Cos’è il geoblocking? La possibile abolizione da parte del Parlamento UE sarebbe un duro colpo per il business di streaming del calcio ma un’opportunità di risparmiare per gli utenti.
Cos’è il geoblocking? È questa la domanda che risuona in queste ore, con la notizia per cui il Parlamento europeo starebbe valutando una proposta che prevede la sua abolizione.
L’addio al geoblocking potrebbe avere un enorme impatto sulla fruizione del calcio in streaming in Italia. La proposta di abolizione, secondo alcune fonti non ufficiali, dovrebbe essere discussa a Strasburgo il 13 dicembre 2023. Avanzata dall’eurodeputata danese Karen Melchior, l’abolizione del geoblocking varrebbe anche per i contenuti streaming del calcio, implementando quindi il già esistente regolamento del 2018.
L’approvazione di tale proposta comporterebbe per tutti gli appassionati di calcio, la possibilità per di sottoscrivere abbonamenti a servizi di streaming esteri. Ne consegue, l’accesso a un ventaglio di offerte decisamente maggiore e, dunque, la possibilità di sottoscrivere abbonamenti a un prezzo più basso rispetto a quelli disponibili in Italia.
Vediamo ora nel dettaglio cos’è il geoblocking, perché il Parlamento europeo sta valutando una sua possibile abolizione, anche in riferimento allo streaming degli eventi sportivi, e quale potrebbe essere l’impatto sul business dello streaming del calcio e sul portafoglio dei cittadini italiani.
leggi anche
Come cambiare indirizzo IP
Cos’è il geoblocking
Il geoblocking, letteralmente “blocco geografico”, è quel sistema che blocca i contenuti in base all’area geografica dalla quale vi si accede. Tale blocco vieta, per esempio, di abbonarsi a piattaforme di streaming estere e, dunque, di avere accesso a determinati contenuti disponibili soltanto in quelle piattaforme. Il geoblocking si applica a diversi tipi di contenuti audiovisivi, dallo streaming di film ed eventi sportivi alla musica o all’accesso alle news, ma anche all’e-commerce e al gioco d’azzardo.
A identificare la posizione geografica di un dispositivo è l’indirizzo IP di cui sono dotati tutti i dispositivi di navigazione online. Ogni volta che si effettua l’accesso a un sito web i server online verificano la posizione dell’IP e in base a questo permettono o bloccano l’accesso al contenuto.
L’obiettivo principale di questo sistema è quello proteggere i diritti d’autore e di distribuzione, spesso diversi da Paese a Paese, e di rispettare le normative dei Paesi in cui determinati contenuti sono vietati in base all’età o a causa della censura.
Perché l’UE vuole bloccare il geoblocking
Alla base della proposta avanzata dall’eurodeputata danese Karen Melchior risiede il riconoscimento dello svantaggio in cui, a causa delle limitazioni imposte dal geoblocking, vertono i cittadini che vivono in regioni transfrontaliere, che fanno parte di minoranze linguistiche e che si trasferiscono in un altro Paese europeo, dal quale non posso più avere accesso a tutta una serie di contenuti del loro Paese natale.
Da questo punto di vista, le limitazioni di accesso a contenuti stranieri rappresenterebbero una pratica ingiustificata e discriminatoria e, aggiunge l’eurodeputata “le onde radio o televisive e i dischi Blu-ray non si fermano ai confini in Europa, quindi perché il video on demand dovrebbe farlo?”. Inoltre, specifica la Melchior per il settore dei film e serie TV non cambierebbe nulla, dal momento che film e serie TV di successo vengono già resi disponibili al livello mondiale e che, dal 2018, la maggior parte delle limitazioni ai contenuti audiovisivi sono state abolite.
Già cinque anni fa, infatti, l’UE aveva votato per la limitazione del geoblocking in Europa. In particolare il regolamento del 2018 eliminava il blocco dai servizi audiovisivi e di e-commerce. Rimaneva fuori lo streaming degli eventi sportivi. Una barriera digitale che da un lato limita gli utenti, dall’altro tiene in piedi un intero business. Proprio per quest’ultimo motivo, l’opposizione dei rappresentati del settore audiovisivo non è mancata.
L’impatto dello stop al geoblocking sul calcio
Permettere ai cittadini italiani di sottoscrivere abbonamenti con piattaforme di streaming estere, sarebbe per il business dello streaming del calcio italiano un durissimo colpo. Soprattutto considerando l’offerta di 900 milioni a stagione avanzata da Dazn e Sky per i diritti TV della Serie A, riconfermati ai due broadcaster per altri 5 anni. Se dovesse essere rimosso il geoblocking il diritto di DAZN e Sky varrebbe molto meno.
Secondo la Federazione Internazionale dei Distributori ed Editori Cinematografici (FIAD) il geoblocking “serve come fondamento per sostenere e alimentare l’industria europea del film audiovisivo”. È senz’altro comprensibile il tentativo della Federazione e di tutte le piattaforme streaming di calcio di ostacolare il voto.
Per i cittadini italiani, al contrario, la rimozione del geoblocking è potenzialmente un’opportunità di risparmio. Infatti, un utente italiano potrebbe decidere di abbonarsi a un servizio di streaming rumeno che trasmette la Serie A, con commento in rumeno ma a un prezzo decisamente più conveniente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA