Il senatore Dario Stefàno ha annunciato di voler riconsegnare la tessera del Pd prima della decisione sulle liste. Intervistato da Money.it spiega le sue ragioni e attacca il segretario Enrico Letta.
Dario Stefàno ha annunciato la sua uscita dal Pd prima della decisione sulle liste per le elezioni politiche del segretario Enrico Letta. Una scelta, quella del senatore pugliese e presidente della commissione Politiche Ue, che deriva dalla gestione delle alleanze di Letta e non solo dalla liste, assicura.
Intervistato da Money.it, Stefàno sottolinea come in questi passaggi siano stati “traditi” i territori e abbia prevalso "un senso di rivincita con Renzi e Italia Viva”. Inoltre, attacca il senatore uscente, l’errore di Letta è stato quello di preferire a un’esperienza inclusiva “quell’usato sicuro che solo la ditta sa regalare, e che gli consentiva di interpretare al meglio rancori e risentimenti”.
Perché ha deciso di riconsegnare la tessera del Pd?
Perché il Pd ha deciso di fare l’autodafé del riformismo. E lo sta facendo in modo sistematico anche nella scelta degli alleati alle prossime elezioni, che mortifica l’idea stessa di campo largo a favore, invece, di una striminzita copertina di Linus che probabilmente è utile solo a confortare quel senso di tradimento e inadeguatezza che caratterizza chi proviene dalla storia della sinistra.
Il suo addio è dettato solo da motivi legati alla composizione delle liste?
Sarebbe riduttivo e anche puerile pensarlo. Chi mi conosce sa bene che non ho problemi a trovare collocazione e impiego. Si tratta di mistificazioni e di gratuite cattiverie, diffuse ad arte, che valgono solo a celare il fatto politico, che è grave. Nessuno potrà mai affermare, infatti, che non sarei stato candidato nelle liste del Pd. Anche se va chiarito e ribadito che proprio nella composizione delle liste si riverbera il rispetto della sensibilità e della rappresentanza dei territori che è stata tradita e mortificata. La mia scelta, per essere chiari, è il naturale effetto che promana da una logica di alleanze che se a livello nazionale si presenta con gravi tare, a livello regionale sa essere ancora peggio e assolutamente indigesta. La scelta di ipotecare e cedere la rappresentanza del territorio a candidati civici che, in modo opaco e trasformista, condizionano e viziano la vita politica del Pd regionale, occupando posizioni di governo e scranni istituzionali attraverso uno “scambio di voti” reso sistema, l’ho trovata non più sopportabile né giustificabile.
In cosa ha sbagliato Letta sulla recente linea politica e sulle liste? Non sono stati ascoltati i territori o ha ceduto alle correnti e ai potentati?
Sarebbe complicato fare l’elenco: troppo lungo. Credo però che l’errore più grande di Letta sia stato quello di non aver avuto il coraggio di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e aprire veramente il Pd ad un’esperienza inclusiva, avendo preferito quell’usato sicuro che solo la ditta sa regalare, e che gli consentiva di interpretare al meglio rancori e risentimenti. Come ho già detto, le liste altro non sono che l’espressione di un indirizzo politico assunto. Mi sembra chiaro ed evidente che il Pd ha scelto di non rispettare i territori, di avvalersi di un metro tutto personale circa l’opportunità di candidare alcuni rispetto ad altri e, quindi, di sacrificare pezzi di classe dirigente a favore di non si sa quale effettivo vantaggio.
Quanto pesano, sulla sua decisione, le scelte di Letta sulle alleanze: non doveva puntare su Si e Verdi?
Devo dire che è lì che si è palesato quello che reputo un limite alla leadership di Letta. Il tema non era puntare o meno su Si e Verdi. Il problema è aver occhieggiato, senza alcun pudore, ad un senso di rivincita con Renzi e Italia Viva, tenuti fuori da qualsiasi possibilità di dialogo sin dall’inizio e, allo stesso tempo, di aver provato a incastrare Calenda con una proposta di alleanza che si fa fatica a comprendere se ci si avvale della logica come del principio di non contraddizione. Per carità, è vero che la politica è l’arte dell’impossibile, ma a me sembra che il risultato delle alleanze è ampiamente al di sotto di quanto di questi tempi ci si doveva aspettare da un fronte progressista, riformista e solidamente saldato sull’alleanza atlantica.
Quale sarà il suo futuro politico: si candiderà con Italia Viva e Azione o comunque prevede un passaggio in questi schieramenti?
Gli elettori il 25 settembre non si troveranno davanti a una scelta secca Meloni-Letta. Io credo che chi ha rivendicato il proprio sostegno fino all’ultimo al governo Draghi, abbia la possibilità di contare anche nella prossima legislatura. Non è in gioco il mio destino personale, ma il futuro del nostro Paese. Se mi si chiede se io avrei voluto che l’esperienza di Mario Draghi continuasse anche dopo l’autunno, lo confermerei senza problemi.
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