L’impatto dello smart working sullo stipendio dei lavoratori

Riccardo Lozzi

05/11/2020

Le decisioni delle big tech della Silicon Valley sullo stipendio dei lavoratori in smart working e l’impatto che potrebbero avere a livello mondiale.

L’impatto dello smart working sullo stipendio dei lavoratori

Lo sviluppo dello smart working sta dando vita a un dibattito sempre più crescente su quale impatto potrebbe avere sullo stipendio dei lavoratori.

Ci troviamo ad assistere quindi a diverse politiche e approcci su questa nuova modalità di lavoro, per cui non è ancora chiaro quali sono i vantaggi e gli svantaggi per dipendenti e aziende, e quali sono i costi che devono sostenere gli uni e gli altri.

L’Olanda è stato il primo Paese a istituire un bonus smart working nella pubblica amministrazione, grazie al quale gli impiegati riceveranno in busta paga 363 euro in più all’anno per lavorare da casa.

Anche le big tech della Silicon Valley si stanno muovendo per modificare lo stipendio, ma non sempre si tratta di un aumento.

L’impatto dello smart working sullo stipendio dei lavoratori nella Silicon Valley

Infatti, Facebook e Twitter hanno dato la possibilità al proprio personale di non doversi più recare fisicamente in sede, ma, a chi decide di trasferirsi in un altro luogo rispetto alla costosa area di San Francisco, verrà ridotto lo stipendio. Anche VMWare ha annunciato un taglio del 18% per chi sceglie un’altra regione dove vivere.

La piattaforma di pagamenti Stripe, invece, è pronta a offrire ai dipendenti un assegno di 20.000 dollari per aiutarli con i costi di trasloco, a patto che questi siano pronti a rinunciare al 10% in busta paga.

Il social media Reddit, al contrario, ha comunicato che lascerà invariate le retribuzioni delle 600 persone impiegate nella propria società, indipendentemente da dove abiteranno.

Le conseguenze a livello mondiale

Insomma, una soluzione unica non si è trovata non solo in Italia, ma anche nella zona considerata come la più innovativa del pianeta, in cui si sta scatenando un vero e proprio dibattito tra i consulenti in risorse umane.

Tutti sono d’accordo nel considerare il Covid-19 come un fattore rivoluzionario per il lavoro, non solo nel periodo di lockdown e delle misure restrittive per lo spostamento, ma anche nel futuro.

Al momento c’è però ancora molta incertezza per quanto riguarda il livello di reddito che lo smart working comporterà.

Ad esempio potrebbe avverarsi un’ulteriore globalizzazione del mercato del lavoro. Le persone non sarebbero più costrette a doversi trasferire da un continente all’altro per perseguire la propria carriera, mentre i datori di lavoro potrebbero scegliere i migliori talenti in tutto il mondo.

Una nuova globalizzazione del mercato del lavoro?

Uno sviluppo del genere potrebbe portare a due conseguenze opposte tra loro. Si potrebbe osservare, da una parte, un aumento generale degli stipendi, anche in quei Paesi in cui al momento le buste paga sono molto più basse.

Questo permetterebbe anche una maggiore possibilità di accesso alle categorie al momento sottorappresentate, come le donne, le minoranze e i più anziani, che trovano maggiori ostacoli nel trasferirsi nelle grandi città.

Al tempo stesso, però, come accaduto nel recente passato, si potrebbe attuare una delocalizzazione negli Stati in cui si trova la forza lavoro a basso prezzo, senza che le società debbano dover sostenere alcun costo per le infrastrutture.

Uno scenario che porterebbe a un nuovo abbassamento della retribuzione globale, andando a impoverire ulteriormente la classe media dei Paesi avanzati.

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