La Corte dei Conti ha riconosciuto ad un maresciallo della Guardia di Finanza il diritto alla riliquidazione della pensione secondo parametri più vantaggiosi; ecco perché il militare ha diritto a delle aliquote di rendimento migliori.
Segnaliamo un’importante sentenza della Corte dei Conti - Regione Calabria - che potrebbe rivoluzionare il sistema di calcolo delle pensioni per le Forze Armate.
Con la sentenza numero 12/2018, infatti, la Corte dei Conti si è espressa in favore di un maresciallo aiutante della Guardia di Finanza il quale aveva chiesto il ricalcolo dell’assegno previdenziale secondo parametri più vantaggiosi.
Nel dettaglio, il maresciallo ha presentato ricorso contro la decisione dell’Inps di calcolare la quota retributiva della pensione (ovvero per quei contributi maturati entro il 31 dicembre 1995, data che ha segnato il passaggio al sistema contributivo) utilizzando le aliquote di rendimento previste per il personale civile (descritte quindi dall’articolo 44 del DPR 1092/1973) piuttosto che quelle più convenienti previste per il personale militare dall’articolo 54 dello stesso decreto.
I giudici della Corte dei Conti si sono espressi in favore del maresciallo riconoscendogli il diritto alla riliquidazione dell’assegno pensionistico secondo parametri maggiormente convenienti; con questa importante sentenza, quindi, viene riconosciuto il diritto del militare arruolato dopo gli anni ‘80 che rientra nel sistema misto per il calcolo della pensione ad ottenere un assegno previdenziale di importo più alto.
Vediamo quindi cosa cambia per la pensione dei militari analizzando quanto stabilito dai giudici della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, Regione Calabria, per il caso di specie.
Il caso di specie
Nel caso di specie i giudici della Corte dei Conti hanno valutato il ricorso presentato da un maresciallo della Guardia di Finanza che dopo 31 anni di servizio (si era arruolato nell’ottobre del 1986) era stato congedato per sopravvenuta inidoneità psico-fisica.
Come anticipato il ricorrente lamentava un calcolo dell’assegno previdenziale particolarmente svantaggioso, dal momento che la parte retributiva della pensione era stata calcolata secondo aliquote di rendimento previste per il personale civile e non per quello militare.
Prima di andare avanti ricordiamo che il sistema retributivo si applica per quella parte di contributi maturati entro il 31 dicembre del 1995. Si applica anche per quelli successivi nel caso in cui entro la suddetta data si abbiano almeno 18 anni di contributi; in questo caso, infatti, il lavoratore rientra interamente nel calcolo retributivo piuttosto che il quello misto.
Nel caso di specie quindi il maresciallo rientra in quest’ultimo sistema visto che essendosi arruolato nel 1986 aveva maturato non più di 10 anni di servizio alla data del 31 dicembre 1995; per i contributi accreditati per il periodo successivo, quindi, si utilizza il più penalizzante sistema contributivo.
Quali aliquote di rendimento utilizzare per il personale militare?
Nel dettaglio, nel caso di specie le aliquote di rendimento utilizzate per il calcolo della parte retributiva della pensione sono pari al 2,33% per i primi 15 anni di servizio e dell’1,8% per ogni anno di anzianità successivo.
Queste aliquote però sono quelle previste per il personale civile che rientra nel sistema misto e non per il personale militare; come lamentato dalla difesa del ricorrente, infatti, l’articolo 54 del decreto 1092/1973, infatti, riconosce al militare che abbia maturato almeno 15 anni - e non più di 20 - una pensione pari al 44% della base pensionabile.
Ciò significa che per i primi 15 anni di servizio il militare godrebbe di un rendimento superiore rispetto a quello del personale civile, ovvero pari al 2,93% (piuttosto che il 2,33%) per ogni anno. In questo caso al raggiungimento dei 15 anni di servizio si avrebbe diritto al suddetto 44% della base pensionabile.
Nessun incremento, invece, è previsto per il periodo che va dal 15° al 20° anno di servizio, dopodiché per ogni anno di servizio successivo al ventesimo è prevista un’aliquota di rendimento dell’1,80%.
Nel caso di specie, quindi, il maresciallo della Guardia di Finanza per i 10 anni di servizio avrebbe avuto diritto al 30% della base pensionabile e non il 23% come invece successo utilizzando le aliquote di rendimento dell’Inps.
Per quale motivo allora l’Inps ha deciso di utilizzare le aliquote di rendimento previste per il personale civile piuttosto che per quello militare? Secondo l’Istituto l’articolo 54 del decreto suddetto si applica solamente per quel personale militare che può vantare, prima del 1° gennaio 1996, un’anzianità di servizio compresa tra i 15 e i 20 anni. Di conseguenza nel caso di specie questo non sarebbe stato possibile visto che il maresciallo aveva un’anzianità di appena 10 anni essendosi arruolato nel 1986.
La Corte dei Conti però chiamata a decidere sulla questione ha accolto il ricorso presentato dal maresciallo, screditando l’interpretazione della norma data dall’Inps.
Cosa cambia?
Questa pronuncia della Corte dei Conti, quindi, potrebbe dare avvio ad una nuova stagione di ricorsi visto che il personale militare tutto l’interesse a far valere il suo diritto ad una pensione più alta di quella liquidata.
Ad essere interessati saranno appunto coloro che si sono arruolati nel periodo che va dal 1980 al 1995, ovvero chi al passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo aveva maturato da 1 a 15 anni di servizio.
Vedremo tra l’altro se anche le altre regioni concorderanno con l’interpretazione data dalla Corte dei Conti della Calabria; se interessati all’evolversi della situazione, quindi, vi invitiamo a seguirci perché vi terremo aggiornati non appena ci saranno novità in merito.
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