L’intelligenza artificiale può essere razzista e sessista, amplificando i pregiudizi umani. Ecco perché e quali sono le possibili soluzioni.
L’intelligenza artificiale (IA) è razzista. È questa l’accusa che va a scuotere una delle tecnologie emergenti più promettenti e affascinanti del nostro tempo, con il potenziale per trasformare radicalmente molte aree della nostra vita. Negli ultimi anni sono emersi sempre più casi in cui l’IA ha mostrato elementi di discriminazione razziale, suscitando preoccupazione e dibattiti su come questa tecnologia viene sviluppata e implementata.
L’IA, in quanto sistema di intelligenza simulata, è alimentata da dati raccolti da fonti esterne, come testi, immagini o registrazioni audio. Questi dati costituiscono il materiale di addestramento per l’IA, che impara a riconoscere modelli e fare previsioni in base alle informazioni fornite. Tuttavia, se i dati utilizzati per addestrare l’IA sono stati influenzati da pregiudizi, bias o discriminazioni razziali presenti nella società, è possibile che l’IA rifletta e perpetui tali pregiudizi nel suo funzionamento.
L’intelligenza artificiale è razzista
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