Paradisi fiscali, ecco quelli europeo che non sono nella black list

Patrizia Del Pidio

11 Marzo 2025 - 14:14

I paradisi fiscali non si trovano solo in zone remote: ce ne sono addirittura sei all’interno dell’Unione Europea. Vediamo quali sono.

Paradisi fiscali, ecco quelli europeo che non sono nella black list

Non bisogna andare troppo lontano per trovare i paradisi fiscali perché, se anche l’Unione Europe prende di mira quelli che sono presenti nel mondo inserendoli in un’apposita black list, sembra ignorare i Paesi con una fiscalità aggressiva che si trovano all’interno dei suoi confini.

La black list dei paradisi fiscali serve a contrastare l’elusione fiscale e valuta la trasparenza di Paesi che non hanno rispettato gli impegni assunti per la governance fiscale o di Paesi che si sono rifiutati da farlo.

I criteri per l’inserimento nella black list riguardano:

  • trasparenza fiscale;
  • scambio automatico di informazioni fiscali;
  • scambio di informazioni su richiesta;
  • adesione alla Convenzione multilaterale OCSE sull’assistenza amministrativa);
  • trasparenza sulla titolarità effettiva;
  • Criteri di equità fiscale: Nessuna misura fiscale preferenziale dannosa;
  • nessun favoreggiamento di strutture offshore);
  • criteri relativi alle misure anti-BEPS (contro l’erosione della base imponibile);
  • impegno ad adottare gli standard minimi OCSE contro la BEPS;
  • implementazione degli standard minimi anti-BEPS.

Nell’applicare la lista il Consiglio Ue ha espresso il seguente parere nel Consiglio del 5 settembre 2017:

L’UE e gli Stati membri possono applicare misure di difesa efficaci e proporzionate, tanto nel settore fiscale quanto in quello non fiscale, nei confronti delle giurisdizioni non cooperative, fino a quando queste figurino nella lista.

Black list dei paradisi fiscali

La black list UE è stata creata nel 2017 ed è aggiornata due volte l’anno, a febbraio e a ottobre. Gli Stati membri Ue, poi, impongono delle misure a difesa dei Paesi che sono presenti sulla lista applicando un maggiore controllo sulle transazioni.

La valutazione per l’inserimento nella black list, però, viene effettuata solo nei confronti dei Paesi extra Ue, ma proprio per questo da Organizzazioni come Oxfam viene considerata poco efficace, visto che servirebbero delle regole volte a valutare anche gli Stati membri dell’Ue, che non sono attualmente presi in considerazione.

I Paesi nella black list presenti all’aggiornamento di febbraio 2025 sono:

  • Samoa Americane;
  • Anguilla;
  • Bahamas;
  • Figi;
  • Guam;
  • Palau;
  • Panama;
  • Russia;
  • Samoa;
  • Trinidad e Tobago;
  • Isole Vergini USA.

La lista grigia dei Paesi

Oltre alla lista nera, esiste anche una lista grigia che comprende i Paesi che, pur non rispettando in pieno i criteri chiesti dall’Ue, si sono impegnati ad attuare delle riforme che portano al rispetto degli stessi. Nella lista grigia sono presenti i seguenti Paesi:

  • Antigua e Barbuda;
  • Belize;
  • Isole Vergini Britanniche;
  • Brunei Darussalam;
  • Eswatini;
  • Seychelles;
  • Turchia;
  • Vietnam.

I paradisi fiscali Europei

Esistono Paesi che si trovano all’interno dei confini dell’Unione Europea che restano fuori dalla black list nonostante attuino politiche fiscali molto aggressive e sono:

  • Cipro;
  • Irlanda;
  • Lussemburgo;
  • Malta;
  • Paesi Bassi;
  • Ungheria.

Si tratta di sei Paesi che sono stati definiti dei veri “buchi neri fiscali”, che sottraggono risorse ai vicini di casa provocando un danno abbastanza ingente e andando a favore di vuole eludere le tasse. La vecchia Commissione Ue ha sempre tralasciato di valutare i paradisi fiscali presenti nell’Ue, ma questi provocano una perdita di gettito compresa tra i 50 e i 70 miliardi di euro; 50 miliardi, circa, sono elusi dalle persone fisiche che portano la residenza all’estero, 65 miliardi circa, invece, riguarda l’Iva transfrontaliera.

Il Parlamento europeo avanzò l’ipotesi di inserire nella black list anche i Paesi all’interno dell’Ue, ma alla fine si è concluso con un nulla di fatto, anche se i paradisi fiscali in questione non vanno a impoverire solo le Nazioni da cui fuggono le imprese e i privati, ma anche l’Ue stessa. Permettendo una tassazione più bassa, infatti, va ad alimentare l’inefficienza del sistema stesso.

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