L’esplosione dei prezzi delle materie prime sta colpendo duramente l’Italia. Con la guerra in Ucraina che ferma importanti esportazioni di mais e non solo, la carne potrà costare molto di più.
L’Italia nel pieno allarme rincari alimentari: la guerra in Ucraina sta ridisegnando le rotte delle materie prime, con il mais più scarso e dai prezzi da record.
Per il nostro Paese, la carenza degli alimenti base del bestiame si sta traducendo in una seria minaccia e ora la carne rischia di subire pesanti aumenti di prezzo per i consumatori.
Senza le importazioni da Ucraina e Ungheria, infatti, l’Italia può restare senza mais sufficiente. Intanto, l’indice dei prezzi del cibo tocca picchi storici. E la notizia è pessima per l’Italia e per la stabilità mondiale.
Italia senza mais? Cosa significa e perché la carne può costare di più
La guerra in Ucraina sta sconvolgendo l’import/export mondiale tra sanzioni e stop commerciali forzati dai combattimenti.
In questi nuovi e imprevedibili contesti, l’Italia stessa sta subendo sconvolgimenti. La crisi del mais, per esempio, minaccia profondamente il settore dell’allevamento e, a catena, della vendita al dettaglio della carne.
Cia-Agricoltori Italiani ha lanciato l’allarme: gli allevatori italiani rischiano di restare senza il mais ucraino e ungherese, che rappresenta la più alta quota di rifornimento nazionale. Tradotto: senza questa materia prima proveniente da Ucraina e Ungheria soprattutto, le scorte dei mangimi per il bestiame copriranno solo 8 settimane.
L’alternativa rimasta sul campo è l’acquisto di mais da USA e Argentina, ma con tempi non prevedibili e, in primis, costi più elevati a livello logistico. C’è inoltre il problema dell’origine di questo cereale: quello statunitense è Ogm, mentre le regole italiane impongono di rifornirsi di carni che siano state allevate senza Ogm.
In tutto questo sconvolgimento, i prezzi del mais stanno toccando picchi mai visti. Per esempio, in una settimana nella Borsa Merci di Bologna, questo cereale è arrivato a 405 euro a tonnellata, 75 euro in più rispetto all’ultima quotazione della scorsa settimana.
E le cose non possono che peggiorare. Cia-Agricoltori Italiani ha ricordato che non si sa come finirà la guerra e se in Ucraina le piantagioni di mais riprenderanno il normale corso. Il rischio è di raccolti scarsi anche nel 2023, mentre l’Ungheria sta frenando le esportazioni per rifornire la sua nazione.
L’appello è a rivoluzionare tutto il settore italiano, incentivando la coltivazione interna di mais, per troppi anni delegata ai Paesi dell’Est perché con costi inferiori.
Intanto, con i mangimi più costosi, la carne sui banchi del supermercato può costare in Italia anche il 20% in più.
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Il settore dei cereali è in grande movimento, con prezzi giunti a livelli incredibili. La novità, accelerata dalla guerra in Ucraina e scatenata già dallo stress delle catene di approvvigionamento post-pandemico, sta per abbattersi sulla sicurezza alimentare del mondo.
Pochi numeri ci spiegano perché: l’Ucraina esporta a livello globale il 12% e il 16% di grano e mais, oltre a fornire il 50% della produzione di oli di semi di girasole. Con l’aggiunta del rifornimento dalla Russia, le due nazioni raggiungo l’80% di esportazioni.
Un grafico ISPI-FAO, poi, ci allerta sull’impennata senza precedenti di queste materie prime alimentari basilari:
Come si può osservare chiaramente dall’immagine, il picco dei prezzi alimentari e di queste risorse in particolare nella crisi del 2010-2011 è stata inferiore a quello attuale. Eppure, circa 11 anni fa da qual balzo insostenibile dei prezzi si sono scatenate le primavere arabe.
Lo sconvolgimento commerciale delle materie prime suona il suo allarme.
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