Esiste un’indennità che pochi conoscono e che spetta quando, al decesso di un lavoratore, non c’è diritto alla pensione indiretta.
Quando si parla di diritti previdenziali dei superstiti si pensa solo alla pensione di reversibilità o, al limite, alla pensione indiretta. Alla morte del coniuge pensionato, infatti, a quello superstite viene riconosciuta la pensione di reversibilità, pari a una quota della prestazione erogata, in vita, al defunto.
Se, invece, a mancare è un lavoratore che ha raggiunto determinati requisiti contributivi, e non un pensionato, al posto della pensione di reversibilità è riconosciuta la pensione indiretta. Il funzionamento è più o meno lo stesso, ma la seconda è calcolata sulla pensione a cui avrebbe avuto diritto il lavoratore in base ai contributi versati fino al momento del decesso.
E se chi passa a miglior vita non è pensionato e non lascia diritto alla pensione indiretta? I superstiti rimangono senza poter contare su nessuna prestazione? Esiste l’indennità per morte, una prestazione che solo pochi conoscono e, proprio per questo motivo, non tutti richiedono. Cerchiamo di capire di cosa si tratta, a chi spetta e quando viene erogata.
Pensione indiretta: cos’è e differenza con la reversibilità
Indennità per morte, di cosa di tratta?
Intanto partiamo con il dire che si tratta di una prestazione economica che spetta al coniuge superstite di un assicurato iscritto in una delle gestioni previdenziali Inps.
Il beneficio, e questo va sottolineato fin da subito, spetta solo se la pensione del deceduto sarebbe stata calcolata con il sistema retributivo o misto. Sono esclusi dalla richiesta, quindi, i superstiti degli assicurati che ricadono interamente nel sistema contributivo.
L’indennità per morte viene riconosciuta se alla morte dell’assicurato, non ancora pensionato, il coniuge superstite non maturi il diritto alla pensione indiretta per mancanza dei requisiti contributivi che ne danno diritto.
A chi spetta l’indennità per morte?
Il beneficio ha come avente diritto il coniuge superstite. Solo in mancanza del coniuge l’indennità può spettare ai figli ma solo se di età che non superi i 18 anni o nel caso che siano inabili al lavoro e a patto che fossero a carico del genitore al momento della morte. L’età dei figli è elevata a 21 anni nel caso siano studenti di scuola media superiore o professionale e a 26 anni nel caso frequentino l’università.
In questi ultimi due casi l’indennità di morte è riconosciuta anche se i figli percepiscono redditi da lavoro limitati, ma devono sempre risultare a carico del genitore al momento del decesso.
A quanto ammonta l’indennità per morte?
Da premettere che il diritto all’indennità in questione sussiste solo se il defunto era iscritto in una delle gestioni previdenziali Inps e con almeno 52 settimane di contributi versati in una di queste gestioni.
Per l’ammontare dell’indennità si deve sempre far riferimento ai contributi versati e l’importo è pari a 45 volte l’ammontare dei contributi IVS versati in favore del defunto.
La domanda, in ogni caso, va presentata, online, entro un anno dal decesso pena la perdita del diritto all’indennità.
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