I tagli dei tassi potrebbero fornire un solido sostegno alla fiducia nei mercati azionari globali nei prossimi mesi.
Quali prospettive per il resto del 2019 sul fronte dei mercati azionari?
Nelle ultime settimane, le dichiarazioni rilasciate dai rappresentanti delle principali banche centrali sono divenute sempre più accomodanti. Sia la Fed che la BCE dovrebbero agire nelle prossime riunioni di luglio (per la BCE l’attesa è per il meeting del 25 luglio e per la Fed quello del 18/19 luglio 2019). La Reserve Bank Of Australia invece è già passata dalle parole ai fatti: il 2 luglio ha tagliato di ulteriori 25bp il tasso ufficiale al minimo storico dell’1%.
Il messaggio principale è che i nuovi stimoli non saranno varati solo in risposta a un ulteriore deterioramento della crescita economica ma anche in assenza di miglioramenti, come in particolare nel caso del settore manifatturiero. Il secondo semestre del 2019 darà inizio alla guerra sui ribassi dei tassi delle banche centrali.
Ci si aspetta che la Fed tagli i tassi quattro volte e di 25pb ogni trimestre a partire dal 3Q19. Per quanto riguarda la BCE, ci si aspetta che cambi la rate guidance nella riunione di luglio e tagli il tasso sui depositi di 10pb a settembre. Qualsiasi decisione riguardante il taglio dei tassi sarà probabilmente accompagnata da misure di mitigazione a sostegno della redditività delle banche, probabilmente attraverso la differenziazione dei tassi sulle riserve in eccesso.
I tagli dei tassi potrebbero fornire un solido sostegno alla fiducia nei mercati azionari globali in un momento nel quale l’incertezza sul fronte degli scambi commerciali rimane alta e la crescita delle stime di utili è ancora lenta, e probabilmente negativa in settori industriali come Automobili, Risorse di base, Chimica, High Tech e Beni industriali.
In un contesto caratterizzato dal persistere di una crescita lenta, prevedibilmente non assisteremo a una ripresa nella crescita degli utili e, pertanto, non ci sarà una duratura tendenza rialzista nei mercati azionari oltre dicembre 2019. Tuttavia, in considerazione dei summenzionati segnali di sostegno dalle banche centrali, i P/E dei listini mondiali, che sono già alti in confronto alle loro medie storiche degli ultimi 30 anni, potrebbero rimanere alti perché un tasso di dividendo che si ponga al di sopra dei tassi negativi o prossimi allo zero del mercato obbligazionario in ogni caso favorisce l’appetito per l’equity rispetto ai bond.
Si guardi per esempio al DAX che, nonostante un rally impressionante del +19,50% da inizio anno, mostra ancora un tasso di dividendo del 3,17%, ben superiore al -0,70% del titolo tedesco a 1 anno. Oppure prendiamo in considerazione il CAC 40 che realizza un +18,5% da inizio anno e paga ancora però un bel +3,30% di dividendi. Non siamo quindi in territorio di bolla speculativa se scontiamo i flussi di cassa delle azioni con tassi pari ai rendimenti dei decennali sui governativi europei (dal -0,35% del Bund al -0,05% dell’OAT francese).
I bassi tassi di interesse favoriranno inoltre operazioni di leverage buy-out e buy-back azionari, oltre che operazioni industriali di fusioni/acquisizioni che contribuiranno ulteriormente ad alimentare la liquidità del mercato azionario e a sostenere le quotazioni.
Tassi negativi, l’impatto sulle azioni
Perché i tassi negativi sulla curva governativa sono un fattore di spinta dei mercati azionari? Analizziamo un esempio di emissione obbligazionaria della società Merck sul mercato primario.
Grazie ai tassi negativi sulla curva governativa il costo dell’indebitamento sul mercato primario delle aziende corporate in area euro ha raggiunto nuovi minimi. Soprattutto dopo il discorso di Draghi al convegno di Sintra in Portogallo, un discorso che apre le porte ad un imminente ribasso del tasso sui depositi al -0,50% e forse anche ad un nuovo QE entro fine anno.
Osserviamo, a puro titolo di esempio, un caso particolare: Merck AG in Germania, che ha lanciato nuovi bond (rating “a”) in tre tranche di taglio benchmark in data 1° luglio 2019, con rendimenti proposti all’emissione di 0,20% a 4 anni, 0,75% a 8 anni e 1,20% a 12 anni. Data la forte richiesta degli investitori, alla chiusura del book i rendimenti sono stati ulteriormente abbassati di circa 30 cents.
Merck si indebita così a tassi notevolmente inferiori all’ebitda margin (ebitda/fatturato) pari al 25,4% e anche al net profit margin (net profit/fatturato) pari all’8% (numeri relativi al 30 marzo 2019).
Se l’indebitamento è funzionale all’incremento della attività industriale (in questo caso per l’acquisizione di una società concorrente, la Versum Materials) e se viene effettuato a tassi molto più bassi del ROE aziendale (cioè 20,4%) esso produce ulteriore crescita del fatturato e del margine Ebitda e quindi dell’EPS per gli anni a venire.
In generale possiamo dire quindi che l’indebitamento a tassi prossimi allo zero fa da volano per gli indicatori di bilancio (ROE, ROA e dividend yield) e per il premio al rischio dell’equity. Tutto ciò non può che deporre a favore del mercato azionario per i prossimi mesi.
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