Parigi ci racconta che è in atto una guerra di Servizi. E non sarà né breve, né indolore

Mauro Bottarelli

25 Dicembre 2022 - 06:30

Nella città delle banlieue, perché un paranoico razzista 69enne dovrebbe attaccare proprio un centro culturale curdo? Nel frattempo, l’Ue «scagiona» Mosca per Nord Stream. Ma è il Qatar a tener banco

Parigi ci racconta che è in atto una guerra di Servizi. E non sarà né breve, né indolore

Nella città simbolo delle banlieue e del conflitto interraziale che incarnano, per quale ragione un 69enne razzista e paranoico con l’hobby delle armi dovrebbe cercare vendetta contro il diverso in un centro culturale di militanti politici curdi? Oltretutto, rifugiandosi dopo la sparatoria nel salone di parrucchiere accanto, dove la polizia lo ha fermato senza sforzi. Chi o quali luoghi ha frequentato negli 11 giorni intercorsi fra la sua scarcerazione e l’attentato, il nostro William Foster d’Oltralpe?

Viene da chiederselo. Perché se appare ovvio che una persona simile non sia normale, altrettanto palese è che ci sia qualcosa che puzza nell’accaduto. Tanto più che la comunità curda, già vittima anni fa di un attentato simile, certamente non è in cima alla classifica delle più problematiche nella capitale francese. Ora, invece, scontri e violenza. Per il secondo giorno di fila, Un Natale illuminato dalle molotov, quello lungo le rive della Senna.

Tutto, apparentemente, a causa di un matto con un piano strategico tanto chiaro e simbolico, quanto operativamente suicida. Ma si sa, i curdi sono il blazer blu della destabilizzazione. Vanno su tutto, in occasione. E non passano mai di moda. Soprattutto quando nell’aria c’è un’offensiva in Siria dai molti significati. E dai molti, troppi convitati di pietra e interessi contrapposti. Fateci caso: quanto ci ha messo la notizia a precipitare in fondo alle pagine web, già poche ore dopo i botti?

Cui prodest? Una cosa sola appare certa: l’Europa è percorsa da tensioni sottotraccia decisamente pesanti. Alcune destinate a emergere, altre a rimanere nell’ombra. Come questa:

come è possibile che il Washington Post pubblichi una notizia simile, mentre il 90% delle stampa europea la ignora? E il servizio pubblicato dal quotidiano Usa si basa su tre decine di pareri di funzionari europei appartenenti a 9 Paesi, a vario titolo coinvolti nell’inchiesta relativa al sabotaggio e all’esplosione del gasdotto. Di fatto, la stessa Ue che immediatamente aveva sposato la tesi dell’auto-attentato russo, oggi dice chiaramente che non esiste mezza prova o evidenza a sostegno del sospetto verso Mosca.

In compenso, esattamente come nel caso del 69enne appena uscito di galera e impaziente di attaccare un centro culturale curdo in pieno giorno e fra lo shopping natalizio, il problema sostanziale appare uno solo: se non è stata la Russia, quale altro soggetto presente nell’area è in grado di dar vita a un’operazione di quel genere? Se la memoria fa difetto, giova ricordare che qualcuno ha piazzato sott’acqua 500 chilogrammi di tritolo. Meglio non rispondere, forse. Quindi, meglio lasciare che notizie simili vengano diffuse Oltreoceano. E qui arrivino solo come eco lontana. Materiale per feticisti.

Anche perché c’è il Qatargate a tenere banco. Ancorché, sempre un po’ meno. Sparito dai tg, persino i giornali più assetati di manette verso la classe politica sembrano aver mollato l’osso. Soprattutto, al netto di smentite, la cupola che avrebbe agito in favore di Qatar e Marocco sarebbe limitata alle cinque persone arrestate. Di cui due, la moglie e la figlia di Antonio Panzeri, certamente non in grado di influenzare scelte politiche a Bruxelles.

Ora, quale diabolico piano di traffico di influenze potrebbero aver messo a punto quei tre? Non si parlava addirittura di una sessantina fra politici e funzionari coinvolti? Ma, soprattutto, quale sarebbe stato l’esiziale favore di cui avrebbero goduto Qatar e Marocco a fronte delle elargizioni? Sicuramente, la magistratura belga avrà le sue piste da seguire. E presto arriveranno novità. Grosse novità. Per ora, però, tutto pare in declino di attenzione mediatica. Ma, forse, occorreva solo inviare un messaggio.

Non a caso, tutto sarebbe nato da una talpa. Animale estremamente diffuso a Bruxelles, capitale d’Europa e sede del Patto. E sempre il Washington Post, quotidiano che certamente qualche aggancio con l’intelligence può vantarlo, non fosse altro in ossequio al Watergate, ci ha tenuto a rimarcare la propria opinione al riguardo.

In effetti, poca spesa e massima resa. Uno scandalo di corruzione dai profili quasi da film dei Vanzina, assolutamente circoscritto e ben identificabile. Quasi su misura. Per l’Italia, in questo caso.

Mentre la Germania ha già avuto Nord Stream e ora la minaccia sul gas del Qatar, innervosito dalla pubblicità negativa che ha oscurato il Mondiale dei record: guarda caso, firmi un contratto di fornitura per 15 anni e saltano fuori quei mariuoli di italiani a rovinare tutto. E ora la Francia con il suo rigurgito di estrema destra a orologeria.

A pochi giorni dalla Conferenza di Parigi sull’Ucraina. Ovviamente, trattasi di coincidenze. D’altronde, Salah Abdeslam, braccato dalla polizie di tutto il mondo per la strage del Bataclan, scappò da Parigi per tornare a casa sua, a Molenbeek. Deve essere l’aria degli Champs Elysées a inebriare.

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