Bitcoin corre sulle energie rinnovabili: è davvero sostenibile?

Riccardo Pierdiluca

16 Marzo 2025 - 08:21

Saranno proprio le tanto discusse Big Farm del mining di Bitcoin a dare l’impulso per lo sfruttamento di fonti di energia alternative ed ecologiche?

Bitcoin corre sulle energie rinnovabili: è davvero sostenibile?

La questione del consumo energetico di Bitcoin e il suo potenziale impatto sullo sviluppo delle energie rinnovabili è molto dibattuta, in relazione alla produzione di Bitcoin, tecnicamente chiamato mining di bitcoin, i governi di tutto il mondo hanno assunto posizioni differenti che vanno dalla proibizione o tassazione di Cina, Svezia e Thailandia, all’approvazione e sostegno come la Russia, El Salvador e il Buthan, ed anche negli USA, dove ogni Stato applica la propria politica, mentre lo Stato di New York emette una moratoria al mining, il Texas, invece, introduce incentivi fiscali a favore.

Improvvisamente ci siamo accorti che la rete Bitcoin, tramite il processo di mining, richiede una quantità significativa di energia, stimata intorno ai 120.000 - 160.000 gigawattora (GWh) all’anno, un consumo paragonabile a quello di interi paesi di medie dimensioni, come l’Argentina o la Svezia.

Cuore del problema sono principalmente le Big Farm del mining

Una big farm di Bitcoin è un enorme centro di calcolo dove centinaia o migliaia di computer lavorano senza sosta per «creare» nuovi Bitcoin. All’interno di enormi capannoni pieni di questi computer che lavorano senza sosta, lo scopo è cercare di risolvere puzzle matematici per vincere un premio: Bitcoin. Più calcoli fanno, più energia consumano. È una competizione globale, e chi ha i computer più potenti ha maggiori possibilità di vincere.
Le big farm del mining operano 24 ore su 24, affamate di energia elettrica. Questo enorme consumo viene considerato spropositato e anomalo, l’elettricità non è destinata ad un uso produttivo configurandosi come un inutile spreco e può rappresentare un problema sia di fornitura che ecologico in quanto in Paesi che dipendono ancora da fonti fossili (come carbone o gas), il mining può aumentare significativamente le emissioni di CO₂.

La Svezia ha chiesto all’Unione Europea di vietare il mining di criptovalute ad alto consumo energetico per rispettare gli obiettivi climatici.
Nel novembre 2024, durante una conferenza delle Nazioni Unite sul clima, è stata proposta una tassa sul consumo energetico delle attività di mining di criptovalute. Questa tassa, se implementata, potrebbe generare fino a 5,2 miliardi di dollari all’anno, destinati a finanziare iniziative per il clima.

Perché le Big Farm del mining sono così energivore e quanto può essere produttiva quest’attività?

I computer e le macchine appositamente create per svolgere il lavoro di mining sono accese 24 ore su 24, tutti i giorni e lavorano alla massima potenza, ogni macchina da sola può assorbire da tre a dieci kW/h e all’interno delle aziende che si occupano di mining trovano posto decine di migliaia di queste macchine.
Tutta questa attività computazionale serve per ottenere le ricompense dalla rete Bitcoin, ogni volta che una delle macchine riesce a dare la soluzione a quello che potremmo definire un “quiz crittografico” riceve alcuni bitcoin come premio.

Ad esempio, nel primo trimestre del 2021, la società Bitfarms ha estratto 598 Bitcoin, in dollari potrebbe essere una cifra compresa tra i 30 e i 50 milioni di dollari in tre mesi relativamente alla quotazione corrente del Bitcoin.

Questi ricavi sono però destinati anche alle ingenti spese di gestione e la redditività di una big farm di mining Bitcoin è influenzata da una combinazione di fattori, tra cui i costi iniziali dell’hardware, le spese operative (soprattutto energetiche), il prezzo corrente del Bitcoin e la difficoltà per risolvere il problema criptografico.

Il costo medio per produrre un singolo Bitcoin varia a seconda delle condizioni operative e dei costi energetici locali. Ad esempio, in alcune regioni, il costo di produzione può essere inferiore al valore di mercato del Bitcoin, rendendo l’attività di mining redditizia.

Il nodo cruciale che le Big Farm del mining si trovano ad affrontare è legato quindi al consumo e al costo dell’energia.
Le grandi aziende di mining sono incentivate a ridurre i costi energetici per mantenere la redditività, e questo le spinge a cercare fonti di energia più economiche e, talvolta, più sostenibili. In quest’ottica alcune farm stanno passando a fonti ecologiche come il vento o il sole per ridurre l’impatto ambientale ed altre si rivolgono a soluzioni ancora più innovative.

Tra gli esempi di mining ecologico figurano El Salvador, che sfrutta l’energia geotermica vulcanica per il mining di Bitcoin, e i progetti di «flaring», in cui alcune farm riutilizzano il gas metano disperso nei processi industriali, convertendolo in energia per alimentare le operazioni di mining.

Il Bitcoin assume quindi un aspetto di incentivo per le energie rinnovabili e un impulso allo sviluppo di infrastrutture energetiche alternative come ad esempio lo stoccaggio di energia che consente di sfruttare energia in eccesso (es. parchi eolici e solari) che altrimenti andrebbe persa, la stabilizzazione delle reti in quanto le farm possono ridurre il consumo in momenti di picco, aiutando a stabilizzare la domanda energetica e gli Investimenti in energie rinnovabili finanziando nuovi progetti di energia puliti

In un settore in continua evoluzione, rimanere aggiornati sulle migliori pratiche e sulle strategie più efficaci è fondamentale. Per chi desidera approfondire la propria conoscenza e acquisire competenze utili, può essere utile seguire un corso introduttivo, che fornisce una panoramica generale sul mining e le informazioni necessarie per creare il primo mining Rig.

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