Durante la reperibilità cosa si può fare?

Simone Micocci

15 Aprile 2025 - 17:14

Cosa si può fare e cosa è vietato durante la reperibilità: diritti e doveri del lavoratore a seconda dei casi.

Durante la reperibilità cosa si può fare?

Oggi l’istituto della reperibilità è diffuso in molti settori, dal sanitario alla manutenzione, passando per le forze dell’ordine, gli addetti alla sicurezza e molti altri lavoratori.

Si tratta di uno strumento fondamentale per far fronte a necessità improvvise e indifferibili, ma comporta inevitabilmente un sacrificio aggiuntivo per il personale, che ha comunque diritto alla specifica indennità e al riposo.

Nonostante ciò, infatti, i lavoratori in reperibilità si sentono spesso limitati nei propri impegni e svaghi. Il personale sente la mancanza di indicazioni specifiche e ovviamente non vuole incorrere in sanzioni disciplinari disattendendo gli obblighi contrattuali. Vediamo quindi nel concreto cosa si può fare durante la reperibilità.

Cosa si può fare durante la reperibilità?

La reperibilità impone al lavoratore dipendente di essere disponibile al di fuori dell’orario di lavoro in caso di chiamata, ma non impone divieti oppure obblighi specifici ulteriori. Non esiste una lista univoca di attività concesse o vietate, ma ci sono per ogni caso specifico delle azioni incompatibili con il dovere di reperibilità, che comunque non deve eccedere i massimali imposti dalla legge e dai Ccnl. Per capire cosa si può fare nel periodo di reperibilità bisogna quindi guardare alle particolari condizioni previste dal contratto.

Chi è soggetto a una reperibilità attiva, per esempio, è decisamente più limitato perché deve restare nel luogo di lavoro determinato ed essere pronto all’intervento.

Non a caso, la retribuzione deve essere corrispondente all’orario di lavoro, indipendentemente dall’intervento svolto. La giurisprudenza europea e della Corte di Cassazione, peraltro, hanno chiarito in più occasioni che se la reperibilità impone limitazioni troppo vincolanti al tempo libero e al riposo del lavoratore deve essere retribuita come orario di lavoro. Ciò è rilevante per determinare se la reperibilità passiva, ossia “a chiamata”, definita è legittima oppure no.

In questo caso, il lavoratore è infatti tenuto a raggiungere il posto di lavoro entro un certo tempo massimo e coerentemente non può spostarsi oltre una certa distanza dalla sede. Quest’ultimo requisito non è sempre specificato, ma è comunque sottinteso, poiché appunto la distanza deve essere compatibile con il raggiungimento del posto di lavoro entro il tempo previsto. Per rendere lo svolgimento di questo obbligo possibile è ovviamente preteso che il lavoratore sia rintracciabile dal datore di lavoro, durante il periodo di reperibilità, con un telefono attivo e acceso.

In base alla propria situazione specifica si possono quindi facilmente individuare le attività vietate durante la reperibilità, ossia:

  • soggiornare, per esempio in montagna o in altro territorio, dove c’è assenza di campo e non si ricevono le telefonate;
  • viaggiare allontanandosi dal luogo di lavoro perdendo la possibilità di raggiungerlo nei tempi previsti all’occorrenza o superando la distanza massima prevista;
  • spegnere il telefono su cui si ricevono le chiamate del datore di lavoro.

Ogni lavoratore deve declinare questi obblighi in base al proprio contratto e alle attività che pensa di svolgere durante la reperibilità. Nulla vieta in linea generale di andare al mare o fare una gita fuori porta, per esempio, se è possibile rispettare distanze e tempistiche. Allo stesso modo si può andare al cinema o al teatro, ma bisognerà aver cura di controllare il cellulare per intercettare eventuali chiamate dall’azienda.

Indipendentemente da distanze e tempi, ognuno deve tenere conto delle possibili difficoltà nell’adempiere agli obblighi che dipendono dalla situazione soggettiva. Per esempio, il lavoratore che sceglie di trascorrere il tempo libero con i figli o i nipotini deve accertarsi che qualcuno lo possa sostituire in tempo. In ogni caso, non è sanzionabile il dipendente che non rispetta la reperibilità per cause di forza maggiore comprovate, non dipendenti dalla sua volontà né differibili. È inoltre fondamentale rispettare precisamente gli orari di reperibilità, tenendo conto che le chiamate possono arrivare fino all’ultimo minuto contrattualmente previsto.

Cosa rischia chi non rispetta la reperibilità

Si ricorda, tuttavia, che quando gli obblighi di reperibilità sono eccessivamente restrittivi (per esempio tempistiche irrisorie per raggiungere la sede) è possibile pretendere, eventualmente in giudizio, il riconoscimento della retribuzione come orario di lavoro.

Al contrario, non rispettare la reperibilità è una violazione molto grave perché compromette il vincolo fiduciario con il datore di lavoro e rappresenta un inadempimento contrattuale. Il lavoratore rischia quindi di subire delle sanzioni disciplinari, arrivando fino al licenziamento per giusta causa nella peggiore delle ipotesi e quando proporzionato alla violazione.

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