L’Italia in Libia con Eni a caccia di energia

Violetta Silvestri

28/01/2023

Dopo l’Algeria, la Libia: l’Italia rafforza la sua presenza nel Mediterraneo per assicurarsi nuove forniture energetiche, con il supporto di Eni. Opportunità e rischi della missione.

L’Italia in Libia con Eni a caccia di energia

L’Italia vuole essere protagonista nel Mediterraneo e la Libia è stata la nuova tappa del tour di Meloni, supportata dall’Eni e dall’ultimo accordo firmato con la compagnia energetica statale libica per esplorazioni di gas.

Nella necessaria e urgente ricerca di nuovi partner per l’approvvigionamento di energia dopo l’esclusione della Russia come fornitore, i Governi italiani - prima quello di Draghi ora l’esecutivo a guida Meloni - stanno intensificando le visite nei Paesi del Mediterraneo.

Da sempre cruciali a livello geopolitico poiché affacciati su un mare in continuo movimento per diversi aspetti - commercio e immigrazione in primis - ora gli Stati del Nord Africa appaiono vitali per il prestigio italiano.

Con il supporto di Eni, la nazione va a caccia di altro gas. Ma le opportunità non sono esenti da rischi. Anche in Libia.

L’Italia alla conquista del gas in Libia con Eni

Il 28 gennaio Giorgia Meloni ha rafforzato la cooperazione con la Libia e nella cornice della visita ufficiale nel Paese del Nord Africa è stato annunciato l’accordo tra Eni e NOC (azienda energetica statale libica) che porterà allo sviluppo di due giacimenti di gas al largo della costa occidentale della Libia.

“Il settore energetico non vedeva un investimento di questa portata da più di un quarto di secolo”, ha detto a Bloomberg Farhat Bengdara, presidente della National Oil Corp prima della firma. “È un chiaro messaggio alla comunità imprenditoriale internazionale che lo Stato libico ha superato la fase dei rischi politici”.

Il sito ufficiale ENI ha sottolineato che: “L’Amministratore Delegato della NOC e l’Amministratore Delegato di Eni hanno definito lo sviluppo di due giacimenti di gas, denominati “Structures A&E”, un progetto strategico volto a rifornire energeticamente il mercato interno libico e garantire l’esportazione di gas in Europa. Il progetto prevede anche la costruzione di un impianto di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) a Mellitah, che consentirà una significativa riduzione dell’impronta di carbonio complessiva, in linea con la strategia di decarbonizzazione di Eni”.

Il NOC sta negoziando investimenti in giacimenti e in infrastrutture energetiche come gli oleodotti con altre aziende, ha affermato. L’abbondanza di riserve di petrolio e gas della Libia - tra le più grandi in Africa - e la sua vicinanza all’Europa potrebbero renderla un fornitore di energia chiave per il continente. Ma le sue esportazioni sono state frenate dal caos politico per la maggior parte del periodo dalla caduta del dittatore Moammar Gheddafi nel 2011.

Intanto, l’Italia cerca di affermare la sua presenza sul territorio. I due campi in cui Eni investirà richiederanno circa 3 anni e mezzo per svilupparsi, con la produzione di gas prevista dal 2026 , raggiungendo un plateau di 750 milioni di piedi cubi di gas standard al giorno.

Grandi opportunità all’orizzonte, con le frequenti chiusure di giacimenti petroliferi e porti da parte delle milizie in guerra - alcune delle quali sono abbastanza gravi da far salire i prezzi globali - che sono terminate, secondo Bengdara. Ma è davvero così? L’Italia resta comunque in balia di un Paese fortemente instabile, sull’orlo di una guerra e che rimanda costantemente le elezioni.

Italia e Libia: i rischi per l’alleanza energetica

Secondo l’esperta Ispi Federica Saini Fasanotti, la campagna mediterranea della Meloni e, in generale, dell’Italia non è affatto priva di insidie:

“I governi nordafricani...hanno una radicata tendenza autocratica e sono soggetti a forte instabilità politica; due elementi che purtroppo non faranno che rendere accidentato e indubbiamente rischioso il percorso italiano. Per quanto riguarda l’accordo che dovrebbe essere siglato tra l’italiana ENI e la NOC libica, non vanno dimenticate le tensioni tra i due governi libici in conflitto e il fatto che l’eventuale accordo potrebbe non essere riconosciuto da alcune personalità locali”

La Libia non ha ancora un governo unificato. Due amministrazioni rivendicano il potere. Uno, guidato da Abdul Hamid Dbeibah, ha sede a Tripoli nell’ovest, mentre Fathi Bashagha ne guida un altro nella città centrale di Sirte. Inoltre, si pensa che centinaia di mercenari stranieri rimangano nel Paese, tra i quali i componenti della società Wagner, gestita dai russi.

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