Anche per i lavoratori in smart working i buoni pasto devono prevedere l’esenzione fiscale. La risposta dell’Agenzia delle Entrate a un interpello.
Buoni pasto con esenzione Irpef anche per i lavoratori in smart working. L’Agenzia delle Entrate chiarisce la situazione che riguarda l’esenzione per i buoni pasto dei lavoratori in smart working proprio in questo momento in cui questa tipologia di lavoro si sta diffondendo sempre più anche nel settore privato. Con la risposta all’Interpello 9562631/2020 l’Ade ricorda che all’articolo 4 del decreto ministeriale 122 del 2017 è già previsto che i buoni pasto siano erogabili a tutti i lavoratori dipendenti, sia a tempo pieno che part time anche nel caso che l’orario di lavoro non preveda una pausa per consumare il pasto.
L’Agenzia delle Entrate nella risposta chiarisce che i buoni pasto, pur non avendo una natura tributaria, hanno rilevanza anche dal punto di vista fiscale. La norma, infatti, tiene conto della circostanza che la realtà lavorativa è sempre più caratterizzata da forme di lavoro flessibile.
La normativa fiscale dei buoni pasto
Anche se la normativa fiscale italiana non prevede una definizione delle prestazioni erogate dal datore di lavoro in sostituzione della mensa aziendale, anche se nell’articolo 51, comma 3 del Tuir, alla lettera c) si specifica che i buoni pasto sono esentasse entro i 4 euro giornalieri, somma che sale a 8 euro giornalieri se i buoni pasto sono in formato elettronico.
L’articolo in questione specifica che
le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica; le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29.
Tali somme non concorrono alla formazione del reddito imponibile del lavoratore e totalmente deducibili per chi li eroga.
Tra l’altro la normativa non prevede neanche limiti nell’erogazione dei ticket in questione da parte del datore di lavoro ai dipendenti, l’unico limite che pone è nella somma giornaliera che risulta essere non imponibile ai fini Irpef.
I buoni pasto, di fatto, per i lavoratori dipendenti non concorrono alla formazione di reddito imponibile e lo stesso vale anche per i lavoratori in smart working perché questo tipo di agevolazioni fiscali devono essere riconosciute indipendentemente da dove il lavoratore svolge la propria attività, a patto che sia, appunto, un dipendente.
Neanche per i lavoratori in smart working, quindi, il datore di lavoro deve applicare la ritenuta di acconto ai fini Irpef.
La risposta all’Interpello dell’Ade
La conclusione dell’Agenzia delle Entrate riguardo ai buoni pasto erogati ai lavoratori in smart working, è che se i ticket sono riconosciuti anche ai lavoratori agili, il datore di lavoro, anche in questo caso, no deve applicare la ritenuta Irpef sul valore degli stessi fino ai limiti previsti (4 euro o 8 euro per quelli elettronici).
L’Agenzia specifica che
Con riferimento al caso in esame, in cui l’Istante riconosce i buoni pasto ai lavoratori agili, si ritiene che gli stessi non concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera c), del Testo unico delle impose sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir). Pertanto, l’Istante non sarà tenuto ad operare anche nei confronti dei lavoratori in smart-working, la ritenuta a titolo di acconto Irpef, prevista dall’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973, sul valore dei buoni pasto fino a euro 4, se cartacei, ovvero euro 8, se elettronici.
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