Il registro INI-PEC è valido ai fini della notifica. La Cassazione conferma l’orientamento precedente. Occorre più chiarezza sul processo telematico.
Confermata definitivamente la validità del registro pubblico INI-PEC ai fini della notifica. L’argomento è stato riaperto con l’ordinanza numero 29749 del 2019 e conferma, con quale correzione, l’efficacia dell’Indice nazionale istituito dal ministero dello Sviluppo economico.
Dopo la sentenza n. 3709/2019 con la quale la Corte di Cassazione escludeva l’efficacia della notifica sulla PEC risultante dal registro INI-PEC, il Centro studi processo telematico ha emanato un comunicato dove invita i giudici della Corte a rettificare quanto stabilito.
Infatti, si tratta di un errore - anche piuttosto grossolano - che rischia di avere importanti ripercussioni sul buon funzionamento del processo telematico.
Inefficacia dell’INI-PEC: il comunicato che smentisce la Cassazione
Il Centro studi processo telematico ha risposto prontamente alla sconcertante errore della Corte di Cassazione, che, in data 8 febbraio, ha emanato una sentenza dove esclude le PEC risultante dal registro INI-PEC tra gli indirizzi validi per la notifica.
Precisamente, la sentenza n. 3709/2019 ha enunciato il seguente principio di diritto:
“Il domicilio digitale previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, conv. con modif. in L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, conv., con modif., in L. n. 114 del 2014, corrisponde all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza e che, per il tramite di quest’ultimo, è inserito nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) gestito dal Ministero della giustizia. Solo questo indirizzo è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l’effettiva difesa, sicchè la notificazione di un atto giudiziario ad un indirizzo PEC riferibile – a seconda dei casi – alla parte personalmente o al difensore, ma diverso da quello inserito nel ReGIndE, è nulla, restando del tutto irrilevante la circostanza che detto indirizzo risulti dall’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC)”.
Il Centro studi rileva che si tratta di un errore incomprensibile, alla luce del fatto che gli articoli 16 ter e sexies del d.l. 179/2012 includono l’INI-PEC tra gli elenchi pubblici validi per l’esecuzione delle notificazioni ai sensi dell’art. 3-bis L. 53/1994, in posizione di esatta parità giuridica con il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (RegInde).
In altre parole, pare che i giudici della Corte di Cassazione abbiano fatto confusione con l’inutilizzabilità dell’IPA (indice delle pubbliche amministrazioni).
L’errore potrebbe generare non pochi disagi, in quanto l’utilizzo dell’INI-PEC è fondamentale, soprattutto per le notificazioni nei confronti delle imprese. Per questo il Centro studi processo telematico ha invitato la Cassazione a riaprire la questione e a correggere l’errore, in applicazione del d.l. 179 del 2012 e dei principi espressi dal Codice dell’Amministrazione Digitale, che trovano espressa applicazione anche nel processo civile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Argomenti