Anche il conto corrente cointestato può essere pignorato, ma solo nella misura del 50%. Qual è la procedura da seguire e cosa fare quando ci si trova in questa situazione.
Il conto corrente intestato a più persone è disciplinato dall’art. 1854 del Codice Civile. Nel conto corrente cointestato il contratto acceso con la l’istituto di credito è, per l’appunto, a nome di più persone.
Pensiamo ad esempio a marito e moglie che accendono un conto corrente per la gestione famigliare, oppure a due fratelli che gestiscono una somma arrivata da un’eredità.
Ovviamente anche un conto corrente cointestato può essere pignorato così come quello ordinario.
Ma quali somme possono essere oggetto di pignoramento? Essendo responsabili in solido tutti i cointestatari del conto, risponde alla domanda l’art 1298 del Codice Civile, ovvero la somma divisa per il numero di cointestari.
La legge dunque impone dei limiti al pignoramento per tutelare l’altro o gli altri titolati: la somma contenuta nel conto può essere pignorata solo nella misura del 50% in modo da non compromettere la posizione dei non debitori.
Dopo la procedura esecutiva, sia il contitolare debitore che gli altri possono continuare a fare operazioni e prelievi, senza però andare ad intaccare la parte sottoposta a pignoramento.
Si può pignorare il conto corrente cointestato? La disciplina
- Conto cointestato: benefici e limitazioni
- Pignoramento del conto corrente cointestato: quando è possibile
- Come tutelare il contestatario in caso di pignoramento del conto
- Entro quali limiti il conto può essere pignorato
- Gli obblighi del creditore, la procedura del pignoramento
- Cosa succede dopo il pignoramento?
- Cosa succede se il creditore è l’Agenzia delle Entrate?
Conto cointestato: benefici e limitazioni
Come detto, si dice “cointestato” se due (o più) persone possiedono un conto corrente in comune, tutti gli intestatari dunque sono “padroni”, a pieno titolo, del conto.
L’operazione non è difficile e non costa nulla: al momento dell’apertura del conto bisogna chiedere la sua co-intestazione.
Un conto corrente cointestato presenta però benefici e limitazioni. La decisione finale dipende principalmente dalle proprie esigenze.
Prima di procedere è necessario essere in possesso di tutte le informazioni del caso.
Sommariamente possiamo distinguere tra i benefici principali:
- il risparmio nell’apertura e gestione di un unico conto;
- ci sarà anche un vantaggio per l’imposta di bollo. Se pure la giacenza dovesse superare i 5000 euro comunque il bollo si pagherebbe una sola volta;
- ogni operazione potrà essere svolta in assenza di una specifica delega;
- ci sarà l’uso del conto per finalità familiari, lì dove affluiscono i redditi dei coniugi o gli accrediti eseguiti da costoro tramite altro conto;
- possibilità di attuare la “firma congiunta” per limitare determinate operazioni;
- ogni cointestatario vanta un proprio bancomat e un differente carnet per gli assegni;
- ogni cointestatario potrà ricevere o far partire bonifici e pagamenti sul conto.
Esistono, però, anche delle limitazioni:
- la presunzione di comproprietà delle somme presenti sul conto (necessario un costante controllo del bilancio, al fine di verificare se gli altri cointestatari rispettino la propria quota);
- la banca non ha responsabilità qualora uno dei cointestatari dovesse prelevare l’intero patrimonio;
- chi sostiene che la cointestazione sia meramente una simulazione ha l’onere della prova.
Inoltre, e qui veniamo al caso in esame in questo articolo, i titolari del conto a deposito non possono prelevare più della liquidità disponibile, ma la cosa a cui si deve particolarmente prestare attenzione è che il conto a deposito può essere pignorato, anche nel caso in cui sia cointestato.
Se uno dei cointestatari dovesse contrarre dei debiti, i suoi creditori potrebbero pignorare il 50% del conto corrente (con o senza firma disgiunta).
Vediamo esattamente in cosa consiste il pignoramento conto corrente cointestato e come comportarsi in questi casi.
Pignoramento del conto corrente cointestato: quando è possibile
La procedura di pignoramento può essere esperita anche verso il conto corrente cointestato del debitore. Infatti, anche laddove ci siano più titolari, il creditore ha comunque diritto di recuperare la somma che gli spetta a titolo di credito.
Tuttavia la legge stabilisce che tale pignoramento non può superare la metà della cifra contenuta nel conto, anche quando il credito è superiore. Inoltre, si prevedono delle limitazioni anche quando il creditore è l’Agenzia delle Entrate (come spiegheremo in seguito).
In entrambi i casi, quando il conto corrente è cointestato, il creditore può pignorare solo il 50% della somma in esso contenuta.
Facciamo un esempio: supponiamo che il Sig. Antonio sia cointestatario con la figlia Maria di un conto corrente. Nel caso in cui il creditore pignori, avendone il diritto, il conto corrente cointestato, la somma che potrà essere oggetto del pignoramento sarà il 50% del saldo del conto.
Tale presunzione si intende ovviamente fino a prova contraria.
Oltre che notificare il pignoramento al debitore esecutato (la figlia Maria) e all’istituto di credito, il creditore dovrà notificare anche al cointestatario del conto (Sig. Antonio).
Come tutelare il contestatario in caso di pignoramento del conto
Come abbiamo pocanzi specificato il cointestatario deve essere informato del pignoramento del conto a mezzo notifica.
Cosa accadrebbe se ciò non avvenisse? Secondo la Giurisprudenza il terzo ha diritto a richiedere la restituzione delle somme pignorate.
Può succedere anche che il debitore, ancorché notifichi correttamente anche al cointestatario, pignori tutte le somme sul conto.
A quel punto il cointestatario, il nostro Sig.Antonio, ha diritto di proporre opposizione del terzo ai sensi dell’art. 619 c.p.c., adducendo di essere titolare di una quota delle somme pignorate.
Ma di quali diritti può avvalersi ogni cointestatario in caso di un pignoramento conto corrente cointestato?
È necessario considerare in che misura ogni correntista versa le somme sul conto cointestato. Infatti, se il saldo disponibile è stato versato soltanto da uno dei correntisti, automaticamente l’altro non possiede alcun diritto su tale conto.
Inoltre, ogni cointestatario che intende prelevare o utilizzare una somma dal conto è obbligato a chiedere il consenso all’altro nel caso in cui tale somma superi la parte che gli spetta.
Il debitore, dal canto suo, ha il diritto di prelevare autonomamente le somme non pignorate (e quindi non bloccate) che rientrano nella propria quota.
Qualsiasi altro cointestatario, non pignorato, può comunque dare il diritto al debitore di usufruire della propria parte di denaro.
Ovviamente, deve esserci un consenso esplicito.
Entro quali limiti il conto può essere pignorato
Vediamo ora entro quali limiti il conto può essere pignorato e cosa ne è del resto delle somme versate sul proprio conto?
In breve, il pignoramento conto corrente cointestato prevede che:
- venga pignorato fino ad un massimo del 50% delle somme e dei beni depositati o investiti in banca o alle poste;
- tutto ciò che non vi rientra tra le somme pignorate può essere utilizzato (e prelevato) da tutti i titolari del conto cointestato;
- il debitore, se l’altro cointestatario non si oppone, ha la possibilità di prelevare le restanti somme.
Nel caso in cui un importo – ad esempio, un bonifico – venisse accreditato sul conto cointestato a seguito del pignoramento, questo verrebbe “bloccato” entro il limite del 50%.
In poche parole, ad essere pignorata sarà soltanto la metà (come limite massimo) di ciò che rientra nel conto cointestato.
Il creditore, secondo il principio della cosiddetta “solidarietà attiva”, è obbligato a garantire – a chiunque dei titolari – la possibilità di effettuare prelievi o usufruire degli accrediti non “bloccati”.
Gli obblighi del creditore, la procedura del pignoramento
Il pignoramento del conto corrente cointestato può essere effettuato esclusivamente a seguito di una notifica da parte del creditore, che deve rispettare delle regole ben precise. E questo vale anche per il conto corrente ordinario.
Il creditore deve notificare al debitore:
- il titolo esecutivo (ossia una sentenza anche di primo grado, un decreto ingiuntivo, un avviso di accertamento immediatamente esecutivo, una cartella dell’agente della riscossione);
- l’atto di precetto (nel caso in cui il titolo esecutivo sia costituito da una cambiale, un assegno o un atto pubblico notarile, come un mutuo con la banca, la notifica del precetto non è preceduta dalla notifica del titolo esecutivo). Con l’atto di precetto si dà al debitore un termine di 10 giorni per pagare;
- l’atto di pignoramento vero e proprio che, in questo caso, viene inviato anche alla banca o alla posta, ingiungendo a quest’ultima di non pagare al creditore (ossia il correntista) le somme pignorate
L’atto di pignoramento va comunque notificato ad entrambi i cointestatari, altrimenti risulta essere nullo.
Cosa succede dopo il pignoramento?
Dopo il pignoramento, il conto cointestato risulta bloccato nella misura del 50%. Per questa ragione la restante parte può essere liberamente utilizzata dai contitolari, anche dal debitore.
Quindi il rimanente 50% può essere prelevato anche integralmente.
Naturalmente il cointestatario ha il diritto di chiedere la restituzione della somma se dimostra che il debitore abbia intaccato la sua quota di conto. Infatti, come già detto nel precedente paragrafo, la banca e i correntisti sono in un rapporto di “solidarietà attiva”, ciò significa che la banca deve consentire ad ognuno dei contitolari di fare operazioni e prelievi sul conto corrente, senza potersi rifiutare, anche se si tratta del debitore.
Cosa succede se il creditore è l’Agenzia delle Entrate?
L’Agenzia delle Entrate entra in gioco quando lo Stato vanta un credito nei confronti del correntista.
A seguito dell’abolizione di Equitalia, a partire dal primo luglio 2017, (decreto fiscale collegato alla legge di bilancio 2017) ed il conseguente passaggio della riscossione esattoriale alla nuova Agenzia delle Entrate-Riscossione, il nuovo ente, ha la facoltà di accedere a diverse banche dati, e può procedere al pignoramento dei conti correnti in modo diretto, senza dover richiedere l’autorizzazione al giudice.
Quindi nel caso in cui il pignoramento conto corrente venisse posto in essere dallo Stato, sarà l’Agenzia delle Entrate-Riscossioni ad agire per suo conto e verrà messa in atto una procedura differente da quella vista nel precedente paragrafo. In poche parole, non è necessario che la decisione venga presa dal giudice dell’esecuzione.
Nella pratica questo significa che l’Agente notifica il pignoramento al debitore e alla banca, comandando a quest’ultima di versarle direttamente (e senza il tramite del giudice) le somme pignorate (sempre nei limiti del 50%) se il contribuente, entro 60 giorni dalla notifica del pignoramento stesso, non paga il debito.
Invece, nel caso di conto corrente cointestato è necessario passare dalla procedura ordinaria, quella cioè prevista dal codice di procedura civile, con la citazione in giudizio. In quella sede il giudice controllerà che il pignoramento si sia effettivamente limitato al 50% delle somme depositate.