Quali sono i confini tra social e pirateria? In Italia non mancherebbero delle criticità stando al parere di Marco Gambaro, docente universitario che è stato ospite del canale YouiTube di Money.it.
Il tema della pirateria online è una delle nuove crociate intraprese dai media tradizionali, con i legislatori che da tempo hanno sposato questa causa con l’esempio più eclatante che sono le diverse misure messe in campo contro il cosiddetto pezzotto.
Stando ai dati Euipo, l’Italia è il paese europeo in cui meno si accede ai contenuti illegali online, con la pirateria che è risultata in calo nel 2023 quando sono stati rilevati 7,3 accessi a contenuti illegali al mese per utente contro i 7,6 del 2022.
Questo però non vuol dire che la pirateria digitale sia un fenomeno isolato. Lo scorso giugno un’indagine sulla pirateria audiovisiva condotta da Ipsos per conto di FAPAV - Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali - ha stimato che le IPTV illecite sono utilizzate da circa 11,8 milioni di italiani.
Nei mesi scorsi è stato firmato un protocollo d’intesa tra l’Agcom, la Guardia di Finanza e la Procura della Repubblica di Roma, al fine di garantire il costante scambio di informazioni per identificare e sanzionare i colpevoli in maniera rapida.
Di recente è stata condotta un’operazione anti-pirateria da parte della procura distrettuale di Catania che riguarderebbe 900.000 utenti, con l’operazione che ha colpito il 70% dello streaming illegale in Italia per un giro d’affari stimato in un milione di euro al mese.
In questo scenario delle problematiche e criticità sono state evidenziate da Marco Gambaro, docente di economia dei media all’Università degli studi di Milano che è stato l’ospite di una puntata speciale andata in onda sul canale YouTube di Money.it.
“Lo strumento ha questo difetto - ha spiegato Gambaro -, riflette una concezione di alcuni titolari dei diritti e in particolare di quelli del calcio, che hanno una concezione del loro contenuto non sempre sostenuta dalle verifiche reali. In particolare credono che il loro contenuto valga molto di più di quello che effettivamente vale e tant’è vero che hanno fissato e negoziato prezzi, penso in questo caso ai diritti televisivi dove è più facile misurare, che sono sproporzionati rispetto ai risultati delle partite e alle possibilità di ricavo che le partite e quei diritti offrono, tanto che quasi sempre le trasmissioni delle partite sono in perdita, perché i prezzi sono fissati in modo che con la pubblicità che si può inserire dentro non è molto difficile che riescano a ripagarsi e a ripagarsi quei diritti”.
In sostanza per il docente “nella discussione pubblica è passata un po’ l’idea che di per sé l’uso non autorizzato di un contenuto protetto sia un reato gravissimo, una forma camorristica o un reato penale o chissà cos’altro, mentre in realtà adesso è una cosa che va combattuta, non dico questo per difendere in alcun modo la pirateria, va combattuta, ma il perimetro dell’uso non autorizzato è un perimetro che si decide sulla base dei costi e benefici della società”.
“La necessità di contenere e di reprimere l’uso illegale di questi segnali delle partite è un principio importante che va mantenuto e che va difeso - ha concluso Marco Gambaro -, ma vanno strutturati strumenti che funzionano e non hanno troppe esternalità negative tecniche, cioè sono adatti a come è costruito l’ambiente di internet, come viaggiano i segnali di internet e che dove i router hanno i siti con la commutazione di pacchetto sono poi dispersi nel cloud e quindi bloccarne uno è una cosa complicata e dove deve esistere una proporzionalità tra i costi che vengono scaricati sulla società”.
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