In Sardegna continua la protesta dei pastori per il crollo del prezzo del latte: passate le elezioni regionali, si continua a mediare per trovare una soluzione.
Se in Francia era stato l’aumento del costo del carburante a scatenare la protesta dei gilet gialli, iniziata a novembre e ancora in corso, in Sardegna invece è stato il prezzo del latte ovino e caprino, ritenuto troppo basso dagli allevatori, a mettere sul piede di guerra i pastori.
Negli ultime settimane si sono susseguite manifestazioni di protesta e blocchi in tutta la Sardegna, con migliaia di litri di latte versato in strada, con i pastori che hanno anche minacciato di boicottare le elezioni regionali che si sono tenute, fortunatamente senza problemi, domenica 24 febbraio.
Al momento però non è ancora stato raggiunto un accordo, con i pastori che stanno continuando nella loro protesta vista la distanza che ancora c’è con le posizioni degli industriali caseari.
I motivi della protesta dei pastori sardi
La chiamano “l’onda bianca” questo movimento di protesta dei pastori sardi che, dopo giorni di manifestazioni e blocchi, continua a tenere banco chiamando in causa direttamente la politica nazionale.
Il tutto è iniziato il 6 febbraio quando nei pressi di Villacidro, località tra Cagliari e Oristano, un camion di un’azienda casearia è stato bloccato da due uomini incappucciati con tanto di bastoni in mano. Dopo aver minacciato l’autista, lo hanno obbligato a versare in strada il latte appena raccolto.
Da quel momento in tutta la Sardegna si sono susseguite manifestazioni di protesta, con migliaia di litri di latte versato in strada, oltre a blocchi stradali che hanno interessato soprattutto la Statale 131 (la principale strada di comunicazione dell’isola) e la zona nelle vicinanze del porto di Porto Torres.
Negli ultimi giorni si sono verificati anche episodi più inquietanti. Nel sassarese infatti due uomini incappucciati e armati hanno bloccato una autocisterna, dandola poi alle fiamme.
Una cosa simile era avvenuta anche nel nuorese, con il camion che però era stato soltanto svuotato. In totale finora sono otto i manifestanti che sono stati denunciati per violenza privata.
Gesti forti per una situazione che i pastori sardi definiscono al limite dell’esasperazione. Il casus belli è il prezzo che le grande industria casearia paga agli allevatori per il latte ovino e caprino, 60 centesimi al litro, ritenuto troppo basso anche per coprire le spese: la richiesta è quella di 1 euro al litro, quindi quasi il doppio.
Il problema secondo Coldiretti Sardegna è che 33 caseifici su 35 non avrebbero rispettato le loro quote, producendo più pecorino romano del dovuto provocando così un calo del prezzo.
Gli industriali quindi per rifarsi della diminuzione del prezzo del pecorino romano, avrebbero scaricato tutti gli oneri pagando meno il latte dagli allevatori che quindi hanno messo in atto la loro protesta.
Una protesta questa che è stata ripresa anche dalla squadra di calcio del Cagliari, che è scesa in campo nel posticipo serale di domenica a San Siro contro il Milan con una maglietta di sostegno ai pastori.
Le trattative
In totale sono 12.000 gli allevamenti nell’isola che ospita circa il 40% di tutte le pecore presenti in Italia, producendo 3 milioni di litri di latte che viene utilizzato principalmente per la realizzazione del pecorino romano.
Da tempo il prezzo del latte sta subendo delle oscillazioni. Nel 2017 era sceso fino a 60 centesimi al litro, per risalire nel 2018 fino a 85 centesimi ma adesso è arrivato il nuovo crollo a causa della diminuzione del prezzo del formaggio a causa della troppa produzione.
La strategia di Salvini, che sta gestendo il tavolo aperto, è quella di far acquistare dallo Stato 67.000 quintali di formaggio in eccesso (costo 44 milioni) così da far salire il prezzo del prodotto. Nel frattempo il costo del latte salirebbe a 70 centesimi al litro, ma la proposta non è stata giudicata soddisfacente dai pastori.
Adesso però la partita si è spostata a Sassari, dove in Prefettura ci sarà l’apertura di un tavolo tecnico alla presenza sia dei pastori che degli industriali. Gli allevatori chiedono un aumento immediato ad almeno 80 centesimi, con il prezzo che poi dovrebbe aumentare fino a 1 euro, ma ancora le parti sarebbero distanti.
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