Il destino di Mps è legato a quello del referendum costituzionale. Ecco i possibili scenari in caso di vittoria del Sì e del No.
Mps e referendum costituzionale: cosa succede se vince il Sì o il No - Mps ha raccolto finora un miliardo di euro dalla conversione volontaria dei bond subordinati. Il risultato - che potrebbe salire anche a 1,2-1,4 miliardi, grazie alla partecipazione di alcuni bondholder privati particolarmente facoltosi - è in linea con le attese dell’istituto, che lunedì, all’indomani del referendum costituzionale, renderà noto il dato definitivo.
Il primo mattone della ricapitalizzazione da 5 miliardi è quindi stato depositato. La cifra raccolta arriva perlopiù da investitori istituzionali. 400 milioni sono stati messi sul piatto da Generali, che con la conversione dei bond in azioni salirà al 7-8% del capitale di Mps.
I riflettori ora sono puntati sul referendum di domani. A seconda dell’esito si capirà se sarà possibile passare alla fase successiva, che prevede l’arrivo di alcuni anchor investor (come il fondo sovrano del Qatar e alcuni hedge fund) - i quali dovrebbero investire fino a 1,5 miliardi - e la conferma, da parte del consorzio guidato da Jp Morgan e Mediobanca, della garanzia sull’aumento per i restanti 2 miliardi.
Qualora l’operazione dovesse fallire, l’intervento pubblico sarebbe inevitabile. E a quel punto potrebbe profilarsi anche l’ipotesi di una ricapitalizzazione precauzionale dello Stato tramite burden sharing.
Mps e l’ipotesi conversione forzata
Ridurre a un miliardo il fabbisogno di nuovi capitali, attraverso la conversione forzata in azioni delle obbligazioni subordinate.
E’ questa l’ipotesi (estrema) circolata un paio di settimane fa in casa Mps come scenario alternativo al bail-in in caso di vittoria del No al referendum costituzionale di domani.
L’operazione in questione consentirebbe un ridotto intervento pubblico per quanto riguarda la ricapitalizzazione: in questo caso, infatti, dopo l’azzeramento del capitale e la conversione dei bond meno protetti, prima di metter mano ai bond senior, lo Stato potrebbe scendere in campo per coprire il fabbisogno di capitale con un aumento.
Mps: piccoli investitori si sbarazzano dei bond
I timori legati a una conversione obbligatoria dei bond lower tier II sveva spinto i piccoli investitori in possesso di quelle obbligazioni a sbarazzarsene pur di chiudere la posizione.
Nel caso in cui i detentori di questi bond dovessero dire no alla conversione forzata, questi ultimi rischierebbero di andare incontro al bail-in, l’extrema ratio adottata nel caso delle quattro banche salvate l’anno scorso (Etruria, Marche, CariChieti e CariFerrara).
Mps e referendum costituzionale: cosa succede se vince il Sì o il No
Il destino del Monte dei Paschi di Siena, com’è noto, è legato a doppio filo all’esito del referendum costituzionale che avrà luogo domani.
Qualora dovesse spuntarla il Sì, a partire dal 5 dicembre - giorno successivo la consultazione, scelto non a caso per far partire l’iter di ricapitalizzazione di Rocca Salimbeni - il consorzio di garanzia guidato da Jp Morgan e Mediobanca tenterà di portare a termine l’operazione in pochi giorni con una sorta di “collocamento privato” in cui non è previsto il diritto di opzione a favore dei vecchi azionisti.
Se invece vincerà il fronte del No, allora sulla strada verso l’aumento da 5 miliardi potrebbero materializzarsi non pochi ostacoli.
A quel punto le alternative potrebbero essere due: bail-in oppure, come anticipato prima, l’ipotesi di una conversione forzata dei bond subordinati. Uno scenario che non si augura nessuno.
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