Pensioni, il sistema previdenziale rischia di crollare? Cosa fare oggi per evitare che un domani possa esserci una nuova riforma in stile Fornero.
Mentre il governo Meloni discute di una riforma delle pensioni che possa garantire flessibilità, consentendo quindi di anticipare l’uscita dal mercato del lavoro, avanza il grido di allarme di Pasquale Tridico che spiega il perché le prospettive future per il bilancio dell’Inps sono alquanto negative.
C’è una tendenza, infatti, che preoccupa maggiormente il presidente dell’Inps: la riduzione della forza lavoro e nel contempo l’aumento della platea dei pensionati. Il che significa, più uscite per l’Istituto ma meno entrate, una situazione che in futuro potrebbe mettere a rischio il pagamento delle pensioni.
E se a ciò si aggiunge che con il sistema contributivo le pensioni in futuro saranno sempre più basse, ne risulta che potrebbe esserci anche un aumento della spesa assistenziale in quanto sempre più pensionati ricorreranno ai sostegni statali in quanto altrimenti non riuscirebbero ad arrivare alla fine del mese.
Ecco perché il presidente dell’Inps - Pasquale Tridico - prendendo parte al primo confronto tra governo e sindacati in cui si è discusso della riforma delle pensioni ha richiesto prudenza alle parti: consentire oggi di andare in pensione prima potrebbe portare un domani a una nuova riforma in stile Fornero.
Qual è il problema delle pensioni?
Come noto la principale entrata dell’Inps è rappresentata dai versamenti di contributi da parte dei lavoratori, dipendenti o autonomi che siano. Risorse che servono per far fronte tanto alla spesa assistenziale - per la quale comunque confluiscono anche altre risorse stanziate dallo Stato - quanto a quella previdenziale, ossia il pagamento delle pensioni.
Ragion per cui è importante che il bilancio tra lavoratori e pensionati tenda sempre in favore dei primi, in modo che l’Istituto disponga di sufficienti entrate per poter far fronte a tutte le spese.
Il problema è che in futuro il numero di pensionati è destinato ad aumentare in quanto presto arriverà il momento di andare in pensione per i nati tra gli anni ‘60 e ‘70, periodo contrassegnato da un elevato tasso di natalità. Viceversa le difficoltà legate al mondo del lavoro rischiano di ridurre i lavoratori.
Una situazione di cui i primi effetti si notano già adesso: come rivelato dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, infatti, nel Mezzogiorno oggi ci sono più pensionati che lavoratori. Sono circa 1 milione in più, con numeri più alti in regioni come Campania, Calabria, Sicilia e Puglia.
E nel prossimo futuro sarà così su tutto il territorio nazionale: come rivelato da Tridico nel corso del primo incontro per discutere dell’addio alla riforma Fornero - che si è tenuto lo scorso 19 gennaio - infatti, nel 2029 il rapporto tra lavoratori e pensioni sarà dell’1,3 (mentre oggi è dell’1,4), per poi scendere progressivamente fino ad arrivare a 1 nel 2050. Allora ci sarà 1 lavoratore ogni pensionato, un rapporto che potrebbe mettere in serio rischio la stabilità dei conti pubblici.
Tuttavia, si tratta di una situazione che non si concretizzerà prima di 20 anni, ragion per cui non sembra essere priorità dei governi affrontarla prendendo decisioni che nel breve periodo potrebbero anche risultare impopolari ma che potrebbero salvaguardare il pagamento delle pensioni di domani.
Perché l’addio della legge Fornero oggi è rischioso
Chi guarda con attenzione al confronto sulla riforma delle pensioni spera che possano arrivare novità positive riguardo alla possibilità di superare quanto stabilito dalla riforma del 2011.
A tal proposito, l’obiettivo comune a governo e sindacati sembra essere quello di estendere a tutti la possibilità di accedere alla pensione anticipata con 41 anni di contributi, misura che nell’immediato avrebbe un costo compreso tra i 4 e i 5 miliardi di euro, per poi raggiungere un picco di 9 miliardi nei prossimi anni.
Una decisione che ovviamente farebbe aumentare il consenso nei confronti del governo ma che allo stesso tempo rischia di appesantire ulteriormente i conti pubblici. Conti che la Fornero, seppur tanto criticata, ha contribuito a salvaguardare in quanto negli ultimi 10 anni ha permesso di risparmiare 80 miliardi di euro. E - come tra l’altro conferma la Ragioneria di Stato - così com’è adesso la legge Fornero continuerà a produrre benefici sui conti pubblici anche nei prossimi anni, in quanto questa riforma equivale da sola a un terzo dei risparmi che verranno accumulati fino al 2060.
C’è il rischio di una nuova riforma in stile Fornero?
Il presidente dell’Inps non utilizza mezzi termini nello spiegare le previsioni per il futuro: se già oggi non verranno prese delle contromisure, c’è il rischio di arrivare a un giorno - non troppo lontano - in cui i conti pubblici non riusciranno a farsi carico della spesa previdenziale.
Ecco perché Tridico propone, ad esempio, d’introdurre un secondo pilastro pubblico, un fondo complementare interamente gestito dall’Inps che permetterà ai giovani lavoratori di assicurarsi una pensione.
Altre soluzioni al problema, come suggerite da Banca d’Italia, prevedono il potenziamento delle politiche mirate alla crescita demografica: d’altronde la tendenza è di fare sempre meno figli e ciò comporta un invecchiamento della popolazione e un conseguente aumento della spesa previdenziale. Nel frattempo, bisognerà cercare di ritardare - anziché anticipare - l’accesso alla pensione, perlomeno per quei lavoratori che svolgono lavori non particolarmente usuranti (come ad esempio attività impiegatizie o intellettuali). E ancora, suggerisce Banca d’Italia d’incrementare la partecipazione femminile nel mercato del lavoro e innalzare il livello d’istruzione della forza lavoro (ancora tra i più bassi d’Europa).
Insomma, c’è ancora spazio per invertire la rotta così da evitare che in futuro ci ritroveremo di nuovo come nel 2011, quando è stata necessaria una riforma “di lacrime e sangue” per consentire il pagamento delle pensioni, ma bisognerà avere coraggio e prendere decisioni coraggiose.
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