Per scoprire se il risparmio gestito conviene Money.it ha intervistato Giuliano D’Acunti – country head Invesco Italia, società internazionale indipendente leader nel comparto dell’asset management
Il risparmio gestito conviene? Come scegliere la migliore strategia d’investimento per i propri obiettivi finanziari? Sono due domande a cui proveremo a rispondere oggi e che molti investitori spesso si pongono.
Per farlo ci siamo rivolti a Invesco, società indipendente che opera a livello internazionale, senza alcun legame con realtà bancarie o assicurative, proprio nel settore dell’asset management.
Quotata alla Borsa di New York, il cui titolo e inserito nell’indice S&P 500, Invesco è presente sul territorio in oltre 25 Paesi, ma sono oltre 120 quelli in cui intrattiene relazioni commerciali.
L’Italia è un mercato unico e strategico per il settore, che al momento si sta riprendendo da un trimestre difficile, determinato dalla crisi sanitaria. Per saperne di più sul perimetro d’azione dell’azienda e sul ruolo di asset manager e consulenti finanziari, Money.it ha intervistato Giuliano D’Acunti, country head Italy di Invesco, che non ha dubbi: il risparmio gestito conviene. Scopriamo perché.
Definiamo il perimetro d’azione di Invesco in numeri: come si posiziona l’azienda?
Invesco è una società americana fondata più di 40 anni fa ad Atlanta, e presente in Italia da più di 20 anni. Gestiamo circa 1,2 miliardi di dollari per i nostri clienti nel mondo.
Il nostro approccio si è evoluto nel tempo per rispondere in maniera adeguata alle mutevoli esigenze dei nostri stakeholder, proviamo infatti ad individuare non il prodotto, ma a rispondere a un’esigenza sulla base della “clientela tipo”. In generale, tendiamo a parlare di temi d’investimento, perché sono semplici, chiari e trasferibili. Allo stesso modo supportiamo i consulenti con contenuti educational o formativi, al fine di costruire partnership di qualità.
Il mercato si sta razionalizzando, come è già avvenuto per le banche con la direttiva MiFID 2, che ha dato una spinta in questa direzione. Le acquisizioni però non sono solo una scelta obbligata. Possono portare anche valore, come nel nostro caso con l’acquisizione di Source, specializzata nella produzione di ETF, che va a rafforzare un’area dove ci era apparso chiaro l’inizio di un trend fin dal 2006, quando avevamo acquisito Powershares. Si tratta di un’acquisizione funzionale a realizzare una crescita organica.
Con l’acquisizione di Oppenheimer siamo andati ulteriormente a potenziare l’offerta sui mercati emergenti obbligazionari e azionari, così come le nostre competenze sui mercati azionari globali. Questo ha reso i nostri servizi scalabili, e non solo, ci ha permesso anche di sviluppare fondamentali capacità attive nelle aree di maggiore richiesta.
Ci racconti qualcosa dell’iniziativa “Investire nella nuova Via della Seta”, di cosa si tratta e quali opportunità apre?
Da quando è stata presentata nel 2013, la Nuova Via della Seta è diventata un’operazione su larga scala che sta ridisegnando la cartina geografica mondiale con ferrovie, porti, autostrade, emittenti wireless e parchi industriali.
Ci troviamo quindi di fronte a un grande progetto infrastrutturale: la CNN ha calcolato che la Belt & Road Initiative o “Nuova Via della Seta” coprirà 68 paesi, il 65% della popolazione mondiale e il 40% del PIL mondiale al 2017 (Cina inclusa). I Paesi coinvolti hanno una caratteristica in comune: in senso lato, sono tutti situati tra la Cina e l’Europa occidentale. Non deve quindi stupire che la Cina parli di “Via della Seta Marittima del XXI Secolo”, o «Nuova Via della Seta», evocando immagini delle antiche rotte commerciali utilizzate fino all’inizio del XVIII secolo.
La Cina sta investendo in maniera importante nelle infrastrutture di molti dei Paesi interessati, ma la Nuova Via della Seta è qualcosa di più. Il governo cinese ha definito cinque “priorità di collaborazione”, che in ordine di importanza sono: coordinamento delle politiche, connettività delle strutture (ossia miglioramento delle infrastrutture), commercio senza ostacoli, integrazione finanziaria e legami tra i popoli.
Tutte le società e i governi che vi parteciperanno avranno bisogno di trovare finanziamenti adeguati. L’unico modo per soddisfare queste necessità è emettere obbligazioni sia corporate, sia governative. Ecco perché il nostro fondo Invesco Belt and Road Debt Fund mira a cogliere queste opportunità investendo in obbligazioni emesse da società coinvolte nel progetto che rispettano i criteri ESG.
Da dove nasce l’idea di lanciare il format Edicola Invesco? Come ha risposto il pubblico al canale podcast come strumento di approfondimento dei temi finanziari?
In situazioni di difficile lettura come quella attuale, per il risparmiatore è fondamentale potere accedere a informazioni qualificate che lo aiutino a prendere decisioni razionali in merito ai propri investimenti.
Già diverse settimane prima che esplodesse la pandemia abbiamo lanciato “Edicola Invesco”, un format composto da brevi podcast settimanali dedicati all’educazione finanziaria e diretti a tutti coloro che desiderano capire l’importanza di un investimento consapevole.
Oltre ad affrontare temi di interesse generale, dalla Brexit alle pensioni, fino alla pianificazione finanziaria di lungo periodo, negli ultimi tempi ci stiamo focalizzando anche su come investire alla luce dello scenario che stiamo vivendo.
Per ascoltare i podcast basta cercare “Edicola Invesco” su Spotify, dove sono disponibili gratuitamente le puntate già caricate e ne arriveranno di nuove ogni settimana.
Oltre ai podcast, Invesco sta esplorando anche le opportunità di engagement offerte dai social network e da altri strumenti digitali. Come impostate la vostra presenza su questi canali?
Il panorama tecnologico è mutato profondamente negli ultimi anni e, che se ne sia consapevoli o meno, ha cambiato in tantissimi modi la nostra vita. Ritorniamo con la mente al 2000: Internet era ancora agli inizi, i social media erano sconosciuti e i cellulari erano soltanto telefoni.
Ora, quasi vent’anni dopo, la tecnologia è diventata parte integrante della nostra vita. I social media e gli smartphone stanno rapidamente ridefinendo le nostre abitudini di consumo e di accesso ai contenuti. Ce ne siamo accorti ancora di più in questi mesi, dove le distanze fisiche create dalla pandemia sono state colmate da una vicinanza sempre più digitale.
Abbiamo da poco lanciato il canale Invesco EMEA, in cui pubblichiamo tre volte a settimana contenuti anche in italiano, rilevanti e di attualità, per consentire ai nostri clienti di avere più punti di vista e spunti di riflessione. La nostra presenza è ancora agli albori, ma l’obiettivo è quello di crescere sempre di più in questo spazio, espandendoci anche ad altri canali social, a seconda dei temi che vorremo approfondire e del pubblico che vorremmo raggiungere.
Parlando del mercato italiano, molti sostengono che sia bene focalizzarsi su altre aree geografiche, potenzialmente più redditizie: recentemente alcuni gestori hanno ufficializzato l’ingresso sul mercato cinese. Lei cosa ne pensa?
In questa fase di ripresa è fondamentale valutare attentamente la qualità degli emittenti nel processo di selezione, al di là della classica diversificazione geografica e/o settoriale.
Pensiamo inoltre che sia fondamentale non stravolgere la pianificazione finanziaria definita con il cliente, e soprattutto non fare market timing. Rimane in ogni caso valido il principio di ingresso graduale sul mercato, che ci consente di contenere l’esposizione e gestire le eventuali altre fasi di alta volatilità, che potrebbero presentarsi durante l’anno.
Non è mai semplice fare previsioni, ma cosa bisogna aspettarsi nei prossimi mesi?
La pandemia di Coronavirus e le ricadute sull’economia a livello mondiale stanno generando un’elevata volatilità sui mercati finanziari. Abbiamo assistito nelle ultime settimane a brusche correzioni dei listini, seguite da recuperi e poi ancora da alti e bassi. Uno scenario non certo semplice per chi investe.
Questa crisi è destinata a rimanere negli annali e ad accompagnare le nostre vite per sempre. Ma è importante mantenere la mente lucida per cogliere i fattori di cambiamento che consentono di guardare con sufficiente ottimismo al futuro. L’innovazione tecnologica, ad esempio, ha dato il via a un periodo di radicali trasformazioni nel settore dei consumi, dove la quota di mercato si sta spostando tra le aziende creando nuovi vincitori e perdenti. Con l’ascesa di nuove stelle, alcuni degli eroi di un tempo svaniscono.
Secondo noi, l’effetto dirompente della tecnologia sul comportamento dei consumatori su scala mondiale fa sì che questo tema sia particolarmente interessante dal punto di vista degli investimenti.
Crediamo fermamente però che per investire in un mercato che si sta profondamente trasformando sia necessaria una ricerca bottom-up dei fondamentali e un’attenta selezione dei titoli.
Quali trend e strategie consiglia di tenere d’occhio in un momento come quello attuale di forte volatilità sui mercati? Mi viene in mente, ad esempio, l’investimento sostenibile.
Secondo noi l’investimento sostenibile non è una moda o una attività di marketing. Si tratta bensì di un trend di lungo periodo, perché ha un impatto su tutto ciò che ci sta a cuore. Quando si parla di investimenti sostenibili ci si riferisce a investimenti che tengono conto delle salvaguardia dell’ambiente, del rispetto dei diritti umani e delle diversità di genere e sono volti al rigore e all’integrità degli organi societari: i cosiddetti ESG (Environment Social Governance).
Questi fattori a loro volta hanno una serie di sfaccettature e sono tra di loro interconnessi. Il tutto in un’ottica di lungo periodo, tale da garantire alle aziende di poter indirizzare, e il più delle volte correggere, i propri piani di sviluppo a salvaguardia di valori ambientali e sociali oltre che economici.
I temi che rientrano in queste categorie sono molteplici e toccano la sensibilità di tutti, perché ciascuno di noi li vive nella propria quotidianità. Il successo e l’attrattiva degli investimenti sostenibili riflette la crescente consapevolezza degli investitori sull’importanza di questi valori e delle conseguenze delle decisioni e delle scelte aziendali a riguardo.
Infatti, i fenomeni climatici straordinari non avvengono più soltanto in aree remote o povere, ma sotto i nostri occhi, nelle circostanze più ordinarie. Il fenomeno dell’ineguaglianza di genere, per esempio, è tutti i giorni sui social media, le celebrities ne hanno fatto una bandiera e noi facilmente divulghiamo movimenti con uno “sharing” o un “like”.
Questa consapevolezza colpisce le generazioni in modo diverso e per motivi diversi. Gli anziani, i millennials e le donne sono le categorie più sensibili alla sostenibilità e, di conseguenza, più propensi a scegliere questo tipo di investimenti. Attori insospettabili, che stanno cambiando il settore del risparmio.
Per concludere, la domanda che ci ha portati qui oggi: il risparmio gestito conviene?
Oggi la priorità degli investitori è riuscire a tutelare il proprio patrimonio di fronte all’emergenza scatenata dal coronavirus, nella consapevolezza che non esistono più investimenti completamente al riparo dalle turbolenze. Premesso che non esistono ricette magiche, ci sono però degli accorgimenti che è possibile adottare per minimizzare i rischi e cogliere le opportunità di rimbalzo dei mercati.
In primo luogo è fondamentale non farsi prendere dal panico nei momenti di difficoltà. La tentazione di vendere c’è per tutti, ma è sempre bene guardare al medio periodo: una crisi, qualsiasi crisi, non dura per sempre. E dopo i cali delle ultime settimane ci sono ampi spazi per la ripresa delle quotazioni. In caso di dubbi, la nostra indicazione è di confrontarsi sempre con il proprio consulente finanziario.
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