Tassa sulle transazioni finanziarie, trading su azioni e derivati. Novità dai 10 Paesi interessanti in arrivo a margine dell’Eurogruppo?
La tassa per il trading su azioni e derivati potrebbe essere vicina. Da lunghi anni dieci paesi membri dell’Unione Europea tentato di trovare un accordo per l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF), un’imposta che rivoluzionerebbe i livelli di speculazione che attualmente caratterizzano i mercati finanziari.
Con l’occasione della riunione dell’Eurogruppo lunedì 10 ottobre, i Paesi coinvolti hanno in programma di riprendere il discorso e lavorare su un’intesa su una nuova tassa da applicare sugli scambi di azioni e derivati.
L’Italia è tra i Paesi interessati, insieme a Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Grecia, Austria, Belgio, Slovenia e Slovacchia.
Il fattore che spinge i governi verso la generazione di una nuova tassa sul trading su azioni e derivati è presto detto: un ulteriore gettito fiscale direttamente nelle casse dello Stato.
Ma i sostenitori dell’introduzione della nuova tassa per l’investimento su azioni e derivati nascondono i propri interessi dietro il “nobile” tentativo di ridurre la speculazione sui mercati, rendendo le piazze finanziarie molto più stabili e sicuri.
Ai trader privati, invece, quest’intenzione non sembra altro che un nuovo modo per lucrare sui profitti generati da posizionamenti frutti di studio e lunghe analisi. Per non parlare dei fondi di investimento, alcuni assai potenti nello scenario europeo, pronti a tutto pur di non veder erosa la propria redditività.
Tasse su azioni e derivati: attesa per novità dall’Eurogruppo
A riportare la notizia per cui l’Italia ed altri 9 paesi membri dell’UE torneranno a confrontarsi sulla tassa sulle transazioni finanziarie è l’agenzia Reuters. Lunedì prossimo, a seguito della consueta riunione dei ministri dell’Eurozona, i paesi interessati all’introduzione della TTF si incontreranno per un aggiornamento.
Le fonti citate dall’agenzia, tuttavia, non si attendono aggiornamenti importanti né una svolta su un prossimo arrivo dell’imposta.
Ormai l’idea di tassare il trading su alcuni strumenti finanziari a livello europeo è in campo da oltre cinque anni ma i paesi UE coinvolti riscontrano molte difficoltà ad accordarsi sulle modalità di applicazione della tassa.
Troppe volte le novità attese non si sono verificate, quindi è opportuno andarci con i piedi di piombo.
Intanto è bene cogliere l’occasione per ricordare a che punto è arrivata ad oggi la trattativa che, una volta ufficializzata, porterà nuove tasse nel mondo del trading.
Tasse su azioni e derivati: la situazione ad oggi
Le ultime novità risalgono allo scorso dicembre. I 10 paesi coinvolti hanno concordato alcuni dettagli sulla tassa da applicare per il trading su azioni e derivati, tra cui un’imposta da applicare sugli scambi intraday, l’applicazione dell’imposta anche per i market maker che offrono i derivati e una nuova gestione dei market maker sul fronte dello scambio di azioni.
E poi ancora una base imponibile aumentata per l’applicazione dell’imposta sui derivati.
Finora, però, sono solo parole. Ma secondo la normativa europea bastano nove paesi membri per procedere ufficialmente.
Intanto la Commissione europea ha già stimato che una tassa del genere possa portare un introito di circa 22 miliardi di euro ogni anno, il che per l’Italia si tradurrebbe in un entrata tra i 3 e i 6 miliardi di euro annui. Senza considerare la Tobin Tax.
Tassa transazioni finanziari: quali novità in arrivo?
Si respira, comunque, aria di novità.
I 10 paesi dell’Unione Europea che, almeno nelle intenzioni, vogliono una tassa sulle transazioni finanziarie - tra cui l’Italia - si incontrano nel Lussemburgo nella giornata di lunedì, nel tentativo di sbloccare la situazione di stallo ormai ferma a cinque anni fa.
Il ministro delle Finanze austriaco Hans Joerg Schelling, che guiderà i colloqui, un mese fa ha dichiarato che «deve essere presa una decisione nel mese di ottobre» sulla tassa per le transazioni finanziarie.
Senza di questa, Schelling ha anticipato che si dimetterà come leader del gruppo ed interpellato l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico per un sostegno risolutivo ai problemi restanti sull’applicazione della tassa.
A giugno due gruppi di lavoro sono stati incaricati di studiare delle soluzione per i punti più critici - dal trattamento fiscale dei derivati sui titoli di stato a come rendere l’imposta sostenibile. Questi dovrebbero presentare degli aggiornamenti sulla questione, come confermato dal portavoce del ministero delle Finanze austriaco Johannes Frischmann. Ci si aspetta inoltre una risposta dell’OCSE, che dovrebbe essere già pronta.
La Commissione europea, braccio esecutivo dell’Unione europea, ha proposto l’imposta sulle transazioni finanziarie per la prima volta nel 2011 nel tentativo di ricavarne un «giusto contributo» per il costo della crisi finanziaria. Fallita la proposta tra la totalità dei 28 paesi dell’UE, un gruppo di paesi membri più piccolo ha cercato un compromesso, tra cui l’Italia.
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