Nessun club internazionale ha speso più dei 70 milioni sborsati dal Milan per assicurarsi le prestazioni di Piatek e Paquetà. Attenzione però alle insidie legate alle norme sul Fair play finanziario
Il Milan torna a primeggiare nella speciale classifica dei club che hanno speso di più nella finestra invernale del calciomercato.
I 70 milioni spesi per gli acquisti di Krzysztof Piatek dal Genoa e Lucas Paquetà dal Flamengo (entrambi per 35 milioni di euro), conferiscono alla società rossonera il primato non solo della Serie A ma di tutti i campionati internazionali.
Da questo conteggio vengono ovviamente escluse le spese di Barcellona e Chelsea, che verranno finalizzate nella prossima finestra di calciomercato. I catalani hanno investito, per il prossimo mercato estivo, oltre 85 milioni di euro complessivi per l’acquisto di De Jong; i Blues, invece, 64 milioni di euro per Pulisic, ma sempre per la prossima finestra di calciomercato. Le squadre che seguono il Milan sul podio dei paperoni invernali sono il Bournemouth, con una spesa di 34,8 milioni di euro, e il Lipsia con 19 milioni.
Attenzione al Fair Play Finanziario
Il Milan prossimamente giocherà una partita importante: quella legata al Fair Play Finanziario, i cui paletti sarebbero stati violati, secondo la UEFA, dalla società rossonera tra il 2014 e il 2017. Le sanzioni cui va incontro il club di Milano sono molte severe: sarebbe prevista una multa da 12 milioni di euro, la riduzione della rosa per le future competizioni internazionali relative al triennio 2019-2021 e il pareggio di bilancio entro il 30 giugno 2021, pena l’esclusione dalle competizioni europee per un anno.
Sanzione non gradita dal Milan che, a ridosso di Natale, ha deciso di avviare una procedura di ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna, lo stesso organo che a luglio restituì l’Europa ai rossoneri ribaltando la decisione dell’UEFA, grazie soprattutto all’intervento di Frank Tuil, esponente del fondo Elliott che era da poco subentrato a Yonghong Li alla guida del Milan.
Intanto il fondo Elliot continua a guadagnare
Nel mentre che il Milan si gioca le sue carte nel calciomercato, nel campionato e in tribunale, il fondo Elliott di Paul Singer continua a guadagnare e a far guadagnare. Il fondo, infatti, ha chiuso il 2018 in positivo, nonostante il 2018 sia stato un anno molto negativo per il settore.
Come rivela l’analisi Great Money Managers dell’inglese Lch Investments, sei hedge fund (fondi speculativi) su dieci hanno chiuso il 2018 in rosso. E i clienti dei fondi in questione hanno visto evaporare nel complesso 41 miliardi nel 2018.
Una cifra che sale a 64,2 miliardi se dal conto vengono esclusi i 23,2 miliardi di profitti generati per gli investitori dai venti hedge fund più redditizi di sempre, tra i quali al decimo posto c’è proprio Elliot, che ha fruttato 0,8 miliardi di profitti per i suoi investitori. Non è un caso se da quando è stato fondato, nel 1977, ha fatto guadagnare ai suoi clienti 25,1 miliardi di dollari.
Le mosse di Elliott in Italia, non solo AC Milan
Nel corso degli anni, ovviamente, le strategie di Paul Singer sono cambiate rispetto a quelle realizzate subito dopo la creazione del fondo.
Inizialmente, infatti, si concentrava sull’acquisizione a prezzi di saldo di crediti deteriorati (scaduti e non rimborsati) dedicandosi poi alla loro riscossione. E una delle sue prime grandi operazioni più remunerative fu l’acquisto di un’ampia porzione dei debiti rivenienti dal fallimento della Lehman Brothers, che portò nelle casse del fondo un guadagno stimato in circa il 120%.
Successivamente decise di lucrare sui default di alcuni dei Paesi emergenti: Perù, Congo e Argentina. Proprio quest’ultima per lui e per il fondo fu, senza dubbio, l’azione più grossa: oltre il 2000% di guadagno stimato.
In Italia oltre all’AC Milan, il fondo Elliot è uno dei maggiori azionisti di Tim, detenendone al momento l’8,84%. E proprio ieri il maggior azionista della compagnia telefonica italiana, la società francese Vivendi, ha inviato un esposto alla Consob contro Elliot, denunciando quest’ultima poiché avrebbe – secondo i francesi - interesse a ridurre il prezzo delle azioni di Telecom Italia e, quindi, manipolare il mercato.
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