze per tutto il resto del mondo.
Poche macchine per il mining dalla Cina
Il nodo maggiore per le varie aziende che operano nel settore del mining di Bitcoin è stato rappresentato dalla scarsa reperibilità delle macchine più recenti e più performanti. Queste sarebbero dovute arrivare proprio dalla Cina che però in queste settimane ha imposto rigide limitazioni alle esportazioni.
L’utilizzo di dispositivi meno aggiornati e con una potenza di calcolo minore come le macchine S9s vendute in grandi quantità da Pechino ha portato a un ristagno delle operazioni e in alcuni casi a una temporanea interruzione. Molti hanno lamentato ritardi o cancellazioni degli ordini già da gennaio e ancora oggi si riscontra qualche difficoltà. Diversi operatori per ovviare alla situazione hanno spostato le proprie operazioni in Russia.
A questa situazione poi va aggiunto l’avvicinarsi dell’halving del prossimo 20 maggio. Anche per questo molte attività sono in stand by almeno fino a quando gli sforzi genereranno nuovamente profitti interessanti.
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