Infrastrutture e alta velocità: dove finiscono i contributi statali alle Ferrovie dello Stato?

Erasmo Venosi

19 Maggio 2022 - 19:40

I contributi statali alle Ferrovie dello Stato e le aspettative mancate: redditività sociale, finanziaria, economica ed ecologica dell’azienda. Il caso Salerno/Reggio Calabria.

Infrastrutture e alta velocità: dove finiscono i contributi statali alle Ferrovie dello Stato?

Una rilevante quota dei contributi versati dai cittadini italiani viene trasferita alle Ferrovie dello Stato e classificata come “corrispettivi”. Redditività sociale, finanziaria, economica e contributo al processo di decarbonizzazione appaiono sottratti a qualsiasi vincolo.

Analisi indipendenti hanno appurato che, tra il 1990 e il 2016, le spese di tutto il settore ferroviario sono state pari a 555 miliardi di euro, di gran lunga superiori rispetto ai ricavi commerciali (117 miliardi).

Il saldo di 438 miliardi è stato coperto dal contribuente italiano. Un peso spropositato per un settore che, prima della pandemia, trasportava l’11% di quota merci. In termini di fatturato sul totale della spesa di trasporto su strada, questo 11% corrisponde a un misero 2%, mentre un 7% (passeggeri*km) riguarda la mobilità delle persone.

Negli ultimi 15 anni, con l’alta velocità realizzata, i veicoli sono aumentati di un quinto. Su questa massa immensa di soldi del contribuente, che sono i veri azionisti, la “censura” è totale: sono le ferrovie efficienti? Gli obiettivi sono conseguiti al minimo costo?

Le ferrovie sussidiate dallo Stato e non sono tenute a rendicontare né i risultati economici, né quelli finanziari delle infrastrutture realizzate. Investimenti tutti a carico dello Stato, come la manutenzione della rete alta velocità: contratto agevolato per l’energia elettrica che i consumatori pagano con la bolletta.

I dati dei peggioramenti nei tempi di percorrenza e le false promesse sulla velocità

Gli investimenti, se non sono di qualità, rappresentano solo redistribuzione di soldi pubblici verso potenti gruppi economici che riescono a catturare e rendere legittimo “l’arbitrio del principe”. Alcuni esempi di peggioramento dei tempi di percorrenza negli ultimi 20 anni:

  • Il treno notturno Milano/Reggio Calabria nel 1997 impiegava 13 ore e 55 minuti a compiere la tratta: oggi ne impiega 18 partendo da Milano alle 21.50, con la necessità di prendere 2 Intercity e un costo di 100 euro.
  • La linea adriatica è raddoppiata nelle tratte: nel 1997, su Intercity da Milano a Lecce si impiegavano 9 ore e 28 minuti. Oggi, con l’Intercity delle 21.15 da Milano, si raggiunge Lecce dopo 11 ore e 35 minuti. Con il Frecciarossa delle 14.05, s’impiegano 8 ore e 51 minuti.
  • La nuova linea Torino/Milano: il quadruplicamento della Milano/Treviglio, la nuova linea Treviglio/Brescia, avrebbe dovuto migliorare la circolazione. L’Intercity che collegava nel 1997 Torino con Venezia impiegava 4 ore e 10; oggi con il Frecciarossa di mezzogiorno si impiegano 4 ore e 12 minuti spendendo 65 euro.
  • L’annuncio, di sette anni fa, di una Milano/Roma in 2 ore e 20 minuti, viaggiando con l’Etr1000, niente meno che a 350 Km l’ora. Da Milano a Roma, i tratti di linea dove è possibile viaggiare a 300 Km/h ammontano a 155 km tra Milano/Bologna. I restanti 59 Km si percorrono a 250 km/h, come i 92 km della Bologna/Firenze e i 262 km della Firenze /Roma. Solo un 27% della distanza Milano/Roma è percorribile a 300 Km/h. Solo con la non-stop si impiegano 2 ore e 59 minuti, a una velocità commerciale di circa 190 km/h.

Annunci roboanti con investimenti e partecipazioni all’estero, mentre al di fuori delle costosissime linee ad alta velocità persiste l’inferno della mobilità su ferro.

Un servizio sociale che comporta trasferimenti statali annui dell’ordine di 8 miliardi di euro l’anno più 4 miliardi per il fondo pensioni, che presenta la situazione descritta.

Il caso Av della tratta Salerno/Reggio Calabria: un’Acb sospetta

Le Fsi controllano all’estero: 36 imprese, 11 joint venture, 10 partecipazioni, 5 partecipazioni non collegate, e possiedono sedi in Italia, Germania, Austria, Francia, Regno Unito, Svizzera, Olanda, Belgio, Danimarca, Svezia, Grecia, Turchia, Russia, Stati Uniti, Qatar, India ed Emirati Arabi Uniti.

Un’azienda di questa portata, sussidiata con denaro pubblico, dovrebbe avere come priorità migliorare i trasporti su tutta la rete ferroviaria. La marea di risorse pubbliche continua ad essere trasferita a questa società, che il massimo dell’assurdo lo raggiunge con il progetto alta velocità Salerno/Reggio Calabria: un percorso che sventra montagne, attraversa fiumi e valli, 170 km di gallerie che producono smodate quantità di biossido di carbonio.

Il progetto SA/RC è stato legittimato da un’analisi costi benefici (Acb) che ha suscitato severe critiche. L’Acb metteva in evidenza:

  • Il costo di realizzazione di due dei 7 lotti, pari a 9.400 milioni di euro (comprensivo anche della galleria Santomarco tra Paola e Cosenza);
  • I ricavi dai pedaggi, cioè dall’uso della rete, di 400 milioni di euro nei prossimi 40 anni;
  • La stima dei benefici sociali a 6,6 miliardi di euro;
  • I costi pari a 5,9 miliardi di euro.

Studiosi di varia estrazione hanno criticato questi calcoli. Paolo Beria, autorevole professore del Politecnico di Milano e membro del Traspol - Research Centre on Transport Policy, nel suo contributo scritto al Dibattito Pubblico sulla linea ad Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria del 25 aprile 2022, evidenzia che:

l’Acb dovrebbe essere condotta per scegliere tra opzioni alternative e non per “confermare” la bontà (worthwhileness) di una singola opzione già scelta. Dunque, anche coerentemente con tutte le linee guida nazionali ed europee, l’Acb va effettuata per più scenari di progetto,

ed espone i limiti economici di un’analisi costi benefici limitata a un unico scenario che, inevitabilmente, porta a un saldo negativo.

Non si comprende, dopo tanti sperperi connessi proprio alle tratte ad alta velocità, perché l’Acb non venga fatta dalla Corte dei conti o dal ministero delle Finanze, oltre a essere utilizzata per dimostrare l’incidenza sulla crescita, invece di adoperare il moltiplicatore aggregato utilizzato in ogni modello sugli investimenti.

Infine, l’Acb sulla SA/RC ostenta i sicuri benefici di decarbonizzazione. Vero, se si effettua l’intera analisi del ciclo di vita delle infrastrutture dimostrando il saldo a favore della riduzione. Uno studio molto approfondito del Royal Institute di Stoccolma dimostra che le linee Av presentano un bilancio favorevole al clima se non presentano “gallerie estese”. Su 443 Km della Sa/RC circa 160 sono proprio gallerie!

Viene da chiedersi quanto in effettiva il progetto SA/RC aiuterà a ridurre di almeno 200 milioni di tonnellate la produzione di CO2. Obiettivo da raggiungere entro 8 anni per rispettare gli obiettivi Ue e le raccomandazioni Ipcc, e per il quale abbiamo ottenuto quasi 200 miliardi dall’Europa.

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