I prezzi dei metalli volano grazie alle misure economiche promesse dalla Cina e alle prospettive di altri tagli ai tassi da parte della Fed. Il boom di queste materie prime può durare?
Le materie prime volano, spinte dalle novità arrivate da Cina e Federal Reserve. A beneficiare degli stimoli del dragone e della riduzione del costo del denaro da parte della banca centrale statunitense sono i metalli e il minerale di ferro, strettamente correlati alle previsioni di una maggiore crescita economica.
Nel dettaglio, i prezzi del minerale di ferro sono saliti di un altro 1,8% venerdì 27 settembre a più di $100 a tonnellata metrica, il rame ha superato la soglia chiave di $10.000 a tonnellata, l’oro ha raggiunto un altro record e l’argento ha toccato il massimo di 12 anni.
Le aspettative di ulteriori tagli dei tassi di interesse da parte della Fed hanno fatto aumentare i prezzi dei metalli preziosi, con i lingotti d’oro che proseguono la loro corsa supportati dalla politica monetaria accomodante che, solitamente, indebolisce il dollaro.
Intanto, i riflettori dei mercati finanziari si sono accesi sulla Cina. Pechino ha intensificato gli sforzi per rilanciare la crescita economica del più grande consumatore di metalli al mondo. Sulla scia dell’annuncio di un pacchetto robusto di stimoli - anche se restano riserve sulla effettiva capacità di influire sulla domanda dei consumatori cinesi - rame e minerali di ferro hanno registrato un’impennata.
Il boom dei metalli è indice di una svolta per la ripresa economica mondiale? Ecco di quanto sono aumentati i prezzi delle materie prime e cosa significano questi record.
Oro e argento brillano
L’argento ha raggiunto il livello più alto dal 2012, mentre l’oro ha registrato un nuovo record.
Il metallo bianco è salito fino al 2,8% a $32,71 l’oncia giovedì 26 settembre, estendendo il guadagno di quest’anno al 37%. Il suo rialzo è avvenuto durante un ampio rally per i metalli preziosi, con l’oro che ha raggiunto un altro massimo storico. Entrambi i metalli sono poi lievemente scivolati dopo che gli ultimi dati statunitensi hanno mostrato che il mercato del lavoro è rimasto resiliente.
L’argento è una delle principali materie prime con le migliori performance dell’anno, poiché la svolta della Fed verso una politica monetaria più accomodante la scorsa settimana e la prospettiva di ulteriori tagli dei tassi hanno favorito questi metalli.
I guadagni sono stati supportati anche dalla possibilità di un maggiore utilizzo industriale, poiché la Cina si sta muovendo per dare impulso alla sua economia, mentre i flussi verso fondi negoziati in borsa sostenuti dall’argento hanno mostrato segnali di ripresa.
Nella giornata di giovedì 26 settembre, l’oro ha toccato il record di 2.685,58 dollari l’oncia, superando il massimo storico registrato nella sessione precedente. Nelle prime ore della mattina di venerdì 27 settembre, il prezzo dell’oro rimane a un passo dal nuovo massimo storico di 2.686 dollari, mentre gli acquirenti si prendono una pausa e consolidano i guadagni settimanali in attesa della pubblicazione dei dati sull’indice dei prezzi delle spese per consumi personali negli Stati Uniti, in programma nel primo pomeriggio (ore italiane).
Boom per rame e minerale di ferro
Il rame è tornato a superare i 10.000 dollari a tonnellata e il minerale di ferro si è spinto oltre i 100 dollari dopo le novità provenienti dalla Cina.
Il prezzo del rame è salito di oltre il 2% al massimo degli ultimi tre mesi sul London Metal Exchange dopo che l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua ha riferito che il Politburo cinese spingerà affinché il mercato immobiliare si riprenda dalla crisi e ha chiesto tagli eccezionali dei tassi. Ciò è seguito a un rapporto di Bloomberg secondo cui la Cina sta considerando un’iniezione di capitale di 142 miliardi di dollari nelle più grandi banche statali.
La mossa di Pechino ha fatto seguito a una serie di misure di stimolo cinesi all’inizio della settimana, volte a dare impulso alla sua economia ancora debole. Alcuni si erano chiesti se ciò sarebbe stato sufficiente ad allentare le pressioni deflazionistiche o ad aumentare i consumi di immobili e infrastrutture, entrambi cruciali per i metalli.
“Pensiamo che questa sia una reazione un po’ esagerata al rialzo. Queste misure politiche, dalla Cina o dalla Federal Reserve negli Stati Uniti, molto probabilmente non si tradurranno in alcun aumento della domanda nel prossimo futuro”, ha affermato Bart Melek, stratega delle materie prime presso la Toronto Dominion Bank.
A maggio, il rame ha raggiunto un record di oltre 11.000 dollari a tonnellata, in seguito a un’ondata di scommesse speculative su future carenze, ma la crescita si è rapidamente esaurita quando l’attenzione si è spostata nuovamente sulla debole domanda e sulle fragili condizioni di mercato in Cina.
I rischi politici degli Stati Uniti hanno inoltre offuscato le prospettive per i metalli di base, nonché i tempi della ripresa della crescita globale, ha affermato Citigroup Inc. in una nota.
Intanto, il rame ha chiuso in rialzo del 2,7% a 10.080,50 dollari a tonnellata, mentre lo zinco è salito del 3,4% e l’alluminio del 2,9%. Il minerale di ferro è stato scambiato fino a 101,25 dollari a tonnellata a Singapore, il prezzo più alto dal 2 settembre.
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