Formalmente, le colombe Bce hanno battuto i falchi. Ma la sbandierata unanimità del board non c’è stata. Anzi, tre membri si sono opposti alla scelta espansiva sul Pepp. E mentre l’Eurotower festeggiava, tutt’intorno le criticità si ammassavano: dall’inflazione negli Usa all’apertura di Basilea verso Bitcoin al nuovo record del reverse repo della Fed. Il tempo che Francoforte sperava di aver comprato, sta invece già finendo?
In onore degli Europei ormai alle porte, quanto deciso dal board Bce può essere condensato con una formula calcistica: l’importante è portare a casa i 3 punti. E in effetti, Christine Lagarde ha formalmente ottenuto ciò che voleva. Forse, persino di più. Il comunicato finale, di fatto, è una fotocopia di quello del Consiglio di aprile, tranne per un paio di particolari. Il primo, favorevole alle colombe appunto: current è stato sostituito da coming. Ovvero, il ritmo accelerato di acquisti obbligazionari sarà esteso anche al trimestre che si apre a luglio , schermando quindi fino all’autunno gli spread con acquisti che, se basati sui controvalori dell’ultimo bimestre, dovrebbero essere nell’ordine di circa 80 miliardi al mese.
Di fatto, un enorme sospiro di sollievo per i Paesi con indebitamento maggiore. Ma c’è dell’altro. Perché oltre ai simbolici 3 punti della vittoria, Christine Lagarde ha dovuto digerire anche tre volti contrari a questo sviluppo inatteso del Pepp. Stando a fonti non smentite, tre membri del board avrebbero infatti votato contro. E fatto mettere a verbale la loro scelta. A verbale, però. Non nel comunicato. Il quale infatti parla di unanimità nella scelta. Peccato che la stessa numero uno dell’Eurotower nel corso della conferenza stampa abbia dovuto ammettere quanto segue: There were some diverging views here and there. Poca cosa, di fronte al bottino pieno di fine partita. Ma un segnale.
Esattamente come certe prestazioni scadenti, certe gambe che non reggono più i 90 minuti, certe amnesie difensive graziate solo dalla buona sorte. Non sempre, alla fine, si trova il gollonzo. E, anzi, spesso di rischia la beffa. Non è un caso, infatti, che i tre membri contrari abbiano chiesto di verbalizzare il loro dissenso. I falchi, infatti, non hanno perso la battaglia. Hanno scelto la ritirata strategica. Forti di alcuni punti fissi, emersi prima della conferenza stampa. Stando all’ultimo sondaggio commissionato dalla tv tedesca ZDF in vista delle elezioni legislative del 26 settembre e reso noto questa mattina, la CDU di Angela Merkel avrebbe infatti guadagnato 4 punti, attestandosi al primo posto con il 28% delle preferenze. Mentre i Verdi, contemporaneamente, avrebbero perso altri 3 punti percentuali a livello nazionale, scendendo al 22%.
Dopo il sospiro di sollievo del voto regionale in Sassonia-Anhalt, un’altra conferma. La Bundesbank ha potuto permettersi di perdere la faccia in questo board, ufficialmente atteso da tutti come spartiacque ma tramutatosi di colpo in amichevole estiva. Quantomeno, per chi come Jens Weidmann ragiona su tempi lunghi. E punta alla guerra e non alla somma delle battaglie. E proprio il tempo ora diviene fondamentale. Al netto del board del 21-22 luglio prossimi, totalmente inutile stante quanto appena deciso e già oggi inteso come una sorta di rimpatriata per salutarsi prima delle vacanze, il primo appuntamento importante è rimandato alla riunione dell’8-9 settembre. Dopo Jackson Hole, quindi.
Paradossalmente, stavolta sarà la Fed a fare da apripista al grande circo delle Banche centrali. La Bce potrà giocare di rimessa. Il 26 settembre, poi, la Germania andrà alle urne per le legislative. Appuntamento tanto importante quanto difficile da decifrare, poiché la ripresa della Cdu e il ridimensionamento dei Verdi non significano comunque la possibilità di un esito chiaro fin dalla sera dello spoglio. Né la nascita rapida di un nuovo governo. Serviranno giorni. Forse settimane. E, quasi certamente, una nuova Grosse Koalition. Il board successivo a quello di settembre? Molto avanti nel tempo, addirittura il 27-28 ottobre. Per quei giorni, Berlino potrebbe avere un governo. E un’agenda.
A quel punto e con gli ultimi due mesi dell’anno ormai ipotecati, si potrà parlare di tapering. Non fosse altro perché il Pepp è comunque atteso verso la sua chiusura naturale nel marzo 2022. E per allora, almeno stando all’attuale situazione globale, il Covid dovrebbe essere stato domato dalle vaccinazioni di massa. Nel frattempo, cosa potrebbe succedere in grado di far saltare i piani di Madame Lagarde? Primo, il Comitato di Basilea proprio questa mattina ha di fatto legittimato le criptovalute come assets, pur travisando la sua mossa come atto di deterrenza. Ventilando un aumento monstre delle riserve da accantonare in caso di detenzioni a bilancio di Bitcoin e soci, i regolatori hanno di fatto poggiato la loro spada benedicente sul capo del principale mezzo di hedging contro l’inflazione reale. Proprio nel giorno in cui il CPI statunitense toccava quota 5% su base annua: ovviamente, è solo transitoria.
Ma non basta. Sempre oggi, parlando dal G7 in Cornovaglia, Emmanuel Macron ha non solo proposto l’allocazione di 100 miliardi in SDR dell’Fmi a favore delle nazioni africane ma anche reso noto come vedrebbe di buon occhio la vendita di riserve di oro fisico per finanziare il piano di aiuto all’Africa. Se questo grafico
Fonte: Bloomberg/Zerohedge
mostra come probabilmente il presidente francese sia ancora scosso dallo schiaffone preso l’altro giorno, visti i precedenti di vendite «politiche» a prezzo di saldo, la sparata dell’inquilino dell’Eliseo può essere letta in due modi.
Primo, arruffianarsi gli Stati africani per ottenere trattamenti di favore rispetto ai minerali necessari alla svolta green dell’industria. Secondo, un tentativo disperato e «su commissione» di liquidare lo status di bene rifugio dell’oro fisico. Ma non basta ancora. Perché sempre oggi, la facility di reverse repo della Fed ha accettato qualcosa come 534,94 miliardi da 54 bidders, nuovo record assoluto dopo quota 502 miliardi raggiunta ieri. Prima o poi, quel denaro fluirà nel mercato. E’ inevitabile, salvo manovre spericolate di Jerome Powell sui criteri di accettazione. A quel punto, cosa accadrà in un contesto globale di inflazione crescente e Banche centrali ancora impegnato in pieno nel Qe?
O il sistema esplode come una pentola a pressione o si cambia registro. Di colpo. Stile Greenspan o Trichet. La vittoria di Pirro di Madame Lagarde sottende solo la disperata necessità di guadagnare tempo: ma quest’ultimo, calendario dei tail risks alla mano, pare giocare a favore dei falchi.
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