Ecco cosa prevede la legge in base alla raccomandazione, quando è legale e quando invece costituisce un vero e proprio reato.
Della raccomandazione si parla spesso, soprattutto in ambito lavorativo ma anche riguardo alla scuola, allo sport o altre carriere artistiche. Non tutti però conoscono la disciplina legale che la riguarda, ecco perché spesso si arriva a chiedersi se la raccomandazione sia legale o meno. In effetti, a prescindere da considerazioni prettamente morali o sociali, dal punto di vista legale non è possibile offrire una risposta generalizzata. Per accertare la presunta illegalità della raccomandazione non si può quindi affrontare la questione in modo ampio, ma si deve prendere in considerazione ogni aspetto del caso, in particolare il modo in cui la raccomandazione viene esercitata e recepita.
Quando la raccomandazione è legale
Nonostante contraria ai sentimenti più idealisti e a qualsiasi forma di auspicabile meritocrazia, la raccomandazione è molto spesso del tutto legale. Le ipotesi di reato o illecito correlate alla raccomandazione, infatti, rappresentano per lo più delle eccezioni alla regola generale. Si può infatti dire che se i mezzi utilizzati sono consentiti dalla legge la raccomandazione è lecita in qualsiasi ambito, con una particolarità esclusivamente per quanto concerne il comparto di lavoro pubblico.
Per quanto riguarda il lavoro privato, infatti, il datore di lavoro può scegliere in merito alle assunzioni e alle promozioni in maniera del tutto discrezionale, purché si rispettino gli obblighi contrattuali e non si operi nessuna discriminazione espressamente vietata dalla legge.
Allo stesso tempo, escludendo l’ambito prettamente lavorativo, la raccomandazione può effettivamente affiancarsi ad alcuni illeciti. L’insegnante, per esempio, non può discrezionalmente modificare i voti di uno studente sul registro (in cui si commetterebbe il reato di falso pubblico), mentre è comunque tenuto a seguire criteri oggettivi e idonei nell’esercizio della sua professione con gli allievi. Altrimenti, può essere sottoposto al Tribunale amministrativo regionale, che può nel caso comminare precise sanzioni disciplinari. Anche in questo ambito un po’ particolare, comunque, non si può parlare di una vera e propria illegalità della raccomandazione.
Quando la raccomandazione è reato
La raccomandazione può invece costituire un reato nell’ambito del lavoro pubblico, in quanto i criteri di assunzione sono rigidamente stabiliti dalla Pubblica amministrazione nell’ottica dell’uguaglianza, nonché nella tutela dei diritti della collettività. I bandi e i concorsi servono per l’appunto a garantire l’assoluta oggettività nella selezione dei candidati, ecco perché commette un reato chi falsa i risultati del concorso o bando pubblico.
L’imparzialità dei concorsi e dei bandi pubblici è peraltro tutelata proprio dalla Costituzione, il cui articolo 97 sancisce che:
(...) agli impieghi delle pubbliche amministrazioni si accede tramite concorso salvo i casi stabiliti dalla legge. Lo stesso articolo prevede poi che gli uffici pubblici siano organizzati in modo da garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione.
Di conseguenza, il pubblico ufficiale che si avvalga ai fini della selezione di criteri diversi da quelli previsti è punibile per il reato di abuso d’ufficio. Quest’ultimo ai sensi dell’articolo 323 del Codice penale è punibile con la reclusione da uno a quattro anni, ma la pena può aumentare ulteriormente se il pubblico ufficiale ha ricavato un vantaggio di entità notevole, oppure se il danno causato è particolarmente rilevante. L’abuso di ufficio, peraltro, si compie anche quando la raccomandazione è operata da un pubblico ufficiale, che usa l’influenza legata alla sua posizione per ottenere il risultato desiderato.
In queste ipotesi, la responsabilità delle scelte seguite alla raccomandazione ricade esclusivamente sul pubblico ufficiale che accoglie o esercita la raccomandazione nell’ambito delle sue funzioni. Di conseguenza, il semplice consiglio anche se esercitato dal pubblico ufficiale – nell’ambito di lavoro privato – non è un reato, purché non ci sia coazione.
Non si può però escludere la responsabilità del cittadino privato nella raccomandazione, che diventa penalmente rilevante quando si associa ad altri tipi di reato. In particolare, il principio della coazione vale anche in questo caso. Imporre una raccomandazione con minaccia o violenza è quindi un reato, individuato a seconda delle modalità utilizzate, ma non prettamente correlato all’atto in sé.
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