Eredità, come provare la lesione della legittima e ottenere la restituzione

Ilena D’Errico

29 Marzo 2024 - 23:04

Causa ereditaria per la restituzione o la riduzione della quota di legittima, come provare la lesione della legittima e ottenere quanto spettante.

Eredità, come provare la lesione della legittima e ottenere la restituzione

All’apertura di una successione ereditaria, alcuni parenti del defunto sono chiamati all’eredità legittimari. Ciò significa che spetta loro, indipendentemente dalla presenza di un testamento e dalle eventuali disposizioni in esso contenute, una quota specifica sul patrimonio ereditario. La misura della quota di legittima è definita dal Codice civile e varia a seconda del rapporto di parentela tra chiamato all’eredità e defunto e in base alla presenza di altri chiamati legittimari concorrenti.

Gli eredi legittimari possono rinunciare spontaneamente all’eredità e, a meno che siano stati dichiarati indegni a succedere da una sentenza, non può essere negata loro né ridotta la quota spettante per legge. In virtù di questo principio, i legittimari possono rivolgersi al tribunale per esercitare il diritto successorio, ottenendo la restituzione da altri eredi (il testamento che viola la legittima viene comunque applicato) e da donatari.

Nel patrimonio ereditario, oltre alla maggior parte dei beni, dei crediti e dei debiti del defunto, confluiscono infatti anche le donazioni, salvo alcune eccezioni. Bisogna però sapere che l’onere della prova in merito alla violazione della quota di legittima spetta proprio all’erede legittimario che agisce in giudizio. Per ottenere quanto stabilito dalla legge è dunque fondamentale sapere come provare la lesione della legittima.

Causa ereditaria, cosa deve fare il legittimario

Come anticipato, l’onere della prova ricade sull’erede legittimario che intenta causa, talvolta complicando notevolmente l’azione. La riduzione delle attribuzioni ereditarie non può avvenire a discrezione dell’erede ricorrente, ma segue un ordine ben preciso: prima le attribuzioni derivanti all’apertura della successione, poi quelle testamentarie che eccedono dalla quota disponibile e infine le donazioni. In ognuno di questi campi, si inizia a ridurre le operazioni più recenti, risalendo via via.

Quando è presente un testamento che ignora le disposizioni del Codice civile, per esempio diseredando un figlio o il coniuge oppure destinandogli una quota minore di quella legale, le difficoltà probatorie sono sostanzialmente nulla. Il testamento stesso palesa la violazione.

La questione si complica notevolmente quando la violazione della legittima non è avvenuta con il testamento, bensì attraverso le donazioni effettuate dal de cuius quando era ancora in vita. Bisogna quindi svolgere una serie di operazioni:

  • individuare le donazioni effettuate dal defunto;
  • determinare destinatari, importi e finalità delle donazioni;
  • calcolare accuratamente il patrimonio ereditario;
  • verificare che l’importo donato supera la quota disponibile.

Nello svolgimento di queste operazioni è consigliabile farsi assistere da un avvocato e comunque richiedere prima del giudizio una consulenza tecnica di parte che appuri i conteggi e le violazioni. Il consulente, tuttavia, deve poter basare l’accertamento sui mezzi di prova già forniti e limitarsi all’accertamento degli atti.

L’azione di riduzione o di restituzione può essere esercitata entro 10 anni dall’accettazione - anche tacita - dell’eredità. Con il passare del tempo, tuttavia, provare le lesioni può risultare sempre più complesso ed è bene ricordare che la legge non ammette prova presuntiva.

Come provare la lesione della legittima

L’erede legittimario non deve impegnarsi troppo per provare i suoi diritti, il rapporto di parentela o matrimonio con il defunto è sufficiente (figlio, coniuge o genitore in assenza di figli). Ciò che bisogna provare in giudizio è di aver ricevuto una parte minore dell’eredità di quella spettante. Per farlo, bisogna dimostrare che altri eredi o donatari hanno ricevuto di più.

Saranno quindi mezzi di prova utili:

  • il testamento;
  • i movimenti in uscita sul conto corrente del defunto;
  • gli atti di donazione immobiliare;
  • dichiarazioni testimoniali;
  • scritti contabili del defunto.

Affinché la prova sia efficace è però necessario preventivamente individuare il valore dell’asse ereditario, in cui devono essere annoverati beni, crediti e debiti lasciati dal defunto, insieme al valore delle donazioni effettuate in vita. Sul totale si calcola quanto spettante secondo la quota di legittima individuata dal Codice civile e, se minore, si procede a indicare tutte le operazioni interessate che non riguardano altre quote legittime.

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