Pensioni più alte nel 2025 grazie alla rivalutazione del montante contributivo? Assolutamente no, vi spieghiamo perché.
Come noi di Money.it abbiamo anticipato qualche mese fa - non si tratta infatti di una novità come si sta facendo passare in queste ore - per chi va in pensione nel 2025 il montante contributivo, ossia l’insieme dei contributi maturati in carriera, viene rivalutato del 3,6%. Meglio rispetto a chi invece è andato in pensione nel 2024, per i quali la rivalutazione era pari a 2,3%.
L’Inps lo ha ribadito di recente con il messaggio interno n. 914 del 14 marzo 2025, con il quale vengono chiarite le modalità per la richiesta di liquidazione delle pensioni con decorrenza da quest’anno. È qui che viene spiegato nel dettaglio come si applica la rivalutazione riferita al montante contributivo, specificando che - come vuole la regola - non si applica su tutti i contributi in quanto vengono esclusi quelli maturati negli ultimi due anni.
A tal proposito, è bene vedere in che modo la rivalutazione del montante contributivo incide, aumentandolo, sull’importo della pensione, ricordando però un aspetto molto importante: se da una parte è vero che chi va in pensione nel 2025 gode di un maggiore incremento del montante contributivo, dall’altra chi ci è andato nel 2024 ha beneficiato di regole più convenienti per quanto riguarda la trasformazione dello stesso in importo di pensione vista l’applicazione di coefficienti maggiormente favorevoli.
È l’effetto Fornero: è stata la riforma del 2011, infatti, a stabilire che i coefficienti di trasformazione ogni biennio si adeguano alle aspettative di vita, con il rischio che con il passare degli anni risultino sempre meno convenienti sterilizzando di fatto il guadagno percepito con la rivalutazione del montante contributivo.
Come funziona il sistema contributivo per il calcolo della pensione (in breve)
Per capire in che modo la rivalutazione del montante contributivo incide sull’importo della pensione bisogna ricordare come funziona il sistema contributivo che ricordiamo si applica sui periodi:
- successivi all’1 gennaio 1996;
- successivi all’1 gennaio 2012 per coloro che alla data del 31 dicembre 1995 avevano maturato almeno 18 anni di contributi.
Con il sistema contributivo sono due le voci maggiormente rilevanti: i contributi versati in carriera e l’età del pensionamento.
I contributi versati, infatti, si accumulano di anno in anno fino a quando, nel momento del pensionamento, vengono rivalutati attraverso l’applicazione di un determinato coefficiente che appunto per coloro che vanno in pensione nel 2025 è pari al 3,6%. Attenzione però, la rivalutazione è limitata al 31 dicembre 2023, mentre i contributi versati eventualmente nel 2024 e nel 2025, nei mesi che precedono il pensionamento appunto, non ne beneficiano.
A questo punto abbiamo il montante contributivo che si trasforma in pensione attraverso l’applicazione di un determinato coefficiente, variabile in base all’età del pensionamento. Più si ritarda il collocamento in quiescenza, infatti, e più il coefficiente è vantaggioso.
Come anticipato, però, a decorrere dall’1 gennaio 2025, e sarà lo stesso nel 2026, i coefficienti di rivalutazione sono più bassi rispetto a quelli applicati nel biennio scorso. Alla luce di questo, possiamo davvero dire che chi va in pensione nel 2025 prende di più rispetto a chi ci è andato lo scorso anno? Scopriamolo.
Come aumenta il montante contributivo e impatti sull’importo di pensione
Quindi, per chi è andato in pensione nel 2024 il montante contributivo - maturato al 31 dicembre 2022 - è stato rivalutato del 2,3%, mentre per chi ci è andato nel 2025 la rivalutazione è del 3,6%.
Ecco una tabella che mette a confronto come cambiano gli importi a seconda dei casi:
Montante contributivo aggiornato a due anni prima del pensionamento | Montante contributivo rivalutato del 2,3% | Montante contributivo rivalutato del 3,6% |
---|---|---|
100.000 | 102.300 | 103.600 |
150.000 | 153.450 | 155.400 |
200.000 | 204.600 | 207.200 |
250.000 | 255.750 | 259.000 |
300.000 | 306.900 | 310.800 |
350.000 | 358.050 | 362.600 |
400.000 | 409.200 | 414.400 |
450.000 | 460.350 | 466.200 |
500.000 | 511.500 | 518.000 |
Andare in pensione nel 2025, quindi, è maggiormente conveniente per quanto riguarda la rivalutazione del montante contributivo. Ma non è lo stesso per quei parametri - i cosiddetti coefficienti di trasformazione - che invece vengono utilizzati per passare dal montante contributivo all’importo di pensione che come anticipato sono diventati più bassi a gennaio 2025 come indicato dalla seguente tabella:
Età | Coefficiente 2023-2024 | Coefficiente 2025 |
---|---|---|
57 | 4,270% | 4,204% |
58 | 4,378% | 4,308% |
59 | 4,493% | 4,419% |
60 | 4,615% | 4,536% |
61 | 4,744% | 4,661% |
62 | 4,882% | 4,795% |
63 | 5,028% | 4,936% |
64 | 5,184% | 5,088% |
65 | 5,352% | 5,250% |
66 | 5,531% | 5,423% |
67 | 5,723% | 5,608% |
68 | 5,931% | 5,808% |
69 | 6,154% | 6,024% |
70 | 6,395% | 6,258% |
71 | 6,655% | 6,510% |
A questo punto possiamo vedere se davvero andare in pensione nel 2025 è più conveniente rispetto al 2024. Prendiamo come esempio due persone con montante contributivo di 300.000 euro al netto della rivalutazione che vanno in pensione a 67 anni (pensione di vecchiaia), con la differenza che uno lo fa nel 2025 e l’altro nel 2024.
Nel primo caso, con un montante contributivo rivalutato a 306.900 euro e un coefficiente di trasformazione del 5,723%, l’importo mensile della pensione è pari a 17.563,88 euro annui. Chi va in pensione nel 2025, invece, vede il montante contributivo salire a 310.800 euro, mentre il coefficiente di trasformazione è del 5,608%. Di conseguenza, di pensione spettano 17.429,66 euro, quindi in realtà meno rispetto a chi ci è andato nel 2025, seppure di pochi euro.
Non è vero, quindi, che l’aumento del montante contributivo comporta necessariamente un incremento della pensione, visto che appunto l’effetto di una migliore rivalutazione è stato completamente assorbito dal fatto che i coefficienti di trasformazione applicati sono meno convenienti rispetto a quelli del biennio scorso.
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