Perché oggi il prezzo del petrolio sale? La spinta viene da Cina, Usa, Medio Oriente. Il rischio di un’offerta tesa e di una domanda in ripresa mette sotto pressione il greggio.
Il prezzo del petrolio avanza per il terzo giorno, avviandosi verso un guadagno settimanale.
Nel dettaglio, il Brent scambia sopra gli 84 dollari al barile dopo un rialzo di due giorni e si mantiene al di sopra della media mobile a 100 giorni. Il West Texas Intermediate si avvicina agli 80 dollari.
In generale, i prezzi rimangono più alti quest’anno, aiutati dai tagli all’offerta dell’OPEC+, dalla ripresa della domanda globale e dalle ricorrenti tensioni in Medio Oriente. L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio e i suoi alleati si incontreranno il mese prossimo per decidere sulla produzione nel secondo semestre.
Gli ultimi segnali geopolitici e dai dati macroeconomici hanno spinto le quotazioni in questo finale di settimana. Il prezzo del petrolio sta quindi aumentando per motivi da cercare in Cina, Usa, Medio Oriente.
Perché il prezzo del petrolio sta aumentando?
Pur mantenendosi su livelli non preoccupanti, il greggio sta salendo nelle quotazioni. C’è quindi un impatto derivante dalle ultime indicazioni geopolitiche e dei dati macro delle grandi potenze Cina e Usa.
Nello specifico, il calo delle scorte di greggio statunitensi, stimolato dall’aumento delle raffinerie, ha coinciso con i dati pubblicati giovedì che mostrano che le importazioni di petrolio della Cina in aprile sono state più elevate rispetto allo scorso anno, su segnali di miglioramento dell’attività commerciale.
Le esportazioni e le importazioni cinesi sono tornate a crescere in aprile dopo la contrazione del mese precedente, segnalando un miglioramento della domanda.
“I continui segnali di forza della domanda in Cina dovrebbero vedere il mercato delle materie prime rimanere ben supportato”, ha affermato ANZ Research in una nota.
I negoziati per porre fine ai combattimenti tra Israele e Hamas non hanno prodotto risultati, mantenendo vive le preoccupazioni per potenziali interruzioni delle forniture in Medio Oriente.
Giovedì le forze israeliane hanno bombardato la città di Rafah nella Striscia di Gaza, hanno riferito alcuni residenti palestinesi. Mentre il conflitto continua, aumenta la possibilità che altri Paesi del Medio Oriente vengano coinvolti, in particolare l’Iran, principale sostenitore di Hamas, un produttore chiave.
“Le basi di Israele per un intervento a Rafah e le crescenti tensioni al suo confine settentrionale ricordano che i rischi geopolitici potrebbero persistere almeno per tutto il secondo trimestre del 2024”, hanno affermato gli analisti di Citi in una nota.
Gli analisti della banca però prevedono un calo dei prezzi fino al 2024, con il Brent in media di 86 dollari al barile nel secondo trimestre e 74 dollari nel terzo trimestre, in un contesto di fondamentali di domanda e offerta più allentati.
© RIPRODUZIONE RISERVATA