Il nuovo stop della Russia e il blocco delle esportazioni condizionano anche il nostro Paese con aumenti dei prezzi dei prodotti derivati dal grano.
In questi ultimi giorni il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha fatto sapere che l’accordo mediato dalle Nazioni Unite per il trasporto dei cereali nel Mar Nero si interromperà unilateralmente.
La fine dell’intesa riporta al centro delle preoccupazioni internazionali il tema della sicurezza alimentare, in particolare rispetto ai prezzi del grano che - dallo scoppio della guerra in Ucraina ad oggi - avevano già subito forti oscillazioni.
Le tensioni tra Russia e Ucraina hanno infatti reso pericoloso l’attraversamento del tratto di mare per le navi mercantili con forti impatti sulle attività di export e le assicurazioni infatti si mostrano restie a correre rischi tanto elevati pur di continuare a operare su queste tratte.
Arriva così il bollettino di Assoutenti, Associazione Nazionale Utenti Servizi Pubblici che tutelare e promuovere i diritti fondamentali dei consumatori, che parla di incrementi dei prezzi di listino per tutti i prodotti derivati dal grano. Sotto osservazione il panorama nazionale in cui osserviamo l’aumento del prezzo medio del pane a quota 4,3 euro al kg e quello della pasta a 2,29 euro al kg. Qui di seguito un focus sulle città della Penisola maggiormente colpite dai rincari.
Le conseguenze per le famiglie italiane
I dati riportati da Assoutenti vengono commentati anche dal presidente Furio Truzzi:
«Lo stop della Russia all’accordo Onu per l’export alimentare dell’Ucraina, i raid che hanno distrutto 60mila tonnellate di grano e il crollo della produzione fino al -60% per gli effetti del clima, rischiano di scatenare uno tsunami che si riverserà direttamente sulle tasche delle famiglie».
Questo comporta, spiega ancora Truzzi che, a fronte di un nucleo di 4 persone spende in media in Italia 1.320 euro annui per pane e cereali (pasta, riso, gallette, crackers, e derivati vari), ci si debba aspettare un aumento dei prezzi al dettaglio del 10%. Tradotto in cifre ancor più concrete, si parla di una spesa maggiorata di +132 euro annui a famiglia - solo per costi diretti.
Anche la pasta è a rischio: la classifica nazionale dei costi
La pubblicazione della nota di Assoutenti viene accompagnata da uno studio dettagliato sul rincaro dei prezzi della pasta di cui si registra un consumo annuo pro capite di circa 23 kg.
L’associazione ha quindi stilato una classifica delle città italiane dove questo prodotto costerà di più. L’analisi è stata condotta in base al prezzo medio (prezzi euro/kg) e vi riportiamo qui le prime 10 posizioni dell’elenco:
Pescara | 2,50 euro |
Cagliari | 2,37 euro |
Genova | 2,37 euro |
Macerata | 2,37 euro |
Venezia | 2,35 euro |
Ravenna | 2,31 euro |
Forlì | 2,31 euro |
Modena | 2,30 euro |
Pordenone | 2,30 euro |
Ancona | 2,29 euro |
Vercelli | 2,29 euro |
A soffrire meno invece le città di Avellino (1,59 euro/kg), Siracusa (1,54 euro/kg), Catanzaro (1,53 euro/kg), Palermo (1,49 euro/kg), Benevento (1,48 euro/kg) e Cosenza (1,47 euro/kg).
Rialzo sui costo del grano: la risposta internazionale
Ma come intendono rispondere gli Stati a questa nuova fase di incertezza alimentare? In previsione di questa nuova ondata di rialzi Stati Uniti e Canada hanno in mente di aumentare la produzione per compensare la minore disponibilità di grano ucraino.
I paesi europei invece stanno ancora lavorando ad una soluzione condivisa per mitigare l’impatto sulle loro economie. Spicca però l’interesse manifestato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan che invoca azioni tempestive e si promuove come possibile interlocutore diretto di Vladimir Putin. La Turchia ha infatti fatto sapere che userà «tutti gli strumenti della diplomazia per far ripartire l’accordo sui cereali del Mar Nero».
Il bilancio complessivo deve tuttavia tener conto anche delle condizioni di quei Paesi che non possono permettersi un «boost» produttivo né l’apertura di canali diplomatici. Su questo fronte le indagini dicono che la riduzione delle forniture di grano ucraino avrà un impatto negativo soprattutto sui paesi del Corno d’Africa e parte del Medio Oriente, che hanno già da tempo registrano un aumento diffuso della fame.
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