Mobbing, il lavoratore che denuncia può essere trasferito?

Ilena D’Errico

12 Aprile 2025 - 13:38

Il lavoratore che denuncia il mobbing può essere trasferito contro la sua volontà, ma senza ritorsioni e discriminazioni. Ecco cosa ne pensano i giudici.

Mobbing, il lavoratore che denuncia può essere trasferito?

Secondo la giurisprudenza, i trasferimenti sono una valida soluzione contro il mobbing e a determinate condizioni persino la vittima può essere trasferita contro la sua volontà. C’è però da compiere una valutazione molto delicata e soprattutto comprendere se si tratti effettivamente di comportamenti unilaterali.

Si ricorda che il mobbing sul posto di lavoro riguarda comportamenti ostili e volontariamente persecutori subiti dalla vittima in maniera sistematica. Una situazione purtroppo frequente a tanti lavoratori, che hanno diritto ad agire in giudizio contro gli aggressori ed eventualmente a chiedere un risarcimento del danno al datore di lavoro. Quest’ultimo è infatti tenuto a tutelare la salute psicofisica dei dipendenti e garantire loro un ambiente lavorativo sicuro. Il trasferimento dei lavoratori può essere considerato mobbing, quando determinato con scopo punitivo, o comunque risultare illecito se ha una finalità ritorsiva.

Molti datori di lavoro, tuttavia, fanno uso dei trasferimenti proprio per eliminare le situazioni di conflitto, anche in risposta alle accuse di mobbing del dipendente nei confronti di altri colleghi. In questi casi, sarebbe preferibile il trasferimento dell’aggressore (o presunto tale), ma non si può escludere a priori che chi denuncia il mobbing possa essere spostato per la tutela dell’ambiente di lavoro. La questione può apparire paradossale e infatti il rischio di discriminare proprio chi subisce le ostilità è dietro l’angolo. I datori di lavoro sono quindi chiamati a una valutazione davvero delicata e minuziosa, partendo proprio dalle accuse mosse dal dipendente.

Chi denuncia il mobbing può essere trasferito?

Le accuse di mobbing del dipendente sono la base di partenza per adottare gli strumenti più idonei a risolvere il conflitto di lavoro. Tendenzialmente, il datore di lavoro deve adoperarsi per proteggere il dipendente dalle aggressioni e sanzionare il lavoratore colpevole, quanto meno con misure disciplinari o organizzative. A tal proposito, però, il mobbing deve esser stato provato con precisione dal lavoratore che lo contesta e, ovviamente, il datore di lavoro deve informarsi adeguatamente sull’ambiente lavorativo.

Questo perché il mobbing presuppone l’esistenza di una vera e propria vittima delle persecuzioni, che deve essere tutelata con tutti gli strumenti a disposizione. Il licenziamento della vittima di mobbing sarebbe senza dubbio in contrasto con questa necessità, potendo invece apparire discriminatorio e ritorsivo. È piuttosto il lavoratore colpevole a dover essere trasferito, ammesso che ciò sia sufficiente a risolvere il problema e non a spostare le aggressioni su una vittima diversa altrove. Va comunque considerato che l’autore di mobbing deve più spesso essere sottoposto a sanzioni disciplinari, fino al licenziamento.

Ciononostante, la sentenza n. 581/2025 del tribunale di Milano ha giudicato legittimo il trasferimento del dipendente che ha denunciato il mobbing subito, a suo dire, da un collega. Anche se l’accusa riguardava il mobbing, infatti, il tribunale ha interpretato la vicenda inquadrandola nel cosiddetto “eristress”. Si tratta di situazioni genericamente definibili come di conflittualità, in cui tutte le parti partecipano attivamente al conflitto, anche se in diversa misura. Non si ha quindi una vera e propria vittima, avendo tutti almeno potenzialmente la capacità di reagire e difendersi, diversamente da quanto accade nel mobbing.

In questo caso non mancano comunque i danni per i lavoratori e anzi si genera un ambiente lavorativo estremamente instabile e nocivo. Proprio per questa ragione il datore di lavoro può legittimamente trasferire le parti coinvolte al fine di separarle e sperare così di appianare il clima, nell’interesse di tutto il personale. Se non ricorrono i presupposti per accertare il mobbing, quindi, chiunque dei dipendenti coinvolti può essere interessato dalla misura, tranne ovviamente i colleghi meri spettatori delle liti.

Si parla quindi di trasferimento per incompatibilità ambientale, utile a eliminare la causa del conflitto quando risiede esclusivamente nell’interazione tra i colleghi. Altrimenti, sono altri i mezzi da preferire, andando all’origine del problema (se attinente alla sfera lavorativa ovviamente). Nel caso specifico della sentenza milanese, il ricorrente era diventato un’importante fonte di stress generalizzato nell’ambiente di lavoro (anche per le numerose denunce effettuate) ed è inoltre stato ricordata la necessità di recare il minor pregiudizio possibile ai dipendenti, scegliendo nello specifico una sede vicina alla precedente.

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