Elezioni in Turchia: ultima chiamata per la lira turca? Il destino economico e finanziario di Ankara è appeso al sottile filo del voto: cosa può accadere con la vittoria o la sconfitta di Erdoğan?
Le elezioni in Turchia sono molto attese anche per l’effetto sulla lira turca e, in generale, sulle sorti della nazione economicamente malconcia e in preda a una sfiducia da parte degli investitori.
La valuta nazionale è destinata a subire una scossa, indipendentemente dall’esito delle elezioni di domenica tra il presidente Recep Tayyip Erdoğan e il contendente dell’opposizione Kemal Kılıçdaroğlu.
Quanto grave potrebbe essere un previsto crollo della lira turca - e quanto velocemente esso e altri asset turchi si stabilizzeranno successivamente - dipenderà dal fatto che il risultato porti a cambiamenti politici che mettano l’economia da 900 miliardi di dollari su un percorso di crescita più sostenibile. Questa la visione generale degli analisti.
A prima vista i mercati sembrano calmi, ma, appena sotto la superficie, stanno andando in tilt, come evidenziato in una analisi di Bloomberg: la volatilità e i costi di protezione dal rischio sono aumentati vertiginosamente, alcuni trading desk hanno sospeso le transazioni e persino gli hedge fund più a rischio stanno restando fuori.
La strada della Turchia verso una maggiore credibilità appare tutta in salita. Erdoğan ha intensificato le politiche non ortodosse dal 2018, incluso il taglio dei tassi di interesse per stimolare la crescita seppure con l’aumento dell’inflazione a livelli record (solitamente, tassi più alti combattono i prezzi in salita). Gli investitori stranieri hanno dimezzato le loro partecipazioni in azioni turche negli ultimi cinque anni e possiedono meno dell’1% di titoli di Stato denominati in lire.
Anche nello scenario favorito dal mercato - vittoria dell’opposizione - il percorso di ritorno all’economia tradizionale è destinato a essere accidentato. Cosa sta per accadere in Turchia con le elezioni? Gli scenari per la lira turca.
La lira turca e la sconfitta di Erdoğan
Una vittoria di Kılıçdaroğlu e il controllo del parlamento da parte dell’opposizione è visto come il risultato più positivo per il mercato, anche se con nuovi rischi che circondano l’inversione dalle politiche non ortodosse.
L’alleanza di opposizione ha promesso il ritorno a una politica dei tassi di interesse simile a quella di altri paesi e la nomina di un capo della banca centrale «autonomo», evidenziando il contrasto con Erdoğan, che ha cacciato tre governatori dal 2019 alla ricerca di bassi costi di indebitamento.
Gli analisti di JPMorgan e HSBC prevedono un deprezzamento della lira a circa 24-25 per dollaro, da 19,5 di oggi. David Austerweil, vice gestore di portafoglio per i mercati emergenti di Van Eck Associates, ha affermato che andrà long sulle obbligazioni indicizzate all’inflazione della Turchia una volta che la lira supererà quota 30. I trader di opzioni vedono una probabilità del 65% che la lira sia a 23 contro il biglietto verde entro tre mesi.
La lira potrebbe svalutarsi in modo repentino durante l’annuncio dei risultati elettorali con la vittoria dell’opposizione, ha affermato Austerweil. Tuttavia, “una volta toccato il fondo, sia i depositanti locali che gli investitori stranieri inizieranno a convertire i dollari in lire”, poiché il nuovo governo dovrebbe “avviare immediatamente una grande serie di aumenti dei tassi per attirare capitali stranieri”.
Cristian Maggio, responsabile del portafoglio e della strategia ESG di Toronto Dominion Bank, ritiene che un ritorno all’ortodossia sarebbe comunque graduale, perché il rischio di un’esplosione della valuta, che sopprimerebbe anche l’espansione economica, sarebbe politicamente troppo costoso.
La conferma di Erdoğan sarà la disfatta per lira ed economia?
Una vittoria di Erdoğan e del suo AKP è ampiamente vista come negativa per il mercato. Sebbene questo risultato sia per lo più considerato come una continuazione di politiche non ortodosse, aumenta il rischio di un ulteriore distacco dei prezzi delle attività dalla realtà economica.
Dergachev di Union Investment si aspetta una lieve reazione nei mercati valutari e del credito in questo scenario. La domanda chiave sarà se il presidente cambierà la sua posizione sulla politica monetaria non o perseguirà sulla stessa strada di tassi bassi e inflazione che cresce.
Molte delle più grandi banche di Wall Street prevedono che le attuali politiche saranno invertite anche se Erdoğan rimarrà al potere, perché non sono più sostenibili.
Non tutti, però, credono in questo cambiamento. “La politica dei bassi tassi di interesse sembra essere una pietra angolare dell’agenda politica del presidente Erdoğan ed è quindi improbabile che cambi se rimane in carica”, ha affermato Ulrich Leuchtmann, responsabile della strategia valutaria di Commerzbank.
La Turchia in bilico con qualsiasi risultato
I gestori di fondi avvertono che sarà un compito davvero difficile ricostruire l’economia turca e riguadagnare credibilità tra gli investitori stranieri, indipendentemente da quale partito vincerà le elezioni.
Il cauto sentimento degli investitori arriva mentre Erdoğan combatte la sua più dura campagna per la rielezione dopo due decenni al potere. I sondaggi mostrano che Kılıçdaroğlu ed Erdoğan sono impegnati in una battaglia molto serrata pochi giorni prima delle elezioni, con gli elettori che puntano sull’economia come tema centrale.
Le politiche economiche non convenzionali di Erdoğan, tra cui un’obiezione di lunga data all’aumento dei tassi di interesse, hanno contribuito a far salire l’inflazione sopra l’85% in ottobre, mentre la lira è crollata di quasi il 60% negli ultimi due anni fino a un minimo storico rispetto al dollaro.
Meno dell’1% del debito pubblico interno della Turchia è di proprietà di stranieri, in calo rispetto a circa un quarto di dieci anni fa. Il sistema bancario, comprese le banche nazionali e le affiliate turche di prestatori stranieri, possiede ora quasi l’80% dello stock di debito sovrano locale da meno del 50% nel 2013, mostrano i dati del ministero delle finanze.
Una tendenza simile ha preso piede nel mercato azionario turco, dove gli investitori internazionali hanno strappato 7,3 miliardi di dollari negli ultimi dieci anni, secondo Goldman Sachs.
La banca centrale ha bruciato le riserve, dicono gli economisti, mentre i politici hanno cercato di sostenere la lira. Le attività estere nette, un indicatore delle dimensioni del “forziere di guerra” in valuta estera della Turchia, sono meno di $10 miliardi.
Gli investitori temono che un anche grande aggiustamento politico, sebbene importante nel lungo periodo, sarebbe assai doloroso nel breve termine. Molti esperti, per esempio, si aspettano che il tasso di interesse di riferimento della Turchia dovrà essere aumentato nel tempo dall’8,5% di oggi fino al 40% per dimostrare che il Paese sta compiendo uno sforzo credibile per domare l’inflazione.
Un aumento dei tassi di interesse di tale portata innescherebbe una grande svendita nel mercato obbligazionario interno della Turchia, che nel breve periodo sarebbe un disastro per gli investimenti esteri. Questo processo eserciterà anche danni alle banche nazionali poiché ora possiedono una quota così grande di obbligazioni locali.
Il destino della Turchia sembra essere davvero cupo, per chiunque diventi presidente.
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