L’ambasciatore a Berlino: superata la «linea rossa» nella fornitura di armi a Kiev. Mentre la crisi energetica comincia a picchiare duro e Draghi «festeggia» con Zelensky. E la Cina attende al varco
Nel giorno in cui il Guardian pubblicava un documento riservato di fonte Ue, dal quale si evince come Bruxelles abbia di fatto abbandonato l’idea di un price cap sul gas, ecco che la conferma di un quadro in rapidissima involuzione arriva proprio da quella Repubblica Ceca. La quale, in quanto presidente di turno dell’Unione, dovrebbe coordinare gli sforzi in senso opposto e fattivo. Da Praga invece si comunica che, in attesa di un accordo, il governo ha deciso un price cap a livello nazionale. Insomma, l’oste ammette che il suo vino è pessimo. Sipario, la pantomima è completa.
Ma c’è decisamente di peggio. Quantomeno per quella Germania che sempre oggi ha formalizzato il pacchetto monstre da 67 miliardi di euro di sostegni all’economia contro il caro-energia. E questa notizia rilanciata dalla Reuters
Germans switch to costly fan heaters as gas shortage fears bite https://t.co/YpQUvyQ7KL pic.twitter.com/RdH3kCvPjN
— Reuters (@Reuters) September 11, 2022
spiega il perché del panico sempre meno dissimulato che alberga a Berlino, mano a mano che si avvicinano i venti freddi da Nord. Al netto di rassicurazioni e fondi governativi, infatti, i cittadini tedeschi stanno letteralmente facendo incetta di strumenti per il riscaldamento domestico talmente obsoleti ed energivori da rischiare non solo un salasso ulteriore in bolletta ma anche di mandare in tilt l’intera rete nazionale. Se Mosca intendeva generare il panico, c’è riuscita.
E forse anche qualcosa di più. Perché dall’altro giorno, la Germania è ufficialmente entrata nella lista nera del governo russo. A formalizzare l’atto è stato l’ambasciatore russo a Berlino, Sergey Nechaev, a detta del quale il fatto che il regime di Kiev sia stato rifornito con armi letali di fabbricazione tedesca che, oltre a colpire i militari, uccidono anche i civili nel Donbass, rappresenta l’attraversamento di una red line. Di fatto, la Germania ha varcato il Rubicone. E non basta: Berlino ha unilateralmente distrutto relazioni bilaterali con la Russia che erano uniche per livello e profondità e che erano state costruite nel corso di interi decenni. Essenzialmente, la riconciliazione post-bellica delle nostre due nazioni e dei nostri popoli è andata erosa.
E, non a caso, l’attacco senza precedenti del diplomatico è arrivato dopo la visita a Berlino del primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, al quale sono stati tributati tutti gli onori e che ha visto in prima fila il cancelliere Olaf Scholz e il presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier. E proprio quest’ultimo ha ribadito come la Germania continuerà a rimanere saldamente al fianco dell’Ucraina. Di fatto, una rottura totale con Mosca. La quale, però, finora aveva atteso ed evitato accuratamente di cancellare quasi tre decenni di relazioni ai massimi livelli di amicizia e cooperazione, prima sotto il cancellierato di Gerard Schroeder e poi con Angela Merkel. Ora, invece, la pazienza pare terminata.
E nel momento peggiore. Perché se a monopolizzare i titoli è stato il pacchetto di aiuti, oggi dalla Germania è giunto anche il dato ZEW relativo alle aspettative degli investitori per il mese di settembre: si attendeva un già poco entusiasmante -59,5, è arrivato un -61,9. E ancora peggiore è stata la lettura del sotto-indice current conditions, precipitato a -60,5 rispetto al -52,1 atteso. Infine, anche le aspettative degli investitori tedeschi rispetto all’eurozona hanno segnato un -60,7 dal -54,9 della precedente rilevazione. Praticamente, non solo recessione garantita ma anche di entità senza precedenti.
E se questo grafico
pare la ciliegina sulla torta di uno scenario da incubo, visto che in agosto l’inflazione tedesca su base annua è tornata ad accelerare al +7,9%, stesso livello di maggio e massimo dagli anni Cinquanta, ecco questi altri due
dipingono un quadro decisamente prospettico rispetto a quanto potrebbe costare un rapporto con Mosca che da deteriorato divenisse di aperto conflitto. Se infatti le opzioni 1-3 mesi sul DAX con strikes del 10% inferiori ai livelli attuali stanno flirtando con i massimi storici. ecco che a livello di import/export con l’alleato russo per antonomasia, la Cina, Berlino pare porgere pericolosamente il fianco a criticità economiche e geopolitiche strutturali. A fronte di esportazioni stagnanti, le importazioni da Pechino hanno raggiunto un controvalore assolutamente record.
Pur di fiancheggiare Mosca, la Cina si alienerà un cliente importante come la Germania? Ovviamente no, quantomeno in prima battuta. Ma è sul lungo periodo e sullo scenario globale che un isolamento europeo tale da spingere Mosca definitivamente fra le braccia di Pechino potrebbe generare, il nodo su cui riflettere. Alla luce, ad esempio, di queste due inezie sistemiche:
Since 2017, Beijing has given a collective $32.8 billion in emergency loans to Sri Lanka, Pakistan, and Argentina, according to AidData, indicating a shift to providing short-term emergency lending rather than longer-term infrastructure loans. https://t.co/9Fux2Aqq0o
— FORTUNE (@FortuneMagazine) September 12, 2022
Is a post-dollar world coming? https://t.co/IMr8I7p9Pa
— FT News Briefing Podcast (@ftnewsbriefing) September 13, 2022
a partire dal 2017, la Cina ha garantito prestiti a nazioni emergenti indebitate pari a 32,8 miliardi di dollari, di fatto divenendo il primo agente creditore al mondo e scalzando persino l’FMI, stando a una ricerca della William & Mary University in Virginia. E quando il Financial Times ritiene giunto il momento di dedicare un podcast all’ipotesi di un mondo dopo il dollaro, forse sarebbe il caso di fermarsi e pensare. Almeno due volte.
Alla luce dell’ennesimo colloqui telefonico Draghi-Zelensky, nel corso del quale il premier dimissionario ha espresso soddisfazione per la controffensiva ucraina. dobbiamo quindi prendere atto del fatto che l’Italia pre-elettorale punti a divenire il secondo ingresso europeo nella black-list di Mosca? Emmanuel Macron, nel frattempo, resta in disparte. E tanto per non sbagliare, telefona al Cremlino.
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