Pensioni: perché il Governo dovrebbe eliminare Quota 100 nonostante le promesse

Antonio Cosenza

13 Settembre 2019 - 08:00

Pensioni: Quota 100 torna in discussione dopo il report della Ragioneria di Stato nel quale sono indicati gli effetti della misura sulla spesa previdenziale.

Pensioni: perché il Governo dovrebbe eliminare Quota 100 nonostante le promesse

Pensioni: le ultime notizie mettono nuovamente a rischio il futuro di Quota 100.

Non c’è pace per Quota 100; dopo le parole del Ministro del Lavoro - Nunzia Catalfo - che ha promesso, pur non escludendo dei miglioramenti, il mantenimento della misura fino alla scadenza naturale (prevista per il 31 dicembre 2021), ecco arrivare il report della Ragioneria Generale dello Stato che ne rimette nuovamente in discussione la misura.

Il quadro descritto dall’analisi effettuata dalla Ragioneria di Stato, nella quale è stato esaminato l’andamento della spesa pensionistica e sanitaria, è di vero allarme: secondo gli esperti, infatti, l’introduzione di Quota 100 va ad innalzare la spesa previdenziale portandola ai limiti della sostenibilità.

Un’analisi di cui il nuovo Governo Conte dovrà sicuramente tener conto portandolo, inevitabilmente a fare una riflessione in merito a Quota 100; bisognerà tenerla oppure eliminarla così da poter evitare che lo scenario descritto dalla Ragioneria di Stato si concretizzi?

La pensione con Quota 100 rende insostenibile la spesa previdenziale

Secondo l’analisi della Ragioneria di Stato, Quota 100 (che dovrebbe costare circa 8,8 miliardi di euro nei prossimi due anni), unita al congelamento dell’adeguamento con le speranze di vita dei requisiti per l’accesso alla pensione anticipata (previsto dal decreto 4/2019), porterà ad un sostanzioso innalzamento della spesa previdenziale.

Nei prossimi due anni solo Quota 100 comporterà un esborso statale di circa 9 miliardi di euro (8,8 miliardi), mentre il rapporto della spesa pensionistica rispetto al PIL tornerà al livello massimo toccato nel 2013, pari al 15,9%.

Gli effetti di queste riforme comporteranno per lo Stato una spesa complessiva di 63 miliardi di euro nei prossimi diciotto anni (fino al 2038); un esborso che non sembra essere sostenibile nel lungo periodo e che, soprattutto, non rientra nei limiti di spesa dettati dall’Unione Europea.

Allarme pensioni: quale soluzioni?

Le soluzioni potrebbero essere due. Da una parte potrebbe esserci l’eliminazione anticipata di Quota 100 (ipotesi paventata nelle ultime settimane ma smentita dal nuovo Ministro del Lavoro); dall’altra ci potrebbe essere una revisione del meccanismo che blocca l’adeguamento con le aspettative di vita per le pensioni anticipata fino al 2026.

D’altronde, come fatto presente dalla Ragioneria di Stato, è importante legare l’uscita verso la pensione anche agli incrementi della speranza di vita; un meccanismo che - si legge nel rapporto - costituisce un vero e proprio pilastro sul quale si fonda la sostenibilità del nostro sistema previdenziale.

Non è un caso, infatti, che questo strumento ottenga i favori degli Organi internazionali, compresa l’Unione Europea.

Piuttosto che eliminare Quota 100, sarebbe più opportuno, almeno secondo quelle che sono le indicazioni della Ragioneria di Stato e, più generalmente, dell’UE, rivedere il blocco dell’adeguamento con le aspettative di vita per le pensioni anticipate che costituisce “uno dei fondamentali parametri di valutazione dei sistemi pensionistici specie per i paesi con alto debito pubblico come l’Italia”.

Si tratta, infatti, di una misura efficace per sostenere il livello delle prestazioni, in un contesto di invecchiamento della popolazione.

Perché Quota 100 “non piace” al lavoratore

La Ragioneria di Stato ha poi effettuato un calcolo di quanto colui che anticipa l’accesso alla pensione ricorrendo a Quota 100 perde sull’assegno previdenziale.

Nel dettaglio, secondo i calcoli della Ragioneria il tasso di sostituzione per chi accede a Quota 100 è più basso del 6% rispetto a quello che avrebbe raggiunto al raggiungimento dell’età pensionabile (67 anni).

Facciamo un esempio: un lavoratore con stipendio di 1.300€ una volta raggiunti i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia si vedrebbe riconoscere un assegno di 910,00€, con un tasso di sostituzione pari quindi al 70%. Ebbene, se questo decide di anticipare l’accesso alla pensione ricorrendo a Quota 100 andrebbe a percepire - per effetto della minor contribuzione accreditata visto il numero più basso di anni di lavoro - un assegno pari a circa 832,00€, con un tasso di sostituzione quindi del 64%.

Ecco spiegato, per la Ragioneria, uno dei motivi per cui Quota 100 ha avuto meno successo rispetto a quelle che erano le aspettative del Governo. Vedremo se questo “insuccesso”, unito al fatto che Quota 100 aumenta notevolmente la spesa sulle pensioni, porterà il Governo a rivedere questa e le altre misure introdotte dall’ultima riforma.

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