“Messa alla prova" possibile una seconda volta in caso di continuazione del reato. La Corte Costituzionale interviene sul codice penale e dichiara l’illegittimità parziale dell’art. 168-bis comma 4.
La sospensione del processo con la messa alla prova può essere concessa una seconda volta quando i reati siano contestati in diversi procedimenti ma siano stati commessi con un’unica azione od omissione o in esecuzione di un unico disegno criminoso.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 174 (redattore Francesco Viganò) depositata il 12 luglio 2022, con cui ha dichiarato parzialmente illegittimo l’articolo 168-bis, quarto comma, del Codice penale.
Il Tribunale di Bologna aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 168-bis c. 4 c.p. nella parte in cui, stabilendo che la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato non possa essere concessa più di una volta, non prevede che l’imputato ne possa usufruire per reati connessi ex art. 12 c. 1 lett. b) c.p.p. con altri oggetto di procedimenti già definiti.
La Consulta ha ritenuto la questione fondata, dichiarando la parziale illegittimità costituzionale dell’articolo del Codice penale oggetto della discussione.
Approfondiamo in questo articolo la sospensione del procedimento con messa alla prova, la vicenda esaminata dal Tribunale di Bologna e le motivazioni riportate dal comunicato della Consulta.
L’istituto della cosiddetta “messa alla prova”
L’art. 168 bis del codice penale e l’art. 464 bis del codice di procedura penale disciplinano l’istituto della cosiddetta “messa alla prova”, introdotta con la legge del 28 Aprile del 2014 n. 67 ed entrata in vigore il 17 Maggio del 2014.
In relazione alla commissione di determinati reati individuati in base alla cornice edittale di pena, l’imputato ha la facoltà di richiedere la sospensione del processo con messa alla prova.
L’art. 168 bis c.p. così recita :
“Nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’articolo 550 del codice di procedura penale, l’imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova.
La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altre sì l’affidamento dell’ imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.
La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità. Il lavoro di pubblica utilità consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell’imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. La prestazione è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell’imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore.
La sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato non può essere concessa più di una volta.
La sospensione del procedimento con messa alla prova non si applica nei casi previsti dagli articoli 102,103,104,105 e 108.”
Dalla lettura della norma si evince come la sospensione del procedimento con messa alla prova non è solamente una modalità alternativa di definizione del procedimento, ma, allo stesso tempo, è una causa di estinzione del reato, in caso di esito positivo della prova svolta dall’imputato.
La ratio di questo istituto risiede principalmente nella necessità di garantire il decongestionamento del processo penale nella sua fase decisoria di primo grado, in relazione a reati di non elevato allarme sociale.
Per il caso in esame che stiamo approfondendo in questa sede, rileviamo che, al quarto comma dell’art. 168 bis c.p., in riferimento alla possibilità di messa alla prova dell’imputato, si specifica che non può essere concessa più di una volta.
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Cosa fa la Corte costituzionale?
La vicenda posta al Tribunale di Bologna
Un imputato, dopo essere stato arrestato per cessione di sostanze stupefacenti in modica quantità, aveva chiesto e ottenuto la messa alla prova con la sospensione del processo.
Dopo l’esito positivo della prova, era stato rinviato a giudizio per altri episodi di cessione di stupefacenti compiuti in periodi più o meno contestuali all’arresto, in esecuzione del medesimo disegno criminoso e dunque costituenti un unico reato continuato con quello precedentemente contestato.
L’imputato aveva quindi chiesto nuovamente la messa alla prova, ma la richiesta non era stata accolta dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bologna perché secondo l’articolo 168-bis, quarto comma, del Codice penale la messa alla prova può essere concessa una volta sola.
Ritenendo irragionevole, e perciò contraria all’articolo 3 della Costituzione, il Giudice a quo, a fronte di tale preclusione, ha ritenuto che la questione doveva essere devoluta ai Giudici di legittimità.
La Corte Costituzionale: possibile la «messa alla prova» per una seconda volta
La Consulta, con sentenza n. 174, depositata il 12 luglio 2022, ritenendo la questione fondata, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 168-bis, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede che l’imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova nell’ipotesi in cui si proceda per reati connessi, ai sensi dell’art. 12, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, con altri reati per i quali tale beneficio sia già stato concesso.
Come riporta il comunicato stampa diffuso dalla Corte, si rileva che: “... se tutti i reati commessi in continuazione fossero stati contestati nell’ambito di un unico procedimento, i relativi imputati ben avrebbero avuto la possibilità di chiedere e (…) di ottenere il beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova in relazione a tutti i reati”. Pertanto, risulta irragionevole che, quando tali reati siano invece contestati in distinti procedimenti, “gli imputati non abbiano più la possibilità, nel secondo procedimento, di chiedere e ottenere la messa alla prova, allorché siano stati già ammessi al beneficio nel primo”.
Sanzionare in modo unitario tutti i reati legati dalla continuazione
La Consulta ha osservato inoltre nel suo comunicato, che la preclusione si pone in contrasto con l’obiettivo del legislatore di sanzionare in modo sostanzialmente unitario tutti i reati legati dalla continuazione, ovvero commessi con un’unica azione od omissione, e di farlo anche attraverso il percorso, accentuatamente riparativo e risocializzativo proprio della messa alla prova.
In conseguenza della dichiarazione di illegittimità, il giudice dovrà compiere «una nuova valutazione dell’idoneità del programma di trattamento e una nuova prognosi sull’astensione dalla commissione di ulteriori reati da parte dell’imputato», tenendo conto della natura e della gravità dei reati oggetto del nuovo procedimento, così come del percorso di riparazione e risocializzazione eventualmente già compiuto durante la prima messa alla prova
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