Hillary Clinton e John Kerry hanno criticato il Primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti: è guerra al free speech.
Lo hanno detto in più sede e in più occasioni: se Kamala Harris e Tim Walz vinceranno le elezioni presidenziali Usa del 5 novembre, la libertà di parola e di espressione sui social sarà messa in seria discussione. Con il pretesto di combattere la “disinformazione”, le “ingerenze straniere” e le “fake news” i dem, infatti, intendono imporre alle piattaforme social di imprimere una stretta sul “free speech” sul web, a costo di sacrificare i diritti sanciti dalla Costituzione degli Stati Uniti.
Nei giorni scorsi, durante un intervento al World Economic Forum, John Kerry ha affermato che il Primo Emendamento degli Stati Uniti rappresenta un «grave ostacolo» nella lotta contro la disinformazione, dichiarando che la libertà di parola «impedisce di eliminare completamente» le false informazioni.
Kerry ha sottolineato come l’assenza di regolamentazione sui social media stia aggravando il problema, affermando: «Le persone selezionano da sole le loro fonti di informazione, creando un circolo vizioso». Ha poi aggiunto che le democrazie globali «stanno lottando con l’assenza di una sorta di arbitro della verità» e che «non c’è nessuno che definisca cosa siano davvero i fatti”. Il Primo emendamento afferma che il Congresso»non potrà emanare leggi per il riconoscimento di una religione o per proibirne il libero culto, o per limitare la libertà di parola o di stampa o il diritto dei cittadini di riunirsi in forma pacifica e d’inviare petizioni al governo per la riparazione dei torti subiti". L’America vorrebbe quindi seguire l’esempio dell’Ue e del Digital Service Act (DSA) introdotto nei mesi scorsi. [...]
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