Il tempo impiegato per il viaggio durante la trasferta va considerato orario di lavoro? Ecco cosa dice la normativa a riguardo.
Quando si parla di orario di lavoro è importante approfondire cosa succede quando il lavoratore è in trasferta. Un tema che interessa molto specialmente a coloro che viaggiano spesso per lavoro, i quali si chiedono se anche il tempo impiegato per il viaggio durante una trasferta va retribuito.
Per trasferta va inteso quello strumento con cui il datore di lavoro decide un temporaneo mutamento del luogo in cui solitamente avviene la prestazione lavorativa, il tutto al fine di soddisfare determinate esigenze aziendali temporanee; alla fine del periodo di trasferta, che proprio per questo non va confusa con il trasferimento, vi è infatti il ritorno del dipendente presso la sede di lavoro originaria.
La normativa, come pure la giurisprudenza quando è stata interrogata sulla questione, è piuttosto chiara a riguardo, in quanto viene distinta la trasferta che avviene durante l’orario lavorativo da quella che invece viene effettuata al di fuori dello stesso.
A tal proposito, bisogna fare riferimento al d.lgs 66/2003, nel quale sono indicate le regole relative all’orario di lavoro del lavoratore dipendente, come pure le indicazioni su quando questo si considera come tale e quando no. Nel dettaglio, secondo quanto specificato nell’articolo 1, comma 2 e lettera a) del suddetto decreto, sono compresi nell’orario di lavoro i periodo in cui sussistono i tre seguenti criteri:
- il prestatore di lavoro deve essere al lavoro;
- questo deve essere a disposizione del datore di lavoro;
- infine, è importante che questo sia nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni.
Non vi è, dunque, alcun riferimento a quello che fino a qualche anno fa veniva indicato come orario di lavoro effettivo, in quanto in ogni caso si considera orario di lavoro tanto il tempo dedicato all’esercizio delle proprie funzioni quanto quello in cui il dipendente è semplicemente presente nel luogo di lavoro.
Resta da capire, e su questo ci concentreremo nel proseguo dell’articolo, come una tale regola si applica nei confronti dell’orario di lavoro per il dipendente in trasferta, in particolare sulle ore di viaggio, visto che comunque in una tale situazione possono venire a mancare le componenti suddette.
Orario di lavoro per il dipendente in trasferta: cosa dice la normativa
Sulla questione sull’orario di lavoro durante la trasferta è intervenuto il ministero del Lavoro con l’interpello 15/2010, con il quale viene chiaramente specificato che le ore di viaggio impiegate per la trasferta non sono comprese nell’orario di lavoro, in quanto:
- il d.lgs 66/2003 riferisce all’orario di lavoro come a “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”;
- l’articolo 8 dello stesso decreto ha confermato l’esclusione dall’orario di lavoro di quel tempo impiegato per raggiungere l’ordinaria sede di lavoro, in quanto in questo lasso di tempo il dipendente non è a disposizione del datore di lavoro né è impiegato nello svolgimento dell’attività lavorativa.
Il ministero ne deduce quindi che neppure il tempo impiegato per raggiungere la sede di lavoro provvisoria indicata per la trasferta va considerato orario di lavoro, anche perché il disagio psico, fisico e materiale che ne deriva viene comunque assorbito dalla cosiddetta indennità di trasferta, la quale non deve corrispondere a un mero rimborso delle spese sostenute per il viaggio.
Su tale principio è intervenuta anche la giurisprudenza, confermando tale interpretazione qualora durante il tragitto il dipendente non risponda ad alcuna direttiva, né a particolari richieste del datore di lavoro.
A tal proposito, guardando a quanto stabilito dalla Corte di cassazione con la sentenza 5701/2004, si può dire che il tempo impiegato per il viaggio rientra invece nell’orario di lavoro solo quando questo “rappresenti una mera esecuzione degli ordini datoriali e dell’assetto organizzativo aziendale, afferente alle modalità operative e logistiche dell’attività”.
Viaggio durante la trasferta: quando non è considerato orario di lavoro
Possiamo riepilogare dicendo che nella maggior parte dei casi il tempo impiegato per raggiungere la sede di lavoro provvisoria durante la trasferta non è compreso nell’orario di lavoro.
Questo vale per tutte quelle situazioni in cui il dipendente può scegliere in autonomia dettagli e modalità di viaggio senza dover sottostare alle direttive aziendali, con le ore di viaggio che vengono equiparate dalla normativa al tempo solitamente impiegato dal lavoratore per raggiungere la sede di lavoro.
Vi è però il dovere, per il datore di lavoro, di compensare il dipendente per il “disturbo” provocato dalla trasferta, riconoscendogli appunto l’indennità di trasferta. Un principio confermato in più di un’occasione dalla giurisprudenza stessa, basti guardare alle sentenze 5359/2001 e 1555/2003 della Corte di cassazione.
Viaggio durante la trasferta: quando è considerato orario di lavoro
Se invece il lavoratore ottiene degli ordini espliciti da parte dell’azienda, il tempo impiegato per recarsi presso la sede provvisoria viene considerato, e retribuito come tale, orario di lavoro. E ciò significa che qualora lo spostamento dovesse comportare il superamento del normale orario di lavoro bisognerà anche riconoscere la relativa maggiorazione per lavoro straordinario.
Anch nel caso in cui la trasferta avvenga una volta raggiunta la sede abituale di attività, ossia per il lavoratore che prima va in ufficio e poi si mette in viaggio, questa va retribuita in quanto compresa nell’orario di lavoro.
Ne risulta che quando il tempo di viaggio è funzionale allo svolgimento della prestazione lavorativa richiesta dall’azienda questo viene computato nel normale orario di lavoro; neppure in questo caso, però, va considerato come orario di lavoro il tempo impiegato per raggiungere la sede provvisoria durante il periodo della trasferta.
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