Oro e gioielli di famiglia, a chi spettano in eredità? Le regole successorie tengono conto dei legami affettivi e personali tra gli eredi e il defunto?
I contrasti sull’eredità sono innumerevoli, così come sono indefinibili tutte le possibili cause di lite, dalle quote alla divisione dei beni. Fra i beni che maggiormente suscitano dibattiti vi sono senza dubbio l’oro e i gioielli di famiglia, non solo perché spesso hanno un valore consistente e facilmente profittevole, ma anche per le ragioni affettive e i ricordi. Il tema diventa poi scottante quando l’eredità deve essere condivisa con un estraneo nominato del testamento, che pur non essendo un familiare potrebbe ottenere i cimeli. Cerchiamo quindi di chiarire a chi vanno l’oro e i gioielli di famiglia alla morte del proprietario secondo la legge.
Oro e gioielli di famiglia, chi li eredita
Nonostante i gioielli di famiglia possano assumere una forte connotazione simbolica e sentimentale, la legge non li distingue in alcun modo rispetto a tutti gli altri beni che possono concorrere nell’asse ereditario. In effetti, nemmeno all’oro è riservata qualche forma particolare di successione, anche se si potrebbe comprensibilmente pensare diversamente.
Di conseguenza, non è possibile stabilire preventivamente chi potrà ereditare oro e gioielli. Questi ultimi, infatti, formano il patrimonio ereditario complessivo, sul quale tutti gli eredi vantano una proprietà proporzionale alla propria quota. Chi ha diritto a un terzo dell’eredità, per esempio, ha quindi diritto a un terzo dell’oro del defunto e alla proprietà di un terzo per ogni suo gioiello.
Chiaramente, questo crea non pochi disagi riguardo ai beni più appetibili e contesi. Non si può, infatti, stabilire una priorità fra gli eredi soltanto in ragione di motivazioni personali. L’unico mezzo con cui l’erede può assicurarsi determinati gioielli è il testamento, nel quale il defunto può nominarlo come legato e dunque affidargli uno o più beni specifici. Altrimenti, sempre con il testamento, il defunto ha la facoltà di organizzare la divisione ereditaria, purché avvenga sempre nel rispetto delle quote.
Gli eredi, poi, possono accordarsi sulla divisione anche in modo autonomo, per esempio dividendo i gioielli di famiglia in base all’importanza soggettiva di ognuno di loro, sempre tenendo conto della misura delle quote ereditarie. Quando ci sono conflitti, magari perché i beni non si prestano a questo tipo di divisione (ad esempio perché sono pochi o di valori eccessivamente disomogenei) bisogna rimettere la questione al giudice.
Quest’ultimo potrà quindi procedere alla divisione ereditaria, che in mancanza di diverso accordo sugli eredi, avviene in base al valore. Oro e gioielli vengono venduti e ogni erede riceve una parte del ricavato corrispondente alla propria quota ereditaria. Oltre al rischio di deprezzamento, questa soluzione non permette di conservare l’oggetto in sé ed è pertanto consigliabile subordinarla a diversi tentativi di accordo fra gli eredi.
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In ogni caso, non è prevista nessuna specificazione per la successione dei gioielli, dunque la legge non tiene conto dei legami personali e affettivi. Anche la fede nuziale del defunto, infatti, rientra nell’asse ereditario e non è dovuta necessariamente al Codice, come ricordato anche dal tribunale di Torino. Allo stesso modo, se il testamento nomina delle persone che non hanno legami di parentela con il defunto anche costoro possono vantare diritti sui gioielli di famiglia.
È evidente, così, che anche l’usanza frequente in diverse zone d’Italia di lasciare oro e gioielli ai figli del defunto non è altro che una forma di cortesia e abitudine, ma assolutamente non deriva da alcuna fondata pretesa giuridica. Quando ci sono degli interessi delicati in gioco, perciò, è sempre preferibile agire preventivamente, con la redazione di un testamento che possa assicurare agli eredi ciò effettivamente si vuole. In assenza di testamento, purtroppo, non si può far altro che tentare la strada dell’accordo.
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