Il prezzo del gas in Europa sale e preoccupa: perché lo scenario energetico è ancora cupo per il vecchio continente?
Il prezzo del gas nel benchmark olandese, riferimento europeo, continua a salire. Gennaio si è concluso con una nota di allerta per i costi della materia prima del vecchio continente, mettendo ancora una volta in risalto la vulnerabilità europea nel settore energetico.
Nello specifico, i futures europei sul gas naturale hanno oscillato intorno ai 54€ per megawattora dopo essere aumentati del 7,8% la scorsa settimana, raggiungendo il massimo degli ultimi 15 mesi.
I rischi per una stretta nella fornitura e la domanda che vacilla stanno di nuovo facendo pressione sul mercato della materia prima così cruciale per l’UE. Mentre febbraio dovrebbe essere più caldo del solito, diminuendo le esigenze di riscaldamento, le scorte di gas in Europa sono state prosciugate più velocemente del previsto quest’inverno, lasciando livelli di stoccaggio inferiori al solito per questo periodo dell’anno.
Occorre precisare che, nei tre anni trascorsi dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il continente ha trasformato il modo in cui genera e immagazzina energia. Per l’UE si è palesata una vera e propria rivoluzione, con tanto di parentesi di crisi energetica.
Il gas naturale russo, da lungo tempo ancora di salvezza energetica dell’Europa, è stato sostituito con altre fonti, in particolare il gas naturale liquefatto proveniente dagli Stati Uniti. La produzione di energia eolica e solare è aumentata di circa il 50% dal 2021. Nuove centrali nucleari sono in progettazione in tutto il continente. Ma la sicurezza energetica dell’Europa rimane fragile. E i prezzi tendono a salire ogni volta che qualche ostacolo si frappone nell’equilibrio tra domanda e offerta.
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Allarme prezzo del gas in Europa
Nella mattinata del 3 febbraio, il prezzo del gas nel benchmark olandese è salito di circa il 2,22% a 54 euro al megawattora. In una sola settimana, il balzo è stato del 14%. In sintesi, impreviste interruzioni dell’approvvigionamento e previsioni meteorologiche più fredde hanno peggiorato le minacce di fornitura in un mercato già teso.
Il prelievo quasi record di gas dagli impianti di stoccaggio sotterraneo europei durante il freddo delle ultime settimane ha svuotato più di quanto si pensava le scorte, alimentando le preoccupazioni sulla disponibilità di materia prima.
Inoltre, la fine del transito del gas russo verso l’Europa attraverso l’Ucraina ha dato un ulteriore impulso ai prezzi. L’accordo di transito è scaduto il 1° gennaio 2025 e prevedeva il pompaggio di 40 miliardi di metri cubi all’anno. Tuttavia, il rifiuto dell’Ucraina di estendere l’accordo ha privato Gazprom della capacità tecnica e legale di fornire carburante attraverso questa rotta e le forniture sono state interrotte.
Alla fine di gennaio, infine, sono state interrotte anche le forniture di gas dalla Norvegia dai giacimenti di Troll, Gullfaks e Asgard. Per Europa il messaggio è stato chiaro: meno offerta, più domanda per il freddo, prezzi in aumento e un sentiment di fragilità per il prossimo futuro.
Il nodo gas che l’Europa non riesce a sciogliere
Per l’Europa, quello del costo energetico continua a essere un vero rompicapo. La regione produce molto meno gas naturale di quello che consuma e dipende ancora in gran parte da altri Paesi, in particolare dagli Stati Uniti, per mantenere le luci accese.
Il gas naturale, che determina il prezzo dell’elettricità, è circa quattro volte più costoso che negli Stati Uniti. Gli elevati costi energetici hanno messo a dura prova le famiglie e costretto le fabbriche a chiudere, indebolendo l’economia europea.
Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, i prezzi del gas naturale in Europa sono scesi rispetto ai massimi toccanti del 2022, ma nel 2024 erano ancora il doppio della media quinquennale prima della guerra.
Come fatto notare da un’analisi del New York Times, sebbene le importazioni di gas russo attraverso i gasdotti europei siano crollate, l’Europa ha ampliato i suoi acquisti di gas naturale liquefatto dalla Russia che arriva via porto. Non c’è stato abbastanza tempo, infatti, per compensare la perdita di gas russo.
Nel frattempo, il presidente Trump ha spinto l’Europa a importare più carburante dagli Stati Uniti, e la von der Leyen ha suggerito che il GNL dagli Stati Uniti potrebbe sostituire il carburante russo.
In sostanza, la dipendenza da qualcun’altro sembra essere il destino dell’Europa. D’altronde, la produzione complessiva di gas nel continente è diminuita. L’aumento delle tasse ha scoraggiato gli investimenti nel Mare del Nord britannico, mentre i Paesi Bassi stanno chiudendo il giacimento di Groningen, un tempo prolifico, dopo che la produzione ha provocato terremoti.
Secondo le stime di S&P Global Commodity Insights, nel 2024 la produzione interna nell’Unione Europea e in Gran Bretagna ammontava a meno del 20% del consumo.
L’austriaca OMV è una delle rare aziende che puntano ad aumentare la produzione di gas in Europa. L’unico modo per rendere competitivi i costi energetici dell’Europa rispetto ad altre regioni come gli Stati Uniti “è aumentare le forniture di gas”, ha affermato Alfred Stern, amministratore delegato di OMV.
“Abbiamo superato il picco della crisi”, ha affermato Michael Stoppard, responsabile della strategia globale del gas presso S&P Global Commodity Insights. “Ma non siamo fuori pericolo”.
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