Conto corrente cointestato: dopo la morte di un titolare, l’altra persona riscuote la pensione del defunto. Quali sono i rischi in questi casi? Ecco cosa prevede la legge.
L’Inps interrompe l’erogazione una volta venuto a conoscenza del decesso del pensionato, quindi fino a quel momento i versamenti mensili proseguono. Ecco perché in caso di conto corrente cointestato può succedere che qualcun altro continui a usufruire della prestazione. Evidentemente non si tratta di un comportamento corretto, ma non è altrettanto automatico stabilire cosa rischia chi riscuote la pensione del defunto.
Innanzitutto bisogna distinguere fra le azioni compiute dal soggetto che ha avuto accesso alla pensione del defunto: ha omesso di dichiarare la morte o l’ha in qualche modo nascosta? Ha utilizzato i soldi del defunto o ha semplicemente ignorato i versamenti? Si tratta di precisazioni indispensabili per capire facilmente quale colpa, dal punto di vista legale, viene commessa. Ciononostante, la materia può apparire un po’ ostica, dato che la Corte di cassazione ha mostrato tendenze apparentemente contrastanti su questa materia.
Cosa rischia chi riscuote la pensione del defunto
Fino al 2021, la Corte di cassazione aveva mostrato una linea piuttosto omogenea nella valutazione dei casi riguardanti la pensione percepita indebitamente dopo la morte dell’intestatario. Anche se la fattispecie di reato integrata è passata dall’essere considerata truffa aggravata nel 2013 a indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, fino a un paio di anni fa la Cassazione riconosceva la colpevolezza del cointestatario del conto. Queste sentenze, in realtà, appaiono contrastanti ma sono perfettamente giustificate dal punto di vista giurisprudenziale. Innegabile il valore dei pareri enunciati dalla Cassazione, si deve anche ricordare che le sentenze vertono su casi concreti e particolari: negli anni non è cambiata la normativa, ma sono stati affrontati casi simili e allo stesso tempo diversi nei punti essenziali.
Nel 2021, poi, la Corte pronunciandosi su un caso affine ha stabilito, invece, un principio completamente opposto, ossia l’assenza di responsabilità a carico del cointestatario. In effetti, la legge impone l’obbligo di dichiarare i decessi a carico del Comune e del medico che attesta la morte. Una volta che l’informazione viene notificata all’Anagrafe cittadina deve poi avvenire la trasmissione anche all’Inps. Di fatto, quindi, il cointestatario del conto non è obbligato legalmente a comunicare il decesso, nemmeno se si accorge che la pensione continua a essere erogata (deve, però, comunicarlo al Comune). Si tratta con tutta evidenza di una lacuna nell’ordinamento, ma in attesa di ulteriori modifiche si può affermare che chi riscuote la pensione del defunto, senza aver volontariamente ingannato l’Inps, non commette reato e, sostanzialmente, non rischia nulla. Non solo, avendo continuato a percepire la pensione con diritto, non è di norma prevista neanche la restituzione degli importi.
In quali casi è reato riscuotere la pensione del defunto e cosa si rischia
Bisogna riconoscere che si tratta di un caso piuttosto raro, perché normalmente se viene rispettato l’obbligo di notificazione al Comune, il decesso viene accertato e reso noto anche all’istituto previdenziale. Accade con più frequenza, infatti, che il cointestatario continui a percepire la pensione grazie ad alcuni espedienti che di fatto integrano delle condotte illecite.
Non bisogna quindi cadere in inganno, pensando che si possa sempre usufruire della pensione del defunto e riscuoterla senza rischi. Qualsiasi comportamento che integra la malafede, infatti, dà luogo a un reato. Si può quindi osservare come anche le due fattispecie di reato considerate dalla Cassazione (truffa aggravata e indebita percezione) sono parimenti applicabili, a seconda del caso.
In linea generale, si può parlare di truffa quando il cointestatario del conto ha messo in atto dei comportamenti volti a raggirare l’Inps e beneficiare della pensione del defunto. L’indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato, invece, prevede la presentazione di documenti falsi oppure l’omissione di informazioni dovute. In entrambi i casi è prevista la restituzione degli importi, ma le sanzioni sono differenti:
- Per la truffa aggravata la multa va da 309 a 1549 euro e la reclusione da 1 a 5 anni.
- Per l’indebita percezione ai danni dello Stato è punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, la multa (prevista se l’importo percepito è uguale o superiore a 3999,96 euro) va da 5.164 euro a 25.822 euro.
Pensione ed eredità, cosa rischia chi se ne appropria
Per completezza, si deve anche precisare che in tutti i casi portati in esempio è plausibile il reato di appropriazione indebita. Quest’ultimo, tuttavia, è procedibile soltanto dietro querela, che è nella maggior parte dei casi di questo genere impossibile dato che l’interessato è deceduto. Un’eccezione si ha quando la pensione era già presente sul conto corrente cointestato e il cointestatario se ne è appropriato. In questa situazione, infatti, gli eredi possono sporgere querela, perché la pensione faceva parte del patrimonio ereditario. L’appropriazione indebita, comunque, è punita con la reclusione da 2 a 5 anni e la multa da 1.000 a 3.000 euro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA