Il Ccnl dell’edilizia prevede un canale di accesso alla pensione maggiormente favorevole: è possibile smettere di lavorare all’età di 63 anni, ecco come.
Come più volte abbiamo avuto modo di spiegare, per quanto in Italia l’età legale per l’accesso alla pensione di vecchiaia sia fissata a 67 anni, non mancano le alternative che consentono di uscire anticipatamente dal mercato del lavoro.
Esistono ad esempio diverse professioni per le quali ci sono dei canali di accesso alla pensione maggiormente favorevoli. Ne sono un esempio i lavoratori del settore edile, i quali oltre ad avere la possibilità di accedere all’Ape Sociale (a 63 anni e 5 mesi, con 32 anni di contributi), possono anche andare in pensione all’età di 63 anni grazie a un’apposita tutela prevista dallo stesso Contratto collettivo Edilizia industria e cooperative.
Con il Ccnl in questione, infatti, è stato istituito un apposito fondo volto a finanziare l’uscita anticipata dei lavoratori del settore edile ai quali mancano 4 anni al raggiungimento della soglia minima richiesta per l’accesso alla pensione di vecchiaia. E si tratta di un numero importante: secondo i dati raccolti dalle Casse edili, in Italia ci sono oltre 80.000 lavoratori con più di 63 anni nel settore edile, mentre circa 14.000 di questi hanno superato persino la soglia dei 65 anni.
Una soluzione per fare in modo che questi possano evitare di continuare a svolgere un lavoro particolarmente gravoso in età avanzata, quando tra l’altro si è anche più esposti al rischio infortuni, è stata individuata appunto con il rinnovo del contratto del 2018, quando sindacati - Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil - e associazioni datoriali hanno istituito un apposito Fondo volto a finanziare il prepensionamento di questi lavoratori. A contribuirvi sono le aziende, attraverso un’aliquota contributiva totalmente a loro carico.
Vediamo come funziona e quali sono i requisiti richiesti per accedervi potendo così anticipare l’uscita dal lavoro già all’età di 63 anni.
Lavoratori del settore edile, come smettere di lavorare a 63 anni
Come anticipato, la misura consente di smettere di lavorare a 63 anni, intraprendendo un percorso che vede anche la partecipazione dell’indennità di disoccupazione Naspi.
Nel dettaglio, una volta compiuti i 63 anni il lavoratore viene licenziato dall’azienda e pertanto può beneficiare della Naspi che, ricordiamo, nel 2025 ha un importo pari a:
- 75% della retribuzione media per i primi 1.436,61 euro;
- 25% per la parte restante fino a un massimo di 1.562,82 euro.
Ricordiamo poi che per coloro che hanno compiuto i 55 anni a partire dall’8° mese di percezione scatta una riduzione mensile del 3%. Ebbene, in questo caso la decurtazione non è prevista, o meglio, la somma tolta viene compensata interamente dal Fondo in oggetto, facendo sì quindi che nel periodo di percezione dall’indennità di disoccupazione - pari a 24 mesi per coloro che hanno un’anzianità contributiva pari o superiore a 4 anni - l’importo resti sempre lo stesso.
Una volta conclusa la Naspi, mancheranno così altri due anni per raggiungere il diritto alla pensione di vecchiaia. Ed è qui che interviene nuovamente il Fondo, il quale riconosce una indennità retributiva pari al massimale della Cassa integrazione guadagni ordinaria, pari a circa 1.400 euro. Nello stesso periodo viene riconosciuta anche la contribuzione utile ai fini della pensione, il cui importo è pari a quanto certificato dall’Inps al lavoratore per i versamenti volontari.
I requisiti
Come anticipato, per accedere a questa misura serve aver compiuto 63 anni di età ed essere così distante appena 4 anni dal raggiungimento della pensione di vecchiaia. Ma non basta: c’è un altro requisito importante richiesto, ossia il versamento da parte del lavoratore di almeno 2.1000 ore in Cassa edile nel biennio precedente l’interruzione del rapporto di lavoro (al netto di eventuali ammortizzatori sociali fruiti).
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