Orario di lavoro: le regole su straordinari, turni notturni e riposi

Simone Micocci

5 Ottobre 2022 - 16:35

Le regole sull’orario di lavoro, e di riposo, definiscono diritti e doveri del dipendente e del datore di lavoro. Ecco cosa è bene sapere a riguardo.

Orario di lavoro: le regole su straordinari, turni notturni e riposi

L’orario di lavoro è quel periodo in cui il dipendente risulta a disposizione del datore di lavoro con l’obbligo di esercitare l’attività lavorativa o le sue funzioni. Non è obbligatoria la presenza in azienda per essere considerato orario di lavoro, visto che l’attività lavorativa può essere svolta anche in modalità agile (o smart working).

Di conseguenza, qualsiasi periodo non compreso nell’orario di lavoro è riconosciuto come periodo di riposo. Per entrambi la normativa di riferimento è il D.lgs n. 66/2003 - che segue alla legge n. 196/1997, la cosiddetta legge Treu - con il quale il legislatore ha recepito le direttive comunitarie 93/104/CE e 2000/34/CE in materia di orario di lavoro e di altri aspetti a esso connesso, dal riposo giornaliero a quello settimanale, fino al diritto alla pausa per il dipendente.

Tuttavia, non è solo la normativa nazionale a fissare le regole in materia di orario di lavoro. Anche i contratti collettivi e individuali, infatti, possono intervenire, ma solo prevedendo un trattamento di maggior favore per il dipendente.

Per avere chiare le regole sul calcolo dell’orario di lavoro, come pure per lavoro notturno e straordinari, nonché sul diritto a pause e riposi, è bene integrare le informazioni che trovate in questa guida con quanto scritto nel contratto collettivo del vostro settore di riferimento.

Regole a cui il datore di lavoro è obbligato ad attenersi, altrimenti il dipendente può rivolgersi all’ispettorato territoriale del lavoro, o in alternativa a un ufficio vertenze sindacale o comunque a uno studio legale specializzato in diritto del lavoro, per tutelare la propria posizione.

Quante sono le ore di lavoro?

La legge distingue tra lavoro normale e lavoro straordinario.

Il primo è fissato in 40 ore settimanali, mentre ai contratti collettivi viene data la possibilità di modificarlo, prevedendo però una durata inferiore e mai superiore.

A tal proposito, qualora il lavoratore fosse assunto con orario di lavoro inferiore alle 40 ore settimanali si parlerà di contratto part-time.

Non sono tenuti a rispettare il limite legislativo delle 40 ore queste categorie di lavoratori:

  • i giornalisti;
  • il personale poligrafico addetto alle attività di composizione, stampa e spedizione di quotidiani e settimanali;
  • il personale addetto ai servizi d’informazione radiotelevisiva;
  • il personale delle imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, autostrade, servizi portuali e aeroportuali, trasporti pubblici, telecomunicazione, oltre che in altri settori di primaria importanza.

Al di fuori delle 40 ore settimanali si parla di lavoro straordinario, che in ogni caso non può comportare il superamento delle 48 ore settimanali. La durata media dell’orario di lavoro va calcolata con riferimento a un periodo non superiore a 4 mesi; tuttavia i CCNL delle specifiche categorie possono elevare detto limite fino a 6 mesi ovvero fino a 12 mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.

Periodo di riposo

Come visto sopra, l’orario di lavoro viene calcolato su base settimanale e non giornaliera. Tuttavia, esistono dei limiti anche per l’orario di lavoro giornaliero, poiché la normativa stabilisce che ogni singola giornata di lavoro non può eccedere le 13 ore, in quanto al dipendente vanno garantite almeno 11 ore consecutive di riposo giornaliero.

Inoltre:

  • ogni 7 giorni si ha diritto a un riposo giornaliero della durata di almeno 24 ore consecutive.
  • ogni anno si ha diritto a un periodo di ferie non inferiore a 4 settimane.

Come detto sopra, i contratti collettivi possono intervenire modificando le seguenti regole, ma solo prevedendo un trattamento di maggior tutela in favore del lavoratore.

Diritto alla pausa

Durante l’orario di lavoro il dipendente ha diritto anche a delle pause. Ad esempio, chi è impiegato per più di 6 ore al giorno ha diritto a una pausa di almeno 10 minuti.

Regole particolari sono previste per altre categorie di lavoratori: ad esempio, il videoterminalista con orario di almeno 20 ore settimanali ha diritto a fermarsi 15 minuti ogni 2 ore. In quel caso, però, durante tale periodo potrebbe essere incaricato di svolgere altre mansioni.

Come funziona il lavoro straordinario

Passiamo ora al lavoro straordinario cioè quello eccedente il normale orario di lavoro (quindi oltre le 40 ore settimanali). Come detto poc’anzi, gli straordinari sono ammessi fermo restando il limite delle 48 ore a settimana.

Gli straordinari - come indica il nome stesso - sono ore di lavoro in più che eccedono dal vincolo contrattuale tra datore e dipendente, per questa ragione meritano una retribuzione ulteriore secondo le maggiorazioni indicate nel contratto collettivo della categoria a cui si appartiene.

In genere le modalità del lavoro straordinario sono indicate dai sindacati, ma in caso contrario trovano applicazione le norme generali: la legge prevede che il ricorso al lavoro straordinario è ammesso solo previo accordo con il lavoratore e per un periodo non superiore a 250 ore all’anno.

Ogni regola conosce le sue eccezioni, anche quella sul lavoro straordinario che, in via eccezionale, è sempre ammesso a prescindere dall’accordo e dal monte ore nelle seguenti ipotesi:

  • eccezionali esigenze tecnico - produttive, con impossibilità di fronteggiarle mediante l’assunzione di altri lavoratori;
  • casi di forza maggiore o tali per cui la mancata esecuzione di lavoro straordinario possa dar luogo a un pericolo grave e immediato, o un danno alle persone o alla produzione;
  • eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate all’attività produttiva, ovvero allestimento di prototipi o modelli predisposti per le stesse.

L’orario di lavoro notturno

Per lavoro notturno si intende l’attività svolta per almeno 7 ore consecutive tra la mezzanotte e le cinque del mattino. Facciamo alcuni esempi: è classificato lavoro notturno il turno dalle 22.00 alle 5.00 e anche dalle 24.00 alle 7.00 o dalle 23.00 alle 6.00.

Secondo la legge il lavoro notturno non può mai superare le 8 ore consecutive a partire dall’inizio della prestazione. Il Ministero del Lavoro ha chiarito che per calcolare tale limite bisogna effettuare una media tra le ore lavorate e non lavorate, anche su un periodo settimanale e che il rapporto deve essere pari ad un terzo.

Secondo la normativa è lavoratore notturno colui che svolge la propria attività durante il periodo notturno:

  • per almeno tre ore al giorno in modo abituale e continuativo (lavoratore notturno orizzontale);
  • per almeno tre ore per almeno 80 giorni lavorativi nell’arco di un anno.

Il lavoro notturno, come quello straordinario, dà diritto a una retribuzione maggiore la quale viene stabilita nel Ccnl.

Vi sono poi delle categorie di lavoratori che per legge non possono mai coprire turni notturni, precisamente:

  • le donne in gravidanza;
  • minori di 18 anni;
  • lavoratrici madri con prole di età inferiore a 3 anni, oppure il lavoratore padre in alternativa alla madre;
  • lavoratrice/lavoratore che sia l’unico genitore affidatario fino al compimento del 12°anno di età del bambino;
  • lavoratrici o lavoratori con a carico un soggetto che rientra tra quelli indicati dalla Legge 104.

Che succede se il datore di lavoro non rispetta l’orario di lavoro

Se datore di lavoro non rispetta regole e limiti imposti dalla legge in merito all’orario lavorativo può incorrere in pesanti sanzioni.

Ad esempio, se non verrà rispettato il limite delle 48 ore settimanali il datore di lavoro andrà incontro alle seguenti sanzioni amministrative:

  • da 200 a 1.500 €, se la violazione ha riguardato fino a 5 lavoratori o si è verificata in meno di 3 periodi di riferimento;
  • da 800 a 3.000 €, se la violazione ha riguardato da 6 a 10 lavoratori o si è verificata in almeno 3 periodi di riferimento;
  • da 2.000 a 10.000 € e non è ammesso il pagamento in misura ridotta, se la violazione ha riguardato più di 10 lavoratori o si è verificata in almeno 5 periodi di riferimento.

Nel caso in cui il dipendente ha lavorato per 7 giorni consecutivi, quindi senza riposo settimanale, al lavoratore spetterà il riposo compensativo.

La giurisprudenza ha stabilito che nel caso in cui al lavoratore non venga riconosciuto il riposo compensativo il datore di lavoro sarà costretto a provvedere:

  • alla retribuzione, con le relative maggiorazioni connesse alla maggiore penosità della prestazione;
  • al risarcimento del danno subito a causa dell’usura psico-fisica che il lavoro nel settimo giorno comporta, e ciò, naturalmente, a un titolo del tutto autonomo rispetto a quello del compenso per la maggiore “penosità” del lavoro.

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